top of page
Facebook Cover Photo.png
  • Immagine del redattoreGiuseppe Cavaleri

"Le Contaminazioni di Alma": poesia, fiaba e mito

Maghe, bambine e animali: Fiaba e Mito nelle raccolte di Corbetta, Giovagnoli e Simonelli


«Carattere, non dico della poesia, ma della fiaba mitica è la consacrazione dei luoghi unici, legati a un fatto a una gesta a un evento. A un luogo, tra tutti, si dà un significato assoluto, isolandolo nel mondo»

Con queste parole tratte da Feria d’agosto Pavese sanciva un legame forte tra poesia e fiaba, tra poesia e mito. Delle riflessioni pavesiane sul mito le tre raccolte che si propongo in questo excursus sul fiabesco sembrano sicuramente nutrirsi. Dalla bambina del bosco sempreverde di Corbetta[1], alla maga abbandonata di Giovagnoli[2], fino agli schizzi animali di Simonelli[3], questi testi portano la parola poetica in mondi altri, instaurando ponti con quella che invece è la contemporaneità, il presente. Ricollegandosi a simboli, immagini, varianti ormai sfuggite al dominio dell’autorialità, traspongono in maniera rinnovata stilemi e topoi, dando anzi agli stessi nuova linfa e vigore.


Come suggerisce Umberto Fiori nella prefazione, il poemetto di Corbetta ha il sapore della favola sapienziale e allegorica. All’interno delle quartine che scorrono sobrie, senza sobbalzi, si dipana in maniera quasi misterica la bildung di alcune bambine, la bambina C. tra tutte (o forse l’unica?), che abitano in un bosco segreto, non rintracciabile sulle mappe e dove i personaggi che via via appaiono sono richiamati con il maiuscolo a sottolineare il loro carattere di concetto, piuttosto che di reale personaggio.

Tra le tante figure e simboli che popolano il testo di Corbetta, due in particolare “abitano” il corpo della protagonista di questo breve poemetto: l’Ombra e la Bestia.  La prima, per sua definizione, non può che essere la più sfuggente. Arrivando nel sogno, «incide una fessura nera nel sonno», consegnando «buio e nulla», ma aprendo anche tramite il silenzio le porte al canto. Dall’incontro che la bambina instaura con questo oscurità, vengono fuori in opposizione le parole, l’alfabeto richiamato nella sua nuda fisicità di suono riprodotto tra i denti ancora prima che di significato.  La seconda invece compare a metà del testo «tra le costole della bambina» presentandosi come «superba e spaventosa». Alla fine del testo la vediamo invece “addomesticata” trasformarsi in destriero che guida la protagonista al di fuori del bosco.

Tra i temi che il curatore dei Quaderni Franco Buffoni richiama come chiave interpretativa dei vari testi dell’antologia, uno su tutti è quello del disincanto, inteso come introiettamento e superamento di istanze antropocentriche, storiche e letterarie. La silloge dell’autrice aderisce a un certa esigenza di rottura, proponendoci un’idea di femminilità. A un Maestro che «dice di conoscere la verità», la bambina riserba dapprima diffidenza e non esita poi a colpirlo a morte «danzando tutta la notte intorno al corpo». Affamata di una certa disillusione di fronte a schemi interpretativi del mondo rigidi e verità fissate, la bambina sembrerebbe intendere la crescita non come fuga dal buio, dalle macchie, dalle oscurità che ci abitano, quanto come accettazione e convivenza della loro presenza, opponendo a qualsiasi immaginario idilliaco di equilibrio e lieto fine, una prospettiva dinamica e cangiante, ma libera e indipendente.


Il testo di Giovagnoli si nutre invece di scricchiolii, di porte sbattute dal vento e di umido. Di umori di letti, tavoli e cassetti che fanno eco al volere della Baba. Nella maggior parte delle storie che riguardano la Babajaga, una delle creature più radicate e diffuse della mitologia slava, gli oggetti della casa della maga rispondono alla sua volontà perché di lei sono partecipe estensione. Nella variante che l’autrice invece esplora, gli oggetti le si ribellano, testimoniando uno scollamento interiore, una frattura nei sentimenti della maga non ancora sanata. Una casa, infatti, che «sa di squarci» dove «si sente un niente / che graffia le cosce» perché «il dentro della strega / è uguale a ciò che la circonda».

Il tema che percorre la raccolta non è tanto quello della scomparsa, della rottura traumatica di un legame, quanto quello della conseguenza di questa rottura: la fatica nell’elaborazione di una perdita. La Baba, infatti, cerca un uomo che le sfugge, qualcuno che aveva abitato lei e la sua casa dalle zampe di gallina e adesso se n’è andato, ritornando, così pare alla Baba, sotto forma di spettro.

Trovandosi a non controllare i propri sentimenti, i versi si muovono così spezzati, pieni di cesure e tagli, ricordando una litania o una filastrocca incantata. Una morte che non riesce a trasformarsi in lutto, ma s’impiglia matericamente nel mondo circostante, svuotandone il senso e la possibilità di ritrovarlo.  Così troviamo pali della luce che diventano betulle, oggetti con gli «occhi pesanti e un respiro», una strega mangiabambini che si trova dolorosamente a perderne uno.

L’intera raccolta nella sua scansione fortemente narrativa si configura quindi come un generoso atto d’empatia, un incantesimo, una pozione che vuole sanare, aiutare a far digerire una realtà sfuggita di mano e improvvisamente diventata oscura.


Da due testi che fanno perno sull’elemento narrativo, alla raccolta di Marco Simonelli, Bestiario (Industria&Letteratura, 2023), che già dal titolo chiarisce la sua natura di compendio figurativo.

All’interno di uno schema metrico ben delineato, due quartine di endecasillabi a rima alternata, l’autore, tramite la varietà di esiti stilistici che si possono raggiungere con un’impalcatura così rigida, mette in versi uno sguardo sul proprio mondo quotidiano e interiore, trasfigurandolo sotto forma animale.

Così nell’ “arca creativa” di Simonelli sale un campionario ricco di animali terrestri, volanti, vertebrati e invertebrati. Da quelli più lontani dalle nostre città, come il cammello che procede austero «laddove il caldo insiste e ti percuote» o lo squalo con «la pinna aguzza e dura», fino alle formiche che diventano «un plotone di vedove invadenti» o il cane inquadrato nella sua proverbiale fedeltà in «un affetto che non sa darsi pace». Il tutto sempre con un’allusione mordace, mai esplicita a corrispettivi comportamenti umani.

Nell’introduzione all’antologia delle fiabe italiane curata per Einaudi, Calvino scriveva che carattere specifico della fiaba è «l’infinita possibilità di metamorfosi di ciò che esiste».  Le tre raccolte qui proposte sembrano anche in questo caso aderire a questo spirito. L’idea che il nostro mondo, soprattutto quando si fa oscuro e complicato, possa trasformarsi in altro per essere, forse illusoriamente, meglio compreso, o almeno per qualche istante afferrato.




 

da Sempreverede, Corbetta, Marcos y Marcos, 2023

 

Nel bosco sempreverde nascono le bambine,

ripetono il giro da tempo immemorabile.

Tra gli alberi conservano i fermagli di ogni vita

ma sanno che presto saranno cianfrusaglie.

 

Dove sia il bosco sempreverde le bambine

non possono dirlo, né indicarlo sulla mappa.

Nessuna gelosia o avarizia, ma solo

un trucco per custodirne il segreto.

 

Così sulla strada lasciano un’assenza

o un vuoto più chiaro

perché nessuno possa trovarle.

Ma non credere che smettano d’aspettare…

 

*

 

da Babajaga, Giovagnoli, Industria & Letteraratura, 2023

 

Un anno si è rotto

un palo della luce

ed è mancata la corrente

nelle case

 

[…]

 

Quell’anno ci fu buio

undici giorni:

la notte coi telefoni e le torce

le ginocchia sbattute

il cibo cotto poco

ogni spigolo più sporto

ogni mobile più grosso

 

Undici giorni a controllare

che qualcuno risolvesse

la faccenda di quel palo

e il buio attorno

Oggi va lei sola:

riconosce dalla strada

il palo mozzo

a testa arresa

 

Ogni spigolo più sporto

ogni mobile più grosso

nel nero di quell’anno

ogni urlo

era uno strappo

 

Ora lei gli si accosta;

lo striscia con il dito

fa forza con l’unghia;

stacca dal legno

una lisca di crosta

 

Poi fissa;

lo tocca;

ricontrolla stravolta:

dal graffio che ha fatto sul palo

esce una goccia

 

*

da Bestiario, Simonelli, Industria & Letteratura, 2023

 

Corvo

 

Da una tenebra vigile e sottile

con messaggi di cupo dispiacere.

Con ferma grazia. Lucido. Con stile.

Oltre i monti, colline e valli intere.

Oltre ciò che tu reputi possibile.

Oltre il concetto stesso di paura.

Laddove si raggruma l’indicibile.

Laddove il nero luccicando dura.

 

 

Alessandra Corbetta (Erba, 1988) è dottore di ricerca in Sociologia della Comunicazione e dei Media e lavora come Adjunct Professor e Teaching Assistant presso l’università LIUC-Carlo Cattaneo. Ha conseguito un master in Digital Communication e uno in Storytelling. Ha fondato e dirige il blog Alma Poesia (www.almapoesia.it), con il quale ha anche curato la pubblicazione del volume Distanze obliterate. Generazioni di poesie sulla Rete (puntoacapo Editrice 2021). Collabora con il blog spagnolo di letteratura e poesia Vuela Palabra, scrive per il giornale online Gli Stati Generali e per UniversoPoesia – StrisciaRossa; per Rete55 conduce la rubrica “Poetando sul sofà”, dedicata a grandi autori della poesia italiana. Sue poesie sono presenti in diverse antologie e tradotte anche su riviste straniere. La sua ultima pubblicazione in versi è Estate Corsara (puntoacapo Editrice 2022), preceduta da Corpo della gioventù (puntoacapo Editrice 2019), mentre l’ultima produzione saggistica è Corpi in rete. Rappresentazioni del sé tra visualità e racconto (Libreria Universitaria 2021). Tutta la sua attività è consultabile sul sito www.alessandracorbetta.net.

 

Gaia Giovagnoli (Rimini, 1992) è scrittrice e cartomante. Ha pubblicato il romanzo Cos’hai nel sangue (Nottetempo, 2022 – vincitore del Premio Dante Arfelli; Finalista al Premio Fahrenheit Radio3, al Premio Berto e al Premio POP). Di recente ha pubblicato il suoi secondo romanzo, Chiedi se vive o se muore sempre per Nottetempo. In poesia ha esordito con Teratophobia (’roundmidnight edizioni, 2018).

 

Marco Simonelli è nato nel 1979 a Firenze, dove vive. Fra i suoi libri più recenti Il pianto dell’aragosta (2015), Le buone maniere (2018) e Litania nervosa (2021).




[1] Sempreverde, Alessandra Corbetta in Sedicesimo quaderno italiano – Poesia contemporanea, Aa. Vv., Marcos y Marcos, 2023.

[2] Babajaga, Gaia Giovagnoli, Industria & letteratura, 2023.

[3] Bestiario, Marco Simonelli, Industria & letteratura, 2023.

bottom of page