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  • Immagine del redattoreAlessandra Corbetta

Nota di lettura a "Uno strappo Bianco" di Roberto Lamantea

Ci sono libri che colpiscono al primo verso e in cui capita di riconoscere uno sguardo profondamente impastato al reale. È il caso di Roberto Lamantea e della sua raccolta, Uno strappo bianco, che ha il dono dello squarcio, dell’illuminare punti, nel giocare con linguaggio fino a renderlo impasto, appunto «Le liane dell’alba/ hanno le ginocchia nude/ le foglie di nerospino/ il sangue bambino»

È un canto consapevole, come scrive nella prefazione Giovanni Fierro, «di chi sa che la poesia vive di fiducia nella parola e di intensità di vivere»; «Poeta lontano da ogni moda contemporanea», scrive, infatti, nella nota finale Umberto Piersanti. Una poesia che affonda nella visione lucidamente straniata dal presente, di cosa sia diventato il paesaggio prima conosciuto e oggi affranto, duro («è senza germogli / e vive/ l’aria è pietra»), dove il linguaggio risponde con un’estrema perspicacia zanzottiana, babelando un canto commosso di fronte, e soprattutto, alla violenza che pervade il reale. Infatti, un altro elemento del libro è la storia, dove è la violenza che sembra il tessuto stesso dell’essere umano, dove il sentimento di pace è «volato dove / non c'è più / neanche il più».


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cosa del paesaggio è rima

snervato sghiandato in lumen oculi

di luce in luce sfinito

e dove gèmma la luce

dove disegni natura il tuo lume

di collina in collina


e schiude all’angelo il gheriglio

del nido

fino al grido


Zakhor


hai di legno le mani

le pietre disegnano

il tuo corpo


eri vivo e di vita vivevi

nient’altro che luce

scolpivi nell’aria


hai di legno le mani

è di ferro l’aria e di gesso

il canto


di ferro e terra il grido

il nido


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è estate

ma è inverno in me

ed è di brina

il sentiero che incrina

i rametti secchi e neri


sono più veri

dei riflessi di luce

di foglie ferite


è il tempo arreso

nel bosco si culla

una morta betulla

senza più peso



Roberto Lamantea è nato a Padova nel 1955. Padre pugliese, madre friulana con radici in Austria, ha trascorso infanzia e adolescenza tra Gorizia, Udine, Imperia e il Lago Maggiore. Vive a Mirano (Venezia). Collaboratore della rubrica “Libri” del quotidiano Il Gazzettino dal 1973 al 1980, dal 1988 al 2020 è stato redattore del quotidiano “la Nuova di Venezia e Mestre”. Ha pubblicato Eucaliptus (Rebellato 1975), Ibis azzurro (fuori commercio 1979), Xilofonie (fuori commercio 1994), Nel vetro del cielo (Amos 2006), Verde notte (Amos 2009), Delle vocali l’azzurrità (Manni 2013), il racconto in prosa lirica Il bambino di seta (Amos 2020), oltre a saggi, poesie e racconti su riviste web e in diverse antologie.

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