Nota di lettura ad "Almadìra" di Massimiliano Mandorlo
- Elena Verzì
- 13 minuti fa
- Tempo di lettura: 3 min
«C’è una crepa, una frattura nelle cose e c’è un momento esatto per entrare in quel punto incandescente con lo sguardo incendiato degli umili e dei santi.»
Pubblicata nella collana Portosepolto per peQuod nel settembre 2025, Almadìra, è il titolo dell’ultima opera di Massimiliano Mandorlo. In questi versi l’autore mostra con chiarezza il fulcro centrale della sua opera: la capacità di penetrare interamente fino al centro del mondo attraversando tutti e quattro gli elementi, per uscirne in una esplosione di luce, trasformati, trasfigurati nella fiamma della pace e per la pace, cominciando da esperienze umane fino ad arrivare a visioni divine.
Almadìra è un termine dialettale in particolare di Rimini, usato per definire i cumuli di legno e detriti portati dal mare «nel lungo inverno che si prepara a rinascere» e che si depositano sulla battigia.
Nella nota iniziale all’opera curata da Mons. Franco Buzzi si scrive: “prendo coscienza di me e del tutto, mentre evado dal cerchio chiuso e soffocante dell’immanenza”.
Eppure è proprio dalla realtà abitata dall’uomo che inizia il viaggio verso la trascendenza, non a caso le città citate nell’opera sono portuali (Genova, Taranto, Livorno, Napoli) a significare partenze con carichi emotivi, esperienziali, e conseguentemente interscambi.
Luoghi come Singapore, Atene e Gerusalemme diventano simboli di ricerca interiore; le città bruciate dalla guerra con riferimenti al Donbass in Ucraina e ai conflitti Balcani, sembrano voler rappresentare, oltre ad eventi storici come riflesso della contemporaneità folle, una metafora esistenziale del sacrificio:
«Ucraina 2022. Morire per un’idea? Pochi sarebbero capaci nella nostra Europa intorpidita e borghese. Morire nella carne, per uomini in carne e ossa? Follia e scandalo della croce».
In Almadìra emerge il tema della libertà con figure storiche e letterarie (Varujan, Šalamov, Mandel’štam, Brodskij), che si oppongono al potere e alla dittatura: «sono queste luci fioche, questi uomini dimenticati al buio, sottoterra, in trincee e scantinati [..] a sostenere tutto il peso del mondo».
Ed ecco il ruolo del poeta e della parola, nell’opera vengono citati poeti (Luzi, Ungaretti etc) e opere d'arte, letteratura e cinema che esplorano temi di luce, oscurità, resurrezione e bellezza.
Dice Mandorlo: «La poesia è un viaggio incendiato verso la trasparenza.»

Almadìra
Almadìra: halimos, dendron, magia sonora del nome che per fantastiche etimologie s’accende di qualcosa di arabo e orientale. Sono i poveri resti che il mare trasporta a riva dopo la burrasca: alghe, canne, conchiglie, legname. Almadìra come la forza dell’acqua e il vento della memoria, almadìra come il respiro di ciò che è stato.
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Città notturne
Viaggio in tram (19) con G.P. Abitare la luce esplosa delle città notturne, il fuoco segreto di queste colonne, di queste pietre. Viaggiare sulla linea scintillante dei binari o sotto una pioggia torrenziale senza nessun dovere, così portati, presi dal ritmo incendiato di questa musica.
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La voce barcollante e la tromba di Chet Baker come un pianto trattenuto a lungo, alto, tra le luci dei palazzi e gli alberi così fermi nell’aria, così immensi in questa veglia fedele di novembre.
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Subacquea FS. La Centrale come Balena sventrata, corpo immenso e smisurato. Miriadi di treni le sfrecciano nel buio, tra il bianco delle ossa e il bianco delle costole. Balena FS nella notte scintillante, bianco, disintegrato animale.
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Genova
Fascino e decadenza delle città portuali. C’è un’aria di abbandono e rovina intorno ai grandi porti, di costante entropia. Napoli, la nera Taranto con i suoi traffici notturni, Livorno, Genova. C’è qualcosa di verticale, di aspro e roccioso in questa città di porti e crêuze. Qualcosa di molto lontano dal salmastro adriatico che ti investe in certi giorni di burrasca. Come se nel mare precipitasse l’odore inerte e affilato delle montagne, la durezza della pietra.
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Il percorso che conduce alla Lanterna oltrepassa i piloni di cemento di un viadotto, corre tra gabbie di ferro e cavi, stive disintegrate di vecchi edifici. La notte scende con un vento d’acciaio come la fame, s’incunea tra le salite e i vicoli di Prè, spalanca i cancelli nel buio.
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Yerushalayima
Guardi la sfera arancione scomparire oltre la linea delle nuvole e i grattacieli di Tel Aviv chiamarti dal cielo bianco come una promessa. Eccola comparire dentro al buio dell’abitacolo: santa è la città, bianca è la città che ti rapisce nel suo fuoco, ogni sua pietra è una visione.
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C’è un buco, un’apertura scavata nella roccia e questo è il luogo dove tutto è iniziato, tocca la pietra della tua morte, della tua nascita, l’inizio della tua risurrezione.

Massimiliano Mandorlo (1983), laureato in lettere moderne, si è occupato soprattutto di Luzi e Zanzotto. Ha tradotto alcuni poeti australiani per «Poesia» e «Nuovi argomenti». Ha pubblicato le raccolte di poesie Mareoltre (Alla chiara fonte, 2009), Luce evento (Raffaelli editore, 2012) e Nella pietra (Moretti & Vitali, 2017).
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