"I Fumetti di Alma" (VI Appuntamento)
Con Cenere – appunti da un lutto, edito da Rizzoli con prefazione di Erri De Luca, torniamo a parlare di Mario Natangelo che dà alle stampe un libro intimo, toccante, veramente poetico. Inizialmente pubblicate sul blog dell’autore, le tavole di Cenere - qui raccolte e arricchite - parlano della morte di una madre, dello strazio di chi resta, di come l’amore riesca a custodisce la propria voce, trovando nuovi modi di esistere e parlare oltre il tempo. Queste piccole storie, muovendosi con delicatezza tra l’ironia e la tenerezza (caratteristiche precipue dei lavori di Natangelo, come già detto nel primo articolo[1]), compongono un cammino narrativo che procede per flashback, anticipazioni e discese nella personale e atemporale dimensione interiore. Ma stanno anche in piedi da sole, per così dire, in quanto si apprezzano pienamente anche lette singolarmente.
Chi legge poesia chiede di essere sorpreso dalle immagini, abbagliato dal verso, di toccare un altrove semantico, di non rimanere sulla superficie. Con le parole di Ugo Pratt: «Dietro alla poesia si nasconde una profondità che riesco a percepire immediatamente e, come nella poesia, il fumetto è un mondo d’immagini, si è obbligati a coniugare due codici e, conseguentemente, due mondi. Un universo immediato attraverso l’immagine e un mondo mediato attraverso la parola». Natangelo fa proprio questo, crea spesso una sospensione narrativa, l’improvvisa apertura di una porta che ci fa entrare di colpo in un’altra stanza: così ci emozioniamo, ridiamo, piangiamo. I disegni sono sia ricordo, sia proiezione emotiva, come ci rivelano spesso anche i colori, quando sfumano dal realismo all’evocazione sentimentale.
Il salto improvviso da un piano ironico a un piano elegiaco (e viceversa) è il trabocchetto che riesce benissimo all’autore che ci spezza il cuore e ce lo ricompone di continuo. Noi sentiamo un nuovo battito cardiaco accompagnarci dalla prima all’ultima pagina, siamo completamente dentro una storia in cui amiamo e ci addoloriamo.
Ma l’elemento più importante è la sincerità. Del resto, chi si occupa di satira compie esattamente un lavoro poetico, andando a pungere nel vivo. Qui ci sono metafore, doppi divelli di lettura, parallelismi (come il rogo metaforico dell’autore), rovesci semantici e giochi di simboli, ma si tratta di una complessa semplicità. Non ci sono circumnavigazioni di significati, né edulcorazioni. L’autore è onesto prima di tutto con se stesso e poi con i lettori che si trovano davanti le verità, il senso nudo di ogni cosa. Il disegno è lo strumento per farla emergere e veicolarla senza alcuna opera di nascondimento. La morte non viene mai esorcizzata.
«È difficile fare le cose difficili» diceva Gianni Rodari in Lettera ai bambini, una poesia che mi piace sempre citare perché ci ricorda il compito a cui siamo chiamati come essere umani. Natangelo fa una cosa estremamente difficile: entra disarmato nel proprio dolore e proprio da questo dolore tremendo, dalla cenere, fa nascere e fiorire qualcosa di dolcissimo. E riesce a farci ridere persino della morte. Ma non solo: come tutte le opere d’arte, questo libro parte da una storia privata e tocca tutti, universalmente. Cenere crea empatia, ci avvicina. Chi ci è passato, nella propria solitudine di figlio, chi ha paura, perché sa che prima o poi la morte di una persona cara semplicemente accadrà, trova in questo libro conforto e umanità. Ci scopriamo meno soli nella notte più buia.
È difficile fare
le cose difficili:
parlare al sordo
mostrare la rosa al cieco.
Bambini, imparate
a fare le cose difficili:
dare la mano al cieco,
cantare per il sordo,
liberare gli schiavi
che si credono liberi.
Gianni Rodari
[1] Per chi avesse piacere di recuperare il primo articolo: https://www.almapoesia.it/post/i-fumetti-di-alma-i-appuntamento
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