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  • Immagine del redattoreMario Saccomanno

Nota di lettura a "Termini per una resa" di Massimo Del Prete

Nella silloge Termini per una resa (Nino Aragno Editore, 2022) di Massimo Del Prete il lettore si trova dinanzi a vari componimenti che prendono corpo a partire dal bisogno impellente di soffermarsi su possibilità concrete. Per questo motivo, l’alfabeto poetico diventa un mezzo attraverso cui dare riscontro dei caratteri esperienziali che dimorano anche e soprattutto nei tratti dell’inconoscibile, in quella sfera che si vela all’imminente riscontro fenomenico.

Nel mostrare come il possibile sia un elemento indispensabile di tutta la realtà, Del Prete si guarda bene dal compiere voli pindarici. Infatti, la sua attività poetica appare scandita sempre da una mentalità pratica e attivista. Si tratta di un costante tentativo di vivificare tutte le impressioni date dall’osservazione degli scorci sbiaditi dell’esistenza. Così, le poesie esaminano a più riprese quelle ombre terrene multiformi e irregolari che necessitano di uno sguardo cosciente per essere decifrate nel migliore dei modi possibili. Del resto, afferma proprio Del Prete, il laccio capace di unire «è tutto nei contorni / complicati delle ombre».

Un’azione siffatta, che necessita di una salda interdipendenza tra gesti e azioni, non manca di gettare luce anche su quei dati istantanei, i quali si nutrono di percezioni e offrono comunque sempre nuova linfa all’immaginazione, tutt’altro che una fonte illusoria di conoscenza.

Da quanto detto, si può affermare che nelle tre sezioni in cui è divisa la raccolta (Altre vigilie, Termini per una resa e Lasciando l’avamposto) è messo ben in evidenza come le condizioni più disparate abbiano pur sempre l’occasione di tradursi in atto. Infatti, nella lettura dei componimenti, si nota con semplicità il tentativo di costruirsi nell’ambito conoscitivo un metodo che gradualmente possa portare a raccogliere quelle certezze sperate. Questo sforzo di operare rettamente ha bisogno di un continuo riscontro. Così, sin dalle prime composizioni, si rinviene la necessità ben marcata di immergersi negli umori che segnano il quotidiano.

Dunque, l’agire che connatura Termini per una resa si tinge di una costante e scrupolosa osservazione e di un’autoanalisi che a tratti diventa cocente. Il tutto a favore della possibilità di cogliere, per dirla sempre con le parole dell’autore, «un’irrealtà tangibile / a cui prestare fede».

Questa interdipendenza di pensieri e azioni, come sottolinea Gabriel Del Sarto nella Prefazione al testo, mira a creare un sottile spazio d’equilibrio in cui ricamare una via d’uscita. Senza alcun dubbio, la strada ricercata chiede sempre vicinanza ai lettori. Così, appare evidente come l’io poetico possa definirsi compiutamente soltanto nel momento in cui diventa un noi. Infatti, così facendo risulta possibile concretizzare quelle eventualità che, altrimenti, osservando lo stato presente delle cose – che spesso appare intriso di difficoltà sia individuali, sia sociali – si mostrerebbero come utopie irrealizzabili. Il fine di questo processo non è affatto trovare la strada salvifica. Il risultato della creazione di quel noi richiesto e necessario proprio per concretare la procedura poetica di Del Pietro è un tentativo di costruire una realtà più compiuta, su cui comunque poter nuovamente costruire.

A conclusione, risulta proficuo rilevare come Termini per una resa sia una raccolta che gravita attorno anche al tema della responsabilità. Infatti, Del Prete evidenzia con forza come rispondere dei propri atti significhi aiutare a colmare quel disagio interiore dato dai caratteri assunti dalla società contemporanea. Così, calpestare un sottile sentire in cui riuscire a ricamare i paradossi e le disillusioni del presente, così come chiarito da Alessandra Corbetta nella Postfazione alla raccolta, significa percorrere concretamente la sfera della possibilità. La tensione verso ciò che è progressivamente maturato, carica anche di molteplici latenze dialettiche, viene presentata nelle sue multiformi sfaccettature a favore di un tentativo che sottende il forte bisogno di agire.



Cantando un dolceacqua il sommelier intonava ‘complesso in sottrazione’. La metafora vinicola parlava dell’esatta inclinazione delle cose: così le labbra prima che sappiano del bacio o i tuoi vent’anni che ancora hanno il potere di scegliere per te qualunque sogno. Ci circonda un mondo sordo, indifferente alla tua voce che vorrebbe dire tutto: allora tu rinuncia al pantano dei discorsi all’istinto di arrivare sempre a un punto sottrai alle tue parole qualche sillaba. Ascolta quanti mondi nel silenzio.


*


In questa terra che è quasi la mia in questo vento di spuma e di sale per poco, sai, pensavo di riperderti. Ma l’inverno, l’inverno indietreggiava sulla sabbi polverosa di aprila e forse similmente anche una vita braccata da sogni spietati, fatta sacra alla paura, al suono che fanno le più vecchie parole che non dici che fa il futuro quando non lo nomini. Ma l’inverno, l’inverno indietreggiava se eri proprio tu ad andargli incontro se erano i tuoi passi e le tue mani a fare breccia in questo mondo d’ori e fango in cui la pace è l’alleanza finalmente nostra il ritmo breve una costanza di cose non sapute ma intuite per lenta consuetudine di giorni se dopo questi venticinque anni il vento sulla terra ha la tua voce.


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Rasségnati – ci sono luoghi dell’universo che non potrai vedere mai, che la fisica ci ha già precluso di esplorare. Ma rasségnati anche a tutte le città che invece puoi raggiungere sicuro che niente vada perso nel tragitto che la rete sia davvero il tuo iperspazio. Siamo tutti sistemi isolati, definiti in un raggio di pochi chilometri: la connessione è solo una lusinga alla tua voglia di esserci dovunque e pienamente – forse sarà vero un giorno: ma oggi noi siamo alberi ancora e non vento cerchiamo una terra estrema, chi amiamo vorremmo farsi bosco intorno a noi così conchiuderci stritolarci le radici.


Massimo Del Prete (Taranto, 1993) è laureato in Ingegneria Chimica e in Storia della Lingua Italiana. Soglie (Giuliano Ladolfi 2018) è la sua raccolta poetica d’esordio: estratti e recensioni compaiono su vari lit-blog come Poetarum Silva, Margutte, LaRecherche, Poesia Ultracontemporanea, Carteggi Letterari. È incluso nell’antologia Abitare la parola. Poeti nati negli anni Novanta (Giuliano Ladolfi 2019), a cura di Eleonora Rimolo e Giovanni Ibello. Alcuni inediti sono comparsi su MediumPoesia e sulla Bottega di Poesia de La Repubblica. Per il blog MentiSommerse cura la rubrica di approfondimento poetico Camera Oscura. Abita a Milano.

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