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«Non stai per morire»: recensione a "Subsidenza" di Letizia Polini

Immagine del redattore: Emanuele Andrea SpanoEmanuele Andrea Spano

Se esiste un termine per definire la sensazione che si prova davanti a Subsidenza di Letizia Polini, pubblicato da Puntoacapo nel 2024, è certo qualcosa di molto vicino allo straniamento, allo spaesamento. Uno straniamento che inizia fin dal titolo e che certo impone al lettore non solo di fare ricorso al proprio bagaglio di conoscenze, ma di andarsi a cercare il significato di quell’espressione tecnica che allude a un fenomeno fisico ben preciso. "Subsidenza", infatti, è certo sinonimo di uno scivolamento verso il basso, e perciò metaforicamente racconta uno sprofondare, un inabissarsi delle cose, però è anzitutto un processo che può essere misurato, analizzato, che possiede degli indici e dei parametri. Dico ciò perché la poetessa non si limita a fare proprio un termine, per quanto specifico e specialistico, per alludere a una condizione che nulla c’entra con la geologia o con la fisica, ma dilata il bacino lessicale che da quel termine deriva e a quel termine pertiene, raccontandoci un processo di cui risulta difficile, o impossibile, seguire lo svolgimento, immergendoci in una dinamica che pare seguire delle fasi precise, che coincidono con i titoli delle cinque sezioni che fanno seguito a una sorta di prologo, seppur non annunciato o definito. I titoli ancora una volta derivano da un linguaggio specialistico e talvolta posseggono pure delle didascalie a supporto, però lo straniamento si manifesta proprio nel cortocircuito, studiato e costruito, tra l’inquadramento apparente nelle fasi di un processo in itinere e l’impossibilità, dentro le singole poesie e i singoli versi, di trovare un movimento riconoscibile e talvolta anche un senso definito. 

Se il prologo, che prologo non è e appare tale solo nella mente del lettore che cerca di dare un nome e una funzione a ciò che anticipa la fase 0, contiene indicazioni di un qualche movimento tellurico, di uno squassamento reale o metaforico che porta a un crollo e a una flessione e ci mostra una qualche identificazione tra la realtà fisica e la sfera umana, tanto che quello scavo nella terra appare a tratti come uno scavo dentro le proprie viscere; nelle sezioni successive i piani sono mescolati, la lingua si frantuma e si sdoppia, come si sdoppiano i versi che paiono costruiti in parallelo, si intrufolano nel dettato elementi esterni, segni diacritici che rendono accidentato e tortuoso il percorso poetico. Le tracce umane allora si palesano come presenze (la bambina che si allena, lo sguardo che si spinge oltre il finestrino), o per frammenti (i denti, l’encefalo, la bocca, la schiena), in un procedimento che pare deragliare dall’antropomorfizzazione della realtà fisica delle prime poesie per giungere a una scomposizione dell’io che si ritrova annegato tra lacerti di cose, pezzi di materia, creature, esseri o coinvolto inconsapevolmente in processi che stanno sopra di lui e al di fuori di lui e che avvengono al di là della sua volontà. 

Letizia Polini, Alma Poesia, Copertina,

Gli elementi di una casa, di una qualche casa, la cui geografia distorta e dilatata si intuisce tra i versi, quella stessa casa che forse crollava nell’incipit della raccolta, si palesano di tanto in tanto e riappaiono svuotati della loro funzione, sconnessi da quel sistema a cui appartenevano, disuniti (le fughe delle piastrelle, ad esempio, che senza un pavimento, una struttura, dei passi che le accarezzino, restano tracce senza una logica) e i suoi resti paiono riemergere da sotto gli strati di una sedimentazione, divincolarsi dalle cascate di rocce che l’hanno sepolti.

Ecco, come si sarà intuito, lo straniamento è una cifra stilistica voluta e ricercata in questo libro che però, al di là dello spaesamento che suscita, non dà mai l’impressione di un disordine, semmai di un ordine segreto che il lettore, con i suoi mezzi, pare impossibilitato a rintracciare. 

Inutile dire che già di per sé la costruzione della poesia di Polini, capace di restituire attraverso un significante, continuamente sottoposto a stravolgimenti e compressioni, un significato complesso e di difficile decifrazione, trasmette al lettore il senso di una ricerca sull’io, sul mondo, sulla collocazione terremotata dell’io nel mondo e sulla fragilità di quello stesso io, eppure esiste uno spiraglio che in qualche modo la poetessa affida a quella “diagenesi” finale. Non è un caso che il titolo di quell’ultima sezione metta insieme “seppellimento” e “diagenesi”: se il seppellimento al netto di un lessico meramente geologico, allude comunque a un qualcosa di definitivo, la diagenesi ci parla di una trasformazione, di una mutazione ancora possibile. È possibile continuare a esserci, seppur come fossili che nel loro cristallizzarsi sanno mantenere intatta una loro identità, è possibile che qualcosa possa ancora mutare o noi, essere viventi, in quanto mortali siamo destinati a scomparire sotto terra e ad assistere inermi a qualcosa che ci accade intorno?



Codice azzurro


codice azzurro vuol dire che non stai per morire.

eppure quel giorno tutto il mondo le è finito nello stomaco.

tentavano di analizzarle il dolore bucando braccia e mani in quattro punti. tremavano le particelle.

anche il sangue indietreggiava in ogni vena – tubicini sottovuoto.

si dimenava – si sperdeva in danza. dileguata ogni volontà era nucleo originale. Finalmente mancava tutto tranne il corpo.

eppure tentava ancora la sparizione. -diventare feto -combaciare ginocchia e pancia -sovrapporre mani -abbracciare tibie -calare ogni palpebra possibile -disincagliare l’aria dalla gola.


Subsidenza


movimento di

cedimento del

fondo

abbassamento

per peso di

sedimenti accumulati


partecipare

a cicli di eventi materiali


sopraggiungere

in fondo


seppellimento di depositi

pressioni crescenti.


ciò che è sepolto profondamente subisce modificazioni più forti

ciò che è sepolto trasforma.


*


eppure un giorno tutto il mondo finisce nello stomaco.

loro analizzano il dolore bucando quattro punti.

tremano le particelle.

anche il sangue indietreggia.

si dimena poi si sperde. dileguata ogni volontà è nucleo originale.

codice azzurro vuol dire che non stai per morire.

finalmente manca tutto tranne il corpo.

disincaglia l’aria dalla gola

abbraccia tibie

sovrappone mani

combacia ginocchia e pancia

Letizia Polini, Alma Poesia

Letizia Polini (Fermo, 1988) vive a Bologna. Ha pubblicato Macula (Ensemble, 2022). Suoi testi sono presenti in riviste online e cartacee. Collabora come redattrice con la rivista Versodove. Ha partecipato alla rassegna poetica Dialoghi 2.0 a cura di Paesaggi di Poesia e TEN Teatro Bologna e a RicercaBo 2023. Vincitrice del premio Bologna in Lettere 2024 per le sezioni Poesia Singola e Raccolta Inedita con Subsidenza.


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