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«Saremo solo cenere senza redenzione». Recensione a "Disadorna" di Rossella Renzi

Immagine del redattore: Alessandro PertosaAlessandro Pertosa

C’è della buona poesia filosofica nell’ultima raccolta di Rossella Renzi, Disadorna (Pequod 2022). Poesia autentica che nasce da una domanda, o per essere più precisi da una radicale richiesta di senso. Il senso del destino, dello stare al mondo, il senso del divenire, di esistere come un qualcuno che passa, tremante e fragile, spazzato dal vento delle parole, ed è allo stesso tempo immerso in una realtà che si fatica a inquadrare. Una realtà che sembra talvolta scivolare nella voragine del sogno; l’immagine appare, ma è forse altro: «La casa che vedi all’orizzonte / è solo un bagliore nella neve».

In Disadorna la voce dell’autrice rappresenta il punto di caduta di due principi filosofici. Il primo è ex nihilo nihil fit. Dal nulla non viene nulla. E qui Renzi sembra inserirsi nel solco letterario tracciato da Lucrezio nel De rerum natura: «Principium cuius hinc nobis exordia sumet, / nullam rem e nihilo gigni divinitus umquam» (Il suo fondamento prenderà per noi l’inizio da questo, / nulla mai si genera dal nulla per volere divino). In Disadorna ciò che accade viene da qualcosa di remoto ma concreto, e segna l’esistenza in modo irrimediabile, lasciandoci balbettanti e tremuli dianzi al mistero della vita: «Tu che lo sai» sussurra Renzi, «dimmi cos’è / essere luce in questo lamento / che arriva da lontano».

Dimmi cos’è questa voce, questo strazio che sento, si chiede l’autrice, senza tuttavia ricevere risposta, perché qui non c’è un Dio che salva, non c’è un principio a cui tornare, un’apocatastasi da sperare. Qui si re-esiste, slabbrati e sanguinanti, senza alcuna possibilità di accedere a qualsivoglia paradiso. E in questo senso, allora, il primo principio, ex nihilo nihil fit, trova il suo compimento nel secondo pilastro che sorregge la raccolta. È l’idea che l’esistenza attuale – nella forma concreta che ci rappresenta e nella quale ci riconosciamo – sia solo una delle infinite possibilità del nostro stare al mondo: «Io lo so che andarsene / è solo un cambiare forma» e che in fondo «saremo solo cenere / senza redenzione».

Questi versi così netti e disperati sorprendono il lettore, perché nonostante non anelino Dio, incarnano comunque il senso profondo della preghiera. Preghiera come domanda lanciata all’assoluto, che dalla sua estrema lontananza, sciolto da ogni legame col mondo, non risponde, ma ciononostante il poeta non può esimersi dal gridargli comunque la sua necessità di sapere, la sua caustica sete di conoscenza.

In questi versi sferzanti e luminosi, Rossella Renzi si mette a nudo. È lei la falena disadorna capace di creare un ponte fra la morte e la vita. Un ponte significante. Un ponte che doni la parola e consoli la frattura inconsolabile della morte. Che spieghi ciò che non può essere spiegato. Che cucia la ferita non rimarginabile.

Dinanzi allo strazio della realtà, il grido si fa vento e scuote le parole. Le scuote dalle fondamenta. Dalle radici della voce. E quelle parole appese a un filo sottile cadono sotto le scosse dei lampi e delle visioni spezzate. Cadono e ci lasciano spogli, disadorni. Perché solo ciò che è spoglio può essere addobbato. E anche se le forme che assumeremo non ci rappresenteranno appieno, anche se non saremo noi, con la nostra coscienza e consapevolezza, in qualche modo esisteremo comunque: magari in un filo d’erba o nel canto disperato di un uccello preso al laccio. Esisteremo nelle infinite forme che la natura assume ogni giorno.

Questa laica fiducia nel continuo divenire della vita salva Disadorna dal rischio nichilista. Dopo la vita, sembra dirci Rossella Renzi, c’è ancora vita. Perché se nulla viene dal nulla, è anche vero che nulla finirà mai nel nulla.


Rossella Renzi vive in provincia di Ravenna, insegna materie letterarie negli Istituti superiori. In poesia ha pubblicato: I giorni dell’acqua (L’arcolaio 2009), Il seme del giorno (L’arcolaio 2015), Dare il nome alle cose (Minerva 2018); il saggio in E Book Dire fare sbocciare. Laboratori di poesia a scuola (Pordenonelegge 2018). È redattrice di «Argo» e di «Poesia del nostro tempo». Per la casa editrice Argolibri dirige la collana «Territori» per cui ha curato il volume Argo 2020 L'Europa dei poeti. Con altri autori ha curato L'Italia a pezzi. Antologia dei poeti italiani in dialetto e in altre lingue minoritarie e numerosi Annuari di poesia. Lavora per approfondire il dialogo tra la poesia e le diverse forme artistiche. Collabora con l’Associazione Independent Poetry attiva nell’organizzazione di eventi sul territorio romagnolo. Si è laureata nel 2003 all’Alma Mater di Bologna col Professore Alberto Bertoni, scrivendo la tesi Eugenio Montale e la poesia del secondo Novecento.

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