"Le Rubriche di Alma": Alma & Frabotta (I Appuntamento)
- Sara Vergari

- 3 giorni fa
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Biancamaria Frabotta scrittrice del dissenso
Biancamaria Frabotta nasce a Roma l’11 giugno 1946. Si laurea in Lettere Moderne alla Sapienza di Roma, Università presso cui presto inizierà a insegnare e che costituirà per Frabotta uno dei principali centri di ricerca e attività sia in senso letterario che sociale. Fin dal 1969 affianca l’attività universitaria a quella militante nel movimento femminista, come testimoniano Femminismo e lotta di classe in Italia (Savelli 1975) e La politica del femminismo (Savelli 1978). Si tratta di due testi da cui emerge l’interesse e lo studio del problema dell’emancipazione femminile da un punto di vista umano, sociale e politico, e questo ci interessa nella misura in cui conferma come per Frabotta la scrittura e il tema del femminismo in poesia non possano essere scissi dalla realtà del tempo. L’anno cruciale in tal senso è certamente il 1976, in cui accade la pubblicazione di Donne in poesia sul fronte critico e l’esordio poetico con Affeminata. Questi due testi aiutano a rendere immediatamente visibile ciò che Frabotta continuerà ad essere per tutto il corso della sua vita: una scrittrice del dissenso. Nel 1979 partecipa al Festival di Castelporziano che, come sappiamo, è uno degli eventi che hanno segnato il passaggio dalla poesia del Novecento a quella dei giorni nostri, ma che ha anche un valore politico e militante per il suo spirito woodstockiano e per la grande partecipazione popolare. A seguito di ciò esce una riflessione sulla critica letteraria femminista, Letteratura al femminile. Questa breve panoramica bio-bibbliografica dell’autrice serve da preludio a una riflessione più ampia sul lavoro critico e letterario compiuto da Frabotta, certamente tra i più incisivi del periodo a cavallo trai due secoli e che più hanno contribuito alla ridefinizione della donna in quanto donna e scrittrice.
Donne in poesia
Frabotta è l’ideatrice e curatrice dell’antologia Donne in poesia (Savelli, 1976), testo spartiacque e decisivo per l’affermazione del movimento di poesia femminista, ma che soprattutto compie un gesto rivoluzionario nella demistificazione di secoli di stereotipi sulla scrittura femminile e sul suo ruolo di intellettuale. Nell’introduzione a Donne in poesia scrive:
«In generale la presenza delle donne nelle antologie di poesia italiana del dopoguerra è tradizionalmente quasi inesistente. Basterà qualche esempio: nessuna poetessa nella prima edizione Lirica del Novecento curata da L. Anceschi e S. Antonielli (Firenze, Vallecchi, 1953); una sola poetessa nella prima edizione della Poesia italiana contemporanea curata da G. Spagnoletti (Parma, Guanda, 1959); tredici poetesse nell’ampissima raccolta di E. Falqui La giovane poesia (Roma, Colombo, 1956) che nella seconda edizione conta ben 140 poeti».
In Donne in poesia, che esce con una nota critica di Dacia Maraini, sono presenti nomi già noti come Antonia Pozzi o Amelia Rosselli, ma si antologizza anche per la prima volta esordi recenti quali Patrizia Cavalli e Vivian Lamarque. Di fatto il testo, rispondendo a Il pubblico della poesia a cura di Berardinelli e Cordelli uscito l’anno prima, testimonia la presenza di autrici altrettanto valide in questo nuovo e variegato panorama poetico che fiorisce dagli anni ’70.
Affeminata
Lo stesso esordio poetico di Frabotta, Affeminata, è un testo femminista, nel senso che si pone l’esatto scopo di ridefinire i rapporti tra corpo femminile e società, tra donna e Storia. Piccola raccolta per quantità e incisiva per intensità, irrompe con un’incalzante vis polemica e provocatoria nel suo volersi affrancare dal segno maschile e nel suo mostrarsi disinibita sotto il segno di Diotima (che nel Simposio di Platone appare come figura sapienziale maestra dell’Eros). A livello lessicale abbondano i riferimenti alla sfera semantica della battaglia, dove chi si espone ha le fattezze di un corpo che grida donna non più per la sua femminilità o per le sue forme biologiche, ma per il suo fare e dire in modo libero. Il corpo della donna non è connotato insomma per le sue parti anatomiche. Qui questo è da intendersi in senso metaforico come nuovo Corpo che entra nella Storia e in senso metapoetico come nuovo Corpo della scrittura e della lingua. Sia l’uso di quest’ultimo come strumento di indagine e ridefinizione, sia quello della battaglia sono due dei principali topoi che ritornano nella scrittura degli anni ’ 70 di altre scrittrici, da Cavalli a Valduga a Alba de Cespedes.
Sui balconi costruiscono le barricate.
I cieli ne sono divisi, urtati, i ciechi
vanno tastando con il bastone. Mi siedo
a riposare su questo bidone vecchio.
Di giorno ho copiato elenchi e tavole sinottiche.
Ho ubbidito per paura alle leve di cristallo.
Ma con la notte un’altra e orribile paura
vincerà la mia fedeltà. Non tenermi. Lasciami
correre a nascondermi tra le macerie
per paura e vergogna delle sorelle che
ci rapano la testa come a donne di partigiano
incinte di seme tedesco.
Per questo, sciocchino, e non perché
ti tradisco con l’amico vado in giro
con gli occhi segnati di blu e
la matita dietro l’orecchio
(da Affeminata)





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