top of page
Facebook Cover Photo.png
  • Immagine del redattoreEmanuele Andrea Spano

«Infuria il blu»: recensione a "Rarefazione" di Gisella Genna

Ci sono libri che si leggono sottovoce, come una preghiera, libri che esigono una lentezza, un rispetto per la parola e per i silenzi, per i versi e per la pagina bianca che si spalanca sotto. Certo questo secondo libro di Gisella Genna, Rarefazione, uscito per Pequod nel 2023, è uno di questi. Lo è, proprio perché l’incedere del verso della poetessa, un verso sottile e affusolato, e al tempo stesso limato fino a farsi tagliente, lo impone; lo è perché la parola, qui, conserva e custodisce il senso oscuro di una qualche rivelazione nella sua singolarità e al tempo stesso si slega e si mescola fino a costruire una partitura esatta in cui nessuna parola è fuori posto, in cui non ci sono sbavature o compiacimenti, in cui la scrittura scorre e scivola sulla pagina restituendoci intatto il senso dell’interiorità di chi scrive.


Rarefazione, Copertina, Alma Poesia

Se esiste un dolore dietro questa parola così esatta, se si avverte uno strappo, una ferita alle spalle della scrittura – e un “vulnus” esiste sempre prima del gesto stesso della parola – Genna ha compreso che non sta alla poesia cicatrizzare, quanto piuttosto sublimare, restituire attraverso un alfabeto di luce – e di luce in qualche maniera si parla in questo libro – quanto ci portiamo dentro, fare della poesia un ponte, una strada elevata che guardi verso un altrove senza smarrire il senso e l’odore di quella terra da cui si è originata. L’idea di un’elevazione, di un movimento ascendente, di una risalita lenta è implicita fin dal titolo: quella “rarefazione” ci fa pensare a qualcosa che si alleggerisce, a qualcosa, e qualcuno, che si stacca dalla terra fino a farsi una cosa sola con il cielo, con l’aria. «Dolce annientarsi / nella rarefazione / di là dallo sguardo terreno», scrive, pensando a quel mondo passato che ci abbandona, il padre, cui rivolge lo sguardo nelle prime battute di questo libro, ma anche alludendo a una dimensione altra, a un “annientamento” verso cui tendere, a una qualche liberazione («vivere in levare» scriverà altrove, guardando a un viale che pare sconfinare verso il nulla, dileguare nella luce “boreale”). D’altronde il titolo della prima sezione di questo libro, Dedalo, ci fa pensare tanto all’idea di qualcosa di intricato, di labirintico, com’è senz’altro la terra che abitiamo, quanto all’idea del “volo”, del gesto che ci innalza e in qualche modo ci salva, forse; così come l’ albedo, della sezione centrale che ci racconta della luce, di come si rifrange e si moltiplica davanti ai nostri occhi, ci conduce attraverso una ridda di colori, che spaziano dal “verdeblu” della sera – in quello stesso viale – fin dentro al bianco, in cui il colore sublima e si fa luce totale e totalizzante, fin dentro il «centro bianco dell’essere».

Ciò che rende tanto suggestiva la scrittura di questo libro è però la coincidenza esatta tra significato e significante e la disciplina con cui Genna adopera e addomestica la lingua: l’uso dei modi indefiniti che ci racconta il conflitto e il cortocircuito – anche questo scongiurato da una parola che arriva prima e disinnesca – tra tempi, della vita e del cuore, diversi, attraverso quei participi che ci dicono del passato e del presente, attraverso i gerundi che ci parlano di un movimento, di un trascorrere di tutte le cose, attraverso quegli infiniti che annullano il movimento stesso o lo spingono verso l’eternità, verso un’azione necessaria, verso un superamento. Così come la natura che perpetua il suo corso, il suo ciclo vitale che torna a rinnovarsi ogni primavera, incessantemente.

In questo libro la poetessa sradica ogni cosa che non è necessaria, ci risparmia l’occasione-spinta, il fatto, ci risparmia la confessione e l’elucubrazione, ci restituisce un’umanità fatta di presenze e di voci sottili che non ha necessità di manifestarsi, ma che ci scivola sulla pelle e ci sfiora come una brezza di vento alla sera. In fondo, ce lo dice in quella sezione conclusiva in cui la poesia si cristallizza e si fa quasi prosa lirica, siamo tutti, tragicamente, impermanenti, e non ci resta che restare seduti a guardare il fuoco, mentre fuori, fuori di noi, «infuria il blu».


Gisella Genna, Alma Poesia

Gisella Genna è nata nel 1973 a Milano, dove vive e lavora. Giornalista e docente, si occupa da sempre di moda. A marzo 2020 è uscita per Interno Poesia la sua prima raccolta in versi Quarta stella. Si sono occupati della sua poesia blog letterari e riviste cartacee e online tra cui La Lettura – Corriere della Sera, la Repubblica di Bari, Atelier, La dimora del tempo sospeso, Carteggi Letterari, Il Rifugio dell'Ircocervo, Rai Poesia, Inverso, e altri.

50 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page