«Un purtroppo pensiero mio»: recensione a "Poesie per giovani adulti" di Michele Zaffarano
Il fascino di questo ultimo libro di Michele Zaffarano Poesie per giovani adulti. Quarantuno tentativi di esaurimento di un concetto affatto contemporaneo di lirica disposti nell’ordine dell’alfabeto, uscito per Scalpendi Editore nel 2022, risiede anzitutto nella sua incollocabilità, nell’impossibilità di catalogare la sua scrittura in un qualunque genere, linea, tendenza e ancor prima nella sua “scivolosità”, nell’equivoco costante che spinge il lettore a domandarsi, pagina dopo pagina, che cosa sia quello strano oggetto che si trova davanti, dove voglia andare – il poeta e il libro stesso – a quale riflessione voglia spingerci, che cosa voglia dirci in fondo, nella sostanza, abituato com’è – il lettore – al fatto che tutto, a partire dalla poesia, debba avere un fine ultimo, un qualche significato.
Ecco, il libro di Zaffarano scompagina ogni certezza, a partire da quel titolo che sembra rubato a un manuale per aspiranti scrittori in erba o per lettori alle prima armi, e da quel sottotitolo ingombrante che pare offrire al lettore una prima possibile soluzione. Si tratta di una scrittura “semiseria”, ironica, di un gioco combinatorio, come tanti in tante salse se ne sono visti, di un divertissment ? Probabilmente tutte queste cose e tanto altro, tutto e il contrario di tutto in un libro in cui il confine tra il reale, l’immaginario, il possibile è così labile, in cui si sovrappone costantemente la dimensione un po’ allucinatoria del sogno – cui pare alludere il battito degli occhi che si aprono di tanto in tanto quasi a cadenzare il ritmo della parola – e quella del mondo vero che in qualche modo prende forma e consistenza. La fidanzata, a cui il poeta si rivolge ossessivamente, all’apparenza non è reale, non è ancora una “fidanzata”, ma una “prossima futura” fidanzata, che solo a tratti, e forse solo nella testa di chi scrive, diventa “reale”, con lei e accanto a lei il poeta si trova in una miriade di luoghi diversi che si aprono in successione per poi richiudersi pochi versi dopo: su un’isola esotica a sorseggiare cocktail, in un albergo con la vista sulle alpi, su un autobus, lungo le vie del centro a fare shopping, in un gioco di presenza e assenza, che, a tratti e solo per suggestione, ricorda il Palazzo di Atlante ariostesco.
Ma anche qui si potrebbe cadere in errore, pensando che questo libro sia in fondo un libro sull’amore e che il tema, che il concetto evocato fin da principio, sia proprio quello, che sia in fondo un canzoniere contemporaneo, ripensato secondo canoni nuovi e diversi, mescolando la sperimentazione – per quanto parca e vigilata – agli elementi classici della tensione amorosa: il desiderio, la ricerca dell’altro e la sua aleatorietà, l’impossibilità di avere l’oggetto del proprio sentimento, in una chiave ancora una volta un po’ ariostesca, seppur raccontata con dei toni a tratti volutamente un po’ infantili e fatui, come suggerisce l’indicazione “per giovani adulti” del titolo.
Certo di amore si parla, ma non necessariamente dell’amore per quella donna un po’ evanescente, per quella figura liquida che esiste solo in quanto oggetto del pensiero del poeta, ma di amore in senso assoluto, di amore come di un fluido che riempie gli interstizi vuoti, di un amore che si fa elemento propulsore in questo libro e quasi costruisce un mondo lungo le cui strade si muove in maniera febbrile la poesia di Zaffarano.
Se si vorrà trovare un percorso dentro questa raccolta, fermo restando quanto detto da principio che la poesia non deve necessariamente avere “una” strada e una destinazione sola, occorrerà guardare con più insistenza non al pieno, o a quella illusione di pienezza che spesso ci troviamo davanti agli occhi, ma ai vuoti, alle lettere mancanti dell’alfabeto da cui il poeta sceglie di non muovere, e ancora non alla luce e all’aria di quei paesaggi e di quei luoghi che l’amore, o il desiderio dell’amore, inondano e rendono brillanti, ma ai luoghi chiusi, alla stanza claustrofobica in cui alla fine prendono vita i pensieri del poeta, ammorbata dal Covid e riempita delle note suadenti della chitarra, o ancora al corridoio buio appena rischiarato dalla luce che filtra dalle tapparelle. Quel corridoio, nella sua parziale cecità, nella sua claustrofobia, è forse la vera metafora dell’esistenza umana, quel corridoio gremito di gente che «non si capisce poi tanto / che cos’è che vi stanno lì / appresso nel loro fare / e qual è la loro storia / la loro vicissitudine / la loro imbricazione chiara / con il mondo che vi è / di fuori a quelle tapparelle».
Michele Zaffarano è nato nel 1970. Traduttore dal francese, libraio, ha pubblicato: Bianca come neve (La Camera Verde 2009), Wunderkammer (in Prosa in prosa, Le Lettere 2009), Cinque testi tra cui gli alberi (più uno) (Benway Series 2013), Paragrafi sull’armonia (ikonaLíber 2014), Todestrieb (Arcipelago 2015), La vita, la teoria e le buche (Oèdipus 2015), Power Pose (il verri 2017), Somamrio dei luoghi comuni (Nino Aragno, 2019). È fondatore e direttore della collana ChapBooks (Tic Edizioni), fondatore del sito gammm.org., redattore della rivista Nioques.
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