Nota di lettura a "Nel dopo" di Marco Corsi
- Sara Vergari

- 7 ott
- Tempo di lettura: 3 min
L’ultimo lavoro poetico di Marco Corsi, Nel dopo (Guanda 2025), si concentra su un tema che sempre più sta diventando cardine della nuova poesia, anche alla luce delle problematiche attuali che ci circondano: è la riflessione e il dialogo tra il tempo umano e quello non umano, tra la nostra specie e le altre, nell’ottica di una visione che si allontana dall’Io e allarga le prospettive. Viene da pensare a quanto ha fatto Anna Maria Ortese, che già aveva progettato nella sua scrittura uno spazio-mondo ben più grande dell’uomo. In Corsi il tempo tiene conto di un “passato primordiale”, delle ere geologiche fino ad un futuro che non ha qualcuno a guardarlo. In questo senso, il verso lungo che sceglie l’autore (insieme ad alcune prose) sembra simboleggiare questo abbracciare tutto il tempo e lo spazio senza i limiti dettati dalla condizione umana. Gli stessi riferimenti che fanno della poesia di Corsi un esempio di intertestualità, per come Kristeva la definiva (“un testo è un mosaico di citazioni”), spaziano dalla classicità agli inserti da altre lingue alla toponomastica, comprendendo una moltitudine di voci e interlocutori (da Anedda a Sereni). Il particolare insistere sulla dimensione scientifica e la componente naturale fa pensare ad un’altra voce in dialogo con Corsi, quella di Buffoni in Betelgeuse. Nel testo “L’acquazzone”, programmatico di questa raccolta, emerge quanto detto fin qui, e il Noi – la condizione umana - è messa in relazione a un Tutto che la fa apparire per ciò che davvero è, una piccola luce prima di scivolare via insieme all’acquazzone.

L’ACQUAZZONE
Penso a quando anche noi lasceremo questo mondo
insieme a quelli che sono già andati e che ci lasciano
di ora in ora dentro l’acquazzone —
e che ogni cosa lentamente scivolerà verso il suo principio
finché saremo un barlume di pensiero
spersi nel buio di erbe cattive:
quelle piante addossate le une alle altre
per arrivare prime alla luce. Allora penso
all’acquazzone che ci ha cancellati
e penso e ardo e spero che tutte le parti divise
galleggino di nuovo insieme — terre di nuovo emerse:
uno intero di tutti
e a tutti sempre manca qualcosa per essere interi.
E penso allora di scivolare anch’io con te dentro l’acquazzone
dove siamo cosa ancora più viva
insieme ai morti che ci hanno preceduto
e penso e spero che resteremo vivi nel mondo
dove siamo stati per poco quella luce d’oro
che arde e rischiara
quando cessa di battere con gioia
l’acquazzone.
NELLA GRANDE NOTTE
Dormono il ghiro e la ghiandaia, la vipera
la civetta e tutte le creature coperte
dalla notte. Le bocche socchiuse
pellicce muschio cenere e guerra.
Ascolta. Una fila di occhi ci guarda
dalle prode, una perturbazione di vetro scatta
sul tenero delle foglie
i piccoli rami
il tuo concetto di luce che genera vita.
Somigliano alla civetta, al ghiro, alla ghiandaia, alla volpe
queste parole sempre sulla porta di casa
accompagnate dai fulmini
dentro la caverna scura,
scongiurate dagli dèi. Somigliano
alla tua bocca di carne. E spesso non dormono.

Marco Corsi è nato in Toscana nel 1985 e vive a Milano dove lavora nell’editoria. Ha curato alcune rassegne e pubblicato diversi contributi dedicati alla poesia italiana contemporanea. Sue poesie sono apparse su importanti riviste e blog letterari. La sua prima silloge, Da un uomo a un altro uomo, nel 2015 è stata inclusa nel Dodicesimo quaderno italiano (Marcos y Marcos). Nel 2017 ha inaugurato la collana «Lyra giovani» di Interlinea con Pronomi personali; del 2022 è La materia dei giorni pubblicato da Manni Editori. Ha vinto diversi premi, tra cui il Premio Cetonaverde Poesia sezione giovani.




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