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  • Immagine del redattoreAlessandro Pertosa

«La spoglia fertilità»: recensione a «Liturgie di un Magnifico» di Edoardo Callegari

Liturgie di un Magnifico (Puntoacapo editrice, 2022) di Edoardo Callegari è un lavoro prezioso. Come tutti i libri colti, si presta a vari livelli di lettura. Uno più superficiale e un secondo più profondo.

Se proviamo a scavare fra le parole, nei versi, scorgiamo un mondo variegato e complesso. Ho scritto che si tratta di un lavoro prezioso, e il pregio, la ricchezza la si scorge già nel titolo.

Liturgie di un Magnifico. La parola liturgia va qui intesa nella sua accezione più profonda. Dal greco leitūrgía (a sua volta derivante da leitūrgós, composto di lḗiton – da cui laós «popolo» – che significa «luogo degli affari pubblici» e érgon che vuol dire «opera»), la parola liturgia, nella sua intenzione etimologica più profonda, sta a significare l’opera, l’azione che si svolge nel luogo degli affari pubblici.  Solo in un secondo momento, e specificamente nella traduzione della Bibbia dei Settanta, in cui laós è inteso come «popolo di Dio», l’azione agìta nel luogo degli affari pubblici diviene «servizio del tempio».

Ma non è certo in questo senso di servizio al tempio che la ritroviamo nel libro di Callegari. Qui liturgia delinea uno spazio più complesso, all’interno del quale la parola poetica fa i conti con una tradizione dichiaratamente spirituale.


Edoardo Callegari, Alma Poesia, Copertina

Questo fare i conti è un autentico corpo a corpo con la poesia mistica, la letteratura biblica, ascetica, salmistica. In apertura c’è persino un esplicito riferimento a san Colombano, e un continuo rapportarsi a concetti prettamente teologici: uno su tutti, la kenosis, «lo svuotamento». Lo svuotamento che consente il riempimento, perché il desiderio, il sogno, la parola possono entrare solo se non c’è un tutto pieno, solo se c’è il vuoto ad accoglierli, pronto per essere riempito.

La poesia di Edoardo Callegari è certamente una poesia spirituale, lo dicevo. Ma non perché parli di Dio, o del vuoto. È una poesia spirituale perché, mentre accade, mentre la si legge o la si ascolta, consente di sfondare l’immaginazione e il farsi delle parole oltre il luogo presente, permette un’esperienza spirituale.

Un esempio su tutti lo abbiamo con La spoglia fertilità. Testo esemplificativo a tal proposito, che già dal titolo spiazza. E spiazza perché uno la fertilità se la immagina ricca, abbondante, non spoglia. In questo gioco di contrasti, quasi ossimorici, Callegari sembra addirittura attingere alla coincidentia oppositorum di Niccolò Cusano, per il quale persino l’ignoranza può essere dotta.

Ma per tornare a Callegari, la fertilità è qui spoglia. La fertilità accade nel momento in cui uno si spoglia, si svuota, e spogliandosi, svuotandosi, compie se stesso. La poesia fa così:

 

La spoglia fertilità

di ciò che è giunto all’apice, rimesso

dal rigoglio, non ha fioriture

nuove da attendere ormai che quelle

della luce che riviene sull’origine

della stagione estiva

e posa come una seconda messe

la sua veglia più fertile.

 

La fertilità è qui un vuoto che rigoglia, che quindi ribolle. Non ha fioriture nuove da attendere, perché è giunto all’apice, sta quindi nell’assoluto, ab-solutus, nel tutto sciolto. E quando si sta nell’assoluto non c’è un oltre da aspettarsi. E quando questo ribollio, dovuto alla spoglia fertilità, sfiora il punto assoluto, Callegari ci dice che non ci si può attendere alcuna nuova fioritura se non la luce che riviene sull’origine. Proprio quell’origine da cui è partito l’apice della fioritura. Quindi quando noi viviamo, nel momento in cui tocchiamo l’apice della fioritura, torniamo all’origine della stagione estiva. La stagione del calore, della forza, della maturità. E siamo così calorosi e forti perché abbiamo rimesso l’origine della nostra nascita al centro della vita. Che è forse un po’ come dire, che si nasce vivendo.

Quindi la fertilità – stando a Callegari – si spoglia perché sta nascendo. Non siamo allora mortali ma nascenti. Se la morte è l’estremo limite dell’esistenza umana, in ogni momento che ci separa dalla morte noi nasciamo. Nasciamo al mistero che siamo. E noi siamo un mistero arcano. L’arcano, per l’appunto, è mystikos.

E allora, proprio in questo senso la poesia di Callegari è mistica. Non è mistica, lo ripeto, perché parla di Dio. Ma è mistica in quanto ci mostra il mistero che siamo e che ci abita nel cuore.



Edoardo Callegari, Alma Poesia

Edoardo Callegari nasce a Piacenza il 06 gennaio 1977. Ha conseguito la laurea in Economia Monetaria Internazionale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e ha seguito lezioni annuali della cattedra di “Letteratura dell’Europa Neolatina” tenuti presso il Collège de France nel periodo 2011-2020 da Carlo Ossola. Economista di scuola austriaca, si occupa del mercato e delle cause primarie – riconducibili alle leggi naturali di simmetria e autoaffinità - che lo regolano. Nel 2002 ha vinto – primo premio assoluto – il Premio Rotary della città di Piacenza. Nel 2016 è stato invitato dal Piccolo Museo della Poesia di Piacenza (unica realtà museale di poesia al Mondo) a partecipare alla “Piuma sul baratro”, una maratona di lettura poetica della durata di ventiquattro ore, svoltasi a Piacenza e che ha coinvolto i principali poeti della scena nazionale ed internazionale. Tale invito è stato rinnovato nel 2018 e nel 2019 a Milano. Nel 2019, sempre su invito del Piccolo Museo della Poesia di Piacenza di concerto con l’Opera Pia Alberoni, ha partecipato all’iniziativa “I Poeti e la Luna” in occasione dell’anniversario dello storico sbarco. Nel 2019, a seguito della sua partecipazione alla “Marcia silenziosa dei Poeti” a Firenze, ha letto sue opere presso il monumento di Dante in Santa Croce. È stato invitato a leggere proprie opere in occasione del Festival dell’Appennino, tenutosi negli anni 2017 e 2019.

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