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  • Immagine del redattoreValentina Demuro

"I Fumetti di Alma" (I Appuntamento)

Inauguriamo oggi il nuovo spazio di Alma Poesia "I Fumetti di Alma", dedicato alle interconnessioni tra poesia e fumetto attraverso approfondimenti teorici, interviste e creazioni di vignette ad hoc.

Da un'idea di Martina Toppi, il progetto è coordinato e seguito, oltre che dalla stessa Toppi, da Alessandra Corbetta e da Valentina Demuro, in collaborazione con Lo Spazio Bianco, che molto ringraziamo per la fiducia e la condivisione. A completare l'iniziativa, Roberta Pasculli, l'illustratrice che trasporrà in fumetto l'opera poetica di alcune autrici e autori contemporanei; questa prima stagione sarà dedicata alla poesia di Umberto Fiori.

Apriamo le danze con un articolo di Valentina Demuro che bene ci proietta dentro questo incontro artistico.



Fiocchi di neve, cieli bianchi, lo sguardo dei figli – tre esempi di poesia in fumetto


Che cosa sia poesia è sempre difficile da definire, forse impossibile. Gli stessi poeti ne hanno visioni diverse ma sono tutti più o meno concordi con i celeberrimi versi di Ungaretti che, attraverso un ossimoro geniale, spiega l’empasse dell’inspiegabile per tautologia: «di questa poesia / mi resta / quel nulla / di inesauribile segreto».

Per far emergere questo segreto abbiamo bisogno di strumenti, suoni, figure retoriche, di una ricerca precisa e accurata della parola. Tutto questo per poterci quantomeno avvicinare al messaggio che intendiamo veicolare. Un po’ in linea con Lacan, potremmo dire che si tratta di un gioco di parole -simbolo che permette la fruizione di un messaggio sotterraneo altrimenti inesprimibile. Bisogna infrangere gli schemi soliti, ribaltarli.

Se è vero che con le parole riusciamo così ad aprire una porta su un altro piano del significato, girare una chiave misteriosa e creare il piccolo shock comunicativo che ci metta in contatto con un diverso sentire, è possibile ritrovare lo stesso meccanismo poetico anche in un contesto artistico diverso. Ad esempio, nel fumetto.

A questo proposito, è bene sottolineare che non è sufficiente disegnare qualcosa di romantico per definirlo poetico o scegliere un colore delicato in linea con la propria sensibilità cromatica per creare una poesia per immagini. Questo è il motivo per cui persino un acquerello di Milo Manara può essere strepitosamente bello ma non propriamente poetico. Anche nel disegno è necessaria la presenza di un potere evocativo, la visione di altro. Per meglio spiegare questo concetto, ho scelto tre tavole che trovo particolarmente significative.


Mai innamorarsi di un fiocco di neve – Charles Schulz

Mai innamorarsi di un fiocco di neve – Charles Schulz

«Se poesia vuol dire capacità di portare tenerezza, pietà, cattiveria a momenti di estrema trasparenza, come se vi passasse attraverso una luce e non si sapesse più di che pasta siano fatte le cose, allora Schulz è un poeta» diceva Umberto Eco. È tipico di Schulz creare scenette che con il gioco del rovescio (bambini che parlano come adulti, accadimenti quotidiani che hanno il significato di grandi imprese) e senza dettagli ridondanti o artifici artistici riescano a esprimere autenticità e coinvolgimento. In questo caso, l’innamoramento apparentemente sciocchino di Woodstock ci fa sorridere con tenerezza, fino a quando non leggiamo le parole di Snoopy. «Mai innamorarsi di un fiocco di neve» non si riferisce soltanto alla delusione contingente dell’uccellino, ha un’eco più profonda: l’avverbio presuppone una esperienza pregressa legata alla sparizione dell’amore. Sarebbe stato forse più realistico raccontare di un abbandono in modo quasi narrativo, ma Schulz, attraverso l’essenzialità muta dei disegni, costruisce una metafora che, chiudendosi con una massima così folgorante, proietta il lettore nella dimensione del proprio vissuto e lascia che ognuno rifletta da sé e scelga su quale livello di significato rimanere, offrendo diverse possibilità (come quella della delicatezza o dell’ironia) per spiegare qualcosa di doloroso.


Quel cielo così bianco – Andrea Pazienza

Quel cielo così bianco – Andrea Pazienza

Pazienza ha una capacità evocativa enorme e indiscussa, come si vede in Pompeo, dove costruisce un vorticoso e inquietante flusso di coscienza tramite frammenti emozionali, sensoriali, narrativi, nel mezzo del confine labile tra visione intima e realtà. Sebbene in questo caso il contesto sia quello di un corposo fumetto, questa tavola si staglia nel caos narrativo come se qualcuno avesse premuto il tasto “PAUSA” all’improvviso. In tutto il libro, il personaggio di Pompeo si muove in due dimensioni: corre, guida, si infuria con la polizia, compie azioni fisiche che trasfigurano la sua fisionomia; oppure, si muove all’interno della sua mente tra sogno e allucinazioni. Ma c’è un momento in cui si ferma e guarda il cielo[1], quel cielo così bianco, dice. Però il cielo non è bianco davvero: come se fosse una propaggine del ramo dell’albero, una linea si allunga, si arriccia e disegna il volto di una donna. È Betta? È Marina? È un’allucinazione? È un pensiero? Come spesso capita nelle opere di Pazienza, il lettore di trova ad affrontare pagine vertiginose e complesse, senza avere a disposizione un manuale di istruzioni. Ma la poesia che qui traspare nitidamente aiuta a sentire ancor prima di comprendere e non possiamo non percepire il bisogno di quiete (qualsivoglia donna lo avesse incarnato, se di un volto reale si tratta, o allegoricamente) o il silenzio dei tratti essenziali in questa pagina bianca che, per contrasto, enfatizza il nero delle ombre con cui Pazienza disegna il proprio volto nelle sequenze successive, il turbinio dei movimenti, della disperazione, del multisensoriale acceso per gli effetti dell’eroina. Lo sguardo in alto, lontano dalla realtà terrificante, è o slancio verso una salvezza impossibile che rende ancora più straziante la condizione di Pompeo - Andrea vincolato su questa terra, dove i personaggi sono tutti troppo fragili, troppo violenti, antagonisti o amici che condividono drammaticamente il suo stesso destino.


Le mamme, i figli – Mario Natangelo

Le mamme, i figli – Mario Natangelo

Natangelo è un vignettista satirico e sa benissimo che cosa significhi traslare su un altro piano i significati e far entrare i lettori in un’altra realtà. È ciò che realizza con queste tre scene, in cui si potrebbe anche riassumere la sua cifra stilistica: un mix di ironia (quel ridere che sempre salva, anche nel buio, anche nella tragedia, perché ci ricorda che siamo vivi[2]) e di delicata, sincera dolcezza. L’autenticità del contenuto poetico è un requisito essenziale perché la poesia non sia mero esercizio retorico. La vita deve attraversare la poesia. Il rischio del raccontare di sé, però, è quello di far esitare la poesia in un diario; ma qui il problema non si pone, perché il segno artistico riesce a mantenere la sincerità del sentimento personale toccando un tema generale. Non sappiamo nulla dei due personaggi[3], cosa sia successo prima e a che cosa stiano andando incontro, ma lo stesso viene raccontata una storia minima e potentissima. Rivelando la poesia dello sguardo-bambino con cui il figlio guarda (e ha sempre guardato) la madre, veniamo trafitti con la tenerezza, di colpo anche noi ci sentiamo figli, provando forte vicinanza emotiva per l’autore e, al contempo, recuperando il nostro personale vissuto. Con la velocità di un lampo si innesca un dialogo endogeno che è proprio della magia poetica, fatto di significati e sentimenti che nascono nel particolare e arrivano a toccare l’universale.

In questo momento storico si procede drammaticamente verso l’esaltazione dell’eidolon, simulacro senza contenuto immediatamente fruibile ed esente dalla sua funzione socio - comunicativa, rischiando di perdere l’attenzione verso l’altro e la capacità critica del sé. Come dimostrano questi esempi, la ricerca della poesia è un atto urgente, proprio perché sa farsi ponte tra le persone e strumento di scandaglio interiore, ricordando che cosa significhi fare arte per davvero e quale sia il suo valore preziosissimo e umano.

[1] Due in verità, ma è questo il momento che ritengo indicativo in tal senso; Cfr Andrea Pazienza, Gli ultimi giorni di Pompeo, Coconino Press-Fandango Libri, 2020 [2] Si veda il reportage di Natangelo su Charlie Hebdo pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 12 marzo 2023 [3] La tavola è stata inclusa in Cenere, pubblicata sul blog dell’autore

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