Nota di lettura a "Testamento" di Sergio Carlacchiani
Aggiornamento: 12 apr 2023
Il verso è voce, sonorità, è suono che riecheggia e si espande in Testamento (RP Libri 2022) di Sergio Carlacchiani, artista poliedrico e complesso, capace di muoversi tra le onde della poesia, della pittura e del teatro con una leggerezza e una gravità che si intrecciano, trama e ordito, a dare corpo e colore allo sforzo dell’anima. Sforzo inteso come conatus, come spinta a scovare, fra le maglie profonde della realtà, il senso della vita. E Carlacchiani, questo senso, lo rintraccia attraverso parole graffianti, sogni, visioni che rivelano la sua inquietudine interiore.
La sua poesia tende a tradurre l’indicibile, a nominare l’invisibile in uno sforzo continuo, mai risolto, forse impossibile, ma che l’autore compie disperatamente: quasi a voler nominare la vita a partire dal suo segreto più profondo. Quella di Carlacchiani è una poesia che – lo nota giustamente anche Nicola Bultrini nella prefazione – «ha urgenza di manifestarsi, per raccontare, cantare la vita nel suo frammentario accadere, nello scapigliato silenzio, resistendo all’inverno che incalza, morde le caviglie, accerchia l’anima».
L’orizzonte linguistico di questa raccolta è affascinante. I «grattacieli di parole» fanno pensare alla torre di Babele, a una lingua che indica, ammicca, ma che esiste al contempo nella sua radicale impossibilità di significare davvero. E per quanto tenti di nominare la realtà, la parola rischia l’annegamento, esiste ansiosa e squadernata in una sorta di «lingua sorgente smisurata originata da un coro interiore».
A rimarcare questo squadernamento, Carlacchiani rinuncia a un certo punto anche alla punteggiatura. I versi si distendono, si allungano, quasi fossero di materiale malleabile, e il ritmo si fa suono, composizione musicale che dà voce a qualcosa che si avvicina all’endecasillabo, in una sorta di sperimentazione che – a detta dello stesso poeta – non ammette reti di salvataggio.
A mio padre
Prima o poi dalla vita bisogna partire sai
il fiume della morte mi hai detto rivendica
e trascina persino le lacrime che ci spettano
queste forse le ultime parole prima di svanire
e andare in quel giardino dove dici di star bene
ma ti perseguita una pena come un rimorso
ti sogno passeggi inquieto con le ali nei piedi
in quel viale di platani monumentali spettri infiniti
che non riescono a consolare l’esalato respiro
oh Gino padre mio lo sappiamo sei stato un uomo
non perfetto e allora? Perché hai voluto erigere
questo silenzio che inchiostra di tristezza il giorno?
Mi hai esiliato da te sbattuto al confine d’ogni sapere
ma ora da una scala di tenebra risali m’appari com’eri
quale prodigio è questo mi ferisce stringerti la mano
scivoli via acqua cristallina inondando il cielo dolce
spasimo velo di malinconia padre mio ti manco?
Tornerai lo so silentemente come fitto dolore quando
scoprirò di averti nel cuore e insussistente di fianco.
Grattacieli di parole e resti di versi
Lontani sono i monti dal caos primordiale
la luce del mattino li avvicina all’anima
sento il loro fiatare è qualcosa di sacro
che ribacio senza inganno eternamente
un segno di resurrezione in mille confini
abbracciare la terra vorrei l’arte i pensieri
tutti gli amabili e sgradevoli loro destini
voce che lenisci farò quel che è da farsi?
Me ne andrò come al solito con la necessità
di stare solo e sentire il bisogno di conoscermi
tra la natura che non ricorderò ma ascolterò
non avendo niente da fare che domandare
un dialogo certo senza presunzione chiederò
se le piccole cose saranno in futuro le giuste
per castigare e salvare un mondo sballato
fingendomi sciamanico mi trascinerò fuori
prima del tramonto verso una terra lontana
un tempo di decadente splendore spunterà
sarà irraggiungibile per certi versi la poesia
l’unico cibo da stivare per altre invisibili mete
mia la colpa se non saprò seguirla obbedendo
l’anima e il cuore macigni avrò gonfi di lacrime.
A Gabriele Galloni
Oggi amico mio ci siamo cercati
e ritrovati subito è bastato per me
fissare un alto volo trafitto di luce
e pensare a quella croce ieri notte
sopra le pagine dettate che riscrivi
vivrai poeta amico mio per sempre
declamo le tue perle come un rosario
tracciano i giorni dei tanti che ti amano
troppo presto sei volato quanto manchi
sei il sorriso di un silenzio spaventevole
oggi chiuditi dentro di me angelo azzurro
ti leggerò ancora quel che tanto ti piaceva
che generosamente anche tu hai donato
ti piacerà come al tempo che lo stanco cuore
non più ramingo per qualche istante in pace
volava nel paradiso di quei versi ascoltandomi.
il tuo Clamorosissimo
Direttore artistico di varie rassegne teatrali, si è occupato di poesia lineare, visiva, concreta, sonora e di mail art. Si è formato come attore presso la scuola del Minimo Teatro di Macerata.
Ha conseguito a Roma il diploma d’impostazione e uso della voce e tecnica del doppiaggio cinematografico, sotto la guida del maestro Renato Cortesi. Da molti anni si occupa di porgere la poesia in maniera multimediale e spettacolare. Ha declamato tra gli altri: Leopardi, Petrarca, Merini, Montale, Carducci, Pascoli, D’Annunzio, Pasolini, Garcia Lorca, Pessoa, Neruda. Ha conosciuto e collaborato con importanti personaggi della cultura e dello spettacolo, tra i quali: Alda Merini[1], Margherita Hack[2], Joyce Lussu, Sergio Rubini[3], Cesare Bocci[4], Eugenio Finardi, Fausto Cigliano, Fabrizio Bosso, Lorenzo Di Bella. Fine dicitore, è presente su YouTube[5] con una Antologia di Letture a Voce Alta che vanta già più di 13000 sue interpretazioni, tra l'altro, delle più importanti poesie di tutti i tempi, italiane ed estere. Il canale, al quale si sono iscritti quasi 3000 appassionati di letteratura e di lettura interpretativa, conta, ad oggi circa 1.800.000 visualizzazioni. Nel luglio del 2005 Carlacchiani ha subito un grave incidente stradale a seguito del quale ha avuto prognosi riservata da trauma commotivo, breve coma, perdita della memoria (breve e lunga) e prosopagnosia. Questi ultimi due postumi gravi che hanno condizionato e condizioneranno la sua attività artistica futura, si sono infatti risolti, parzialmente, soltanto dopo circa sei mesi dall’incidente. Per ben due volte, nel 2010 e nel 2014, è stato chiamato dal Presidente del Centro Nazionale di Studi Leopardiani[6] e dall’Amministrazione Comunale di Recanati, nel Giardino del Colle dell’Infinito, a tenere il recital conclusivo delle Celebrazioni Leopardiane nel genetliaco del poeta. Nel 2011 a seguito del successo avuto, Casa Leopardi tramite Giacomo & Giacomo srl, ha editato il cd “O graziosa luna, io mi rammento...”[7], contenente una selezione di Canti leopardiani interpretati dall’attore marchigiano e presentati ufficialmente nel 2012[8] al Centro Studi dal Presidente del Comitato Scientifico del CNSL, Professor Lucio Felici, davanti a illustri ospiti, tra cui Jonathan Galassi, poeta e presidente della Farrar, Straus and Giroux, una tra le più importanti case editrici degli Stati Uniti, che ha voluto editare le sue traduzioni in inglese dei Canti di Giacomo Leopardi.
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