Nota di lettura a "A noi basti la gioia di cantare" di Massimiliano Bardotti
- Elena Verzì

- 26 lug
- Tempo di lettura: 5 min
«Chi canta l’antica propria canzone, non ha più misura.»
Massimiliano Bardotti con “A noi basti la gioia di cantare” (peQuod, 2025) ha confezionato una raccolta poetica che incarna l’umanità nell’eternità. I versi palesano la virtù di un dono non ripetibile e dal valore inestimabile, che bisogna coltivare durante il cammino della vita. Bardotti ha reso il suo canto fruibile in un’opera esclusiva, notevole, elegante e toccante. È la storia della vita che da singolo assolo diviene corale. Benché ciascuno viva esperienze diverse in tempi differenti e il proprio canto suoni tonalità personali, vi sono dei ritornelli comuni, che necessitano di essere intonati insieme.
“A noi basti la gioia di cantare” è una raccolta spirituale che, usando le parole di Guidalberto Bormolini nella prefazione, “riesce a veicolare alcune delle idee più rivoluzionarie per l’epoca in cui viviamo”. Dio, il mistero della vita e della morte, l’essere al servizio dell’umanità, questi i temi trattati in prosa e in versi.
Dodici le sezioni della raccolta, ciascuna introdotta da eserghi eterogenei che coinvolgono autori, cantautori e sacre scritture (da Turoldo ad Achmatova, da Battiato a Tagore); la scelta del numero dodici non è un caso se si pensa che nel cristianesimo rappresenta la totalità e la completezza umana (le tribù di Israele, gli apostoli).
«Non può morire chi non è mai nato. / E non può fiorire chi non viene sotterrato» perché solo il seme che muore porta frutto.
La voce che si eleva nel silenzio, nella preghiera, pieni di «quell’Amore che ci ha fatto vivi», che nasconde dolore, paura, tristezza, nel canto innalzato da Bardotti si fa speranza e gioia «malgrado tutto».
Daniele Mencarelli nella nota in chiusura all’opera asserisce che “Bardotti ci ricorda a quale trama celeste appartenga il nostro cuore, e lo fa con una lingua nitida come il sentimento che la pronuncia”.
Bardotti con la sua ultima raccolta è vincitore del Premio Montale Fuori di casa 2025, perché A noi basti la gioia di cantare è un inno immanente e trascendente, capace di creare, in questo momento storico oramai immerso in una crisi profonda, una connessione luminosa e forte come l’amore tra Dio e il nostro Io.

Vi auguro la gioia, quella di chi si abbandona al sonno
sapendo di aver fatto tutto il bene che in quel giorno
poteva fare. La gioia di chi vive e sa cantare. Malgrado
tutto.
*
Chiedo perdono, per ogni parola
pronunciata senza fede
per i pensieri, che non sanno fare luce
per le ferite inferte con la voce.
Perdono, chiedo, per la pace
che non ho saputo con amore costruire
per quei versi che ho scritto senza cura
per la speranza, che non so coltivare.
A tutti chiedo perdono
per non aver impedito al mio cuore
di provare rancore.
Perdono chiedo al mondo
per ogni volta che ho guardato
senza avere negli occhi la bellezza.
Chiedo perdono ai miei genitori
per chi potevo essere, e non sono stato.
E a te, misura d’anima,
se quello che ti ho dato è stato poco.
Perdono chiedo a Te, Amore Sacro
che tutto hai costruito con sapienza.
Perdono chiedo, Santa Accoglienza
perché la mia casa non è stata sempre aperta.
Sorelle, fratelli, perdonatemi
e aiutatemi ad amare chi è assente
nel segreto appello del mio cuore.
Vorrei che ogni mattina, svegliandoci, aprendo gli occhi, sentissimo il desiderio di dire grazie per quello che la giornata avrà da riservarci. Vorrei che questo fosse un desiderio ineludibile, feroce addirittura, impossibile da ignorare. Un desiderio tanto entusiasmante da impedire ogni altra azione. Vorrei che senza aver ringraziato ci fosse impossibile alzarci e iniziare la giornata. E poi vorrei che subito dopo aver ringraziato ci assalisse un tempo fermo e necessario, nel quale non può accadere nulla se non la nostra fissità. L’azzerarsi di ogni movimento, che non ha alcuna ambizione se non quella di raggiungere la perfezione dell’immobilità. Un tempo fermo, necessario. E mentre la gratitudine si espande in tutto il nostro corpo immobile, sentire il canto nascere. Un canto inequivocabile e antico, un canto che esiste da sempre ma che solo chi lo canta conosce. Un canto che per ogni creatura vivente è diverso, pur avendo la stessa origine nel tempo, ovvero fuori dal tempo, nell’eterno. Un canto che da sempre canta la lumaca e il gelsomino, un canto che ogni stella sa intonare. Un canto che incessantemente canta la pietra, che nel tempo si consuma ma continua a cantare ed è di quel canto che si consuma. Un canto che nessuno rivela, perché è segreto. Ognuno conosce il proprio e riconosce chi lo canta. Questo canto è il nostro vero nome, è chi da sempre siamo stati e saremo. Di ognuno è la vita. Ecco, vorrei che solo adesso potesse cominciare ogni giornata, adesso, che ognuno canta la sua canzone. Perché adesso, non può accaderti nulla di male. Ora, mentre canti, hai la stessa natura del fuoco e insieme dell’acqua. Ora sei la febbre, l’arsura e la pioggia che nutre e la linfa che cresce e riporta salute. Ora hai gli anni della prima cometa e conosci i ricordi della madre di ogni profeta. Ora sei l’ultima stella che incendierà il cielo, e sei stata la prima. Ora la terra muore fra le tue mani, ed hai appena tre anni. Chi canta l’antica propria canzone, non ha più misura.
Fammi tutto amore
non resti di me neanche una traccia,
solo amore e nulla più.
Fammi scomparire nell’amore
chi cerca me e non l’amore
che non mi trovi.
Che cadano i capelli, se non sono amore.
Si faccia cancro in me quel che amore non è.
Le mani non possano più toccare
gli occhi vedere
le ginocchia piegarsi
se non per amore.
Uccidimi, distruggi tutto,
non resti di me neanche l’idea,
non lasciare intatto un solo pensiero
che non sia amore.
Disfati di me,
mi sia amputato il braccio che non ama
versato il sangue che non pulsa d’amore.
E se non so fare amore dell’aria che respiro
allora lasciami affogare:
possa la mia morte essere tanto tremenda
da non dimenticare.

Massimiliano Bardotti (1976) è nato e vive a Castelfiorentino. Poeta, è presidente dell’associazione culturale Sguardo e Sogno, fondata da Paola Lucarini. Ha pubblicato: Il Dio che ho incontrato (Nerbini 2017), Diario segreto di un uomo qualunque, appunti spirituali (Tau 2019), La terra e la radice (Puntoacapo 2021), La disciplina della nebbia (peQuod, collana Portosepolto 2022) vincitore del Premio Camposampiero e finalista al Premio Poesia Onesta. A maggio 2024 esce Il privilegio dei vivi, conversazioni sulla morte e sul morire edito da Eretica: un libro-intervista curato dal regista e scrittore Adamo Antonacci. Affianca Luca Pizzolitto, che ne è fondatore, nella direzione della collana poetica Portosepolto. Nel 2017 a Castelfiorentino dà vita a “La poesia è di tutti”, percorso poetico e spirituale. Dal 2018 conduce “L’infinito, la poesia come sguardo: Ciclo di incontri con poeti contemporanei” al san Leonardo al Palco di Prato. Dal 2022 cura, insieme al poeta Valerio Grutt, la Scuola Annuale di Poesia (La parola, l’ispirazione, la voce) ideata da Valentina Lingria, presidente de La scuola di Editoria.




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