Gli inediti di Rudy Toffanetti
- Alessandra Corbetta
- 4 giorni fa
- Tempo di lettura: 3 min
La poesia, come ogni arte, è in grado di tenere insieme la narrazione del macro e quella del micro, alle volte contrapponendole, altre intrecciandole insieme, altre ancora ponendole in un controcanto dove entrambe sono essenziali. Questa terza via è quella che, con efficacia, pone in essere Rudy Toffanetti in questi suoi inediti, nei quali la grande storia e gli eventi della quotidianità si mescolano pur restando perfettamente distinguibili, proprio come accade nella vita vera, quella a cui Toffanetti riesce a dare voce precisa e decisa.
In un tono formalmente discorsivo e compiutamente musicale e con un lessico mutuato dal colloquiale, Toffanetti è in grado di costruire un senso collettivo di nostalgia, che non discende da un'idealizzazione del passato, bensì da un affetto lucido e consapevole di ciò che è stato; lì, dove tutto sembrerebbe finito e perduto, viene invece posta la linea di partenza per un processo di ricostruzione - storica, morale e linguistica - difficile quanto auspicabile, intriso di perdita ma anche di fiducia.
Riportami alle sere che cenavamo in due,
e fuori c’era freddo e Genova impazziva
di lupi e di gramigna, e c’erano i cinghiali
in cerca di rifiuti, e noi ci restavamo
chiusi su quel letto ma fuori c’era tutto:
bombardieri in volo, gli strilli dei satelliti,
il router che pescava allarmi di dolore.
Era accaduto il mondo, ma non lo sapevamo.
Tua sorella, marconista, ti appuntava sulla schiena
segni per la fuga: tempo dei narcotici,
dei mutui al rialzo, delle flebo palliative ai genitori —
noi cenavamo nel tinello, io mi entusiasmavo,
svenivamo sfatti nel lenzuolo, gridavamo,
era rabbia era amore, sapendo a malapena
tutto è occidente tutto muore.
*
Avremmo fatto bene a non chiamarla
pace ma vittoria, a non dire ‘fu la gioia
e la cocaina’, ma le portaerei e i sommergibili
che flottano gli oceani, e il commercio,
la conurbazione e il colonialismo, ereditato
assieme agli orologi da taschino. Piccola provincia,
con le angurie a mollo e le peroni,
notti magiche, Alex Britti, ‘hai mai rischiato tutto?’
due fisso a Inter-Cagliari e stare
tutto l’anno in costume. Chiedimi
se sono felice, se ho vent’anni e “Spara, amore”,
se sono appena nato e il mondo
è una sfera incendiaria — verranno dopo i profughi,
verranno un’altra volta gli esiliati dell’altrove:
nell’inconscio nel rimosso nella pace,
sciamano i batteri degli uomini.
*
Per un senso del male troppo grande
ci custodimmo, e spingemmo i morti
oltre il muro, facendo dei tumori dei ricordi
l’adunanza delle fiamme opache:
li chiamammo corpi santi, perché folle fu la carne
che gli vedemmo addosso, per un lembo
di fosfano e di metano e un brodolìo di vento.
Che paura ipotizzare nei vascelli delle bare
i dispersi che ci strinsero: non ho mani addosso,
non ho braccia, non ho occhi, e qui non c’è
nessuno, solo melanomi e asfissie,
tutta questa vita che mi gemma
come muffa — tutta perdita e fiducia.

Rudy Toffanetti è nato nel 1994 a Milano. Insegna letteratura e storia al liceo e collabora alla Casa della poesia di Milano. Nel 2016 pubblica le sillogi di poesie Sul confine e nel 2020 La luce della luna, entrambi presso Nino Aragno Editore. Nel 2020 per FVE pubblica Franco Loi. L’erede del sole, un saggio narrativo sul suo maestro Franco Loi.
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