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  • Immagine del redattoreSara Serenelli

«Scrivere ardere perdersi»: recensione a "La dimora insonne" di Daniela Pericone

La casa poetica di Daniela Pericone è un rifugio accogliente per chi sa comprendere davvero di che parole sono fatte le fondamenta, di che suoni riecheggiano le stanze ammobiliate con cura; è un complesso edificio affascinante per chi intuisce l’entità dei segreti nascosti dentro i cassetti, dei quali pure la poeta ci aiuta a intravedere l’essenza attraverso scie luminescenti di parole, versi e suoni sapientemente costruiti che si muovono tra ombre e luci, tra apparente stasi e promessi salti nel vuoto. Sono versi a tratti misteriosi, che nella loro volontà di non svelare mai del tutto spingono il lettore ad andare a fondo, a non fermarsi a una placida visione delle cose e della poesia. È una poesia che richiede di più, sebbene già dal primo ingresso in questo mondo poetico, come nota nella Postfazione al volume Alessandro Quattrone, esso si presenta come una dimora «nella quale si sta bene», nonostante non afferriamo subito e compiutamente il perché di tale meravigliosa sensazione al contempo di piacere e di accoglienza.

Questo credo accada perché La dimora insonne (Moretti&Vitali, 2020) è costruita con mattoni di poesia autentica e ricercata, che non scade in certi cliché della poesia contemporanea, non si contenta di rappresentare semplicisticamente la realtà ma bensì si offre di farla divenire lingua e vita, fuggendo dalla tentazione di una intrusione del personale e inseguendo così un dettato che è universale tanto nei contenuti quanto nella forma. Significante e significato, immagine, suono e loro referenti sono incatenati, inscindibili poiché nella poesia di questa raccolta è il linguaggio stesso a farsi immagine poetica, referente poetico, centro propulsore di un versificare attento, ben commisurato, che si costruisce secondo un’orbita ellittica in grado di avvicinarsi al centro e di allontanarsi da esso gradualmente, muovendosi con grande rigore tra un lessico raro e specifico e una spiazzante armonia ritmica. Il linguaggio e le scelte poetiche spostano la linearità delle aspettative del lettore e contribuiscono a farci capire la cura vigile e l’attenzione “insonne” che si cela dietro l’architettura di questa poesia che è insieme tentativo di non soccombere alle ombre (presente in tutta la raccolta la dialettica tra luce e ombra/buio,) e volontà di esprimere la precaria condizione umana, caratterizzata da frequenti cadute e inevitabili fallimenti («si vive / da esperti in cadute»). Non ci sono spazi definiti o riconoscibili, né personalità facilmente distinguibili: siamo, innanzi a questi versi, fermi attorno al nostro asse di rotazione e compiamo un giro su noi stessi, muovendo il nostro sguardo da dentro a fuori, come colpiti da una labirintite. Sono versi “inesplosi” che ci portano sul punto di, nello stare per. A emergere dal dettato poetico, reso ancor più significativo dalla maestria nell’utilizzo di figure retoriche, di suono, di significato o di posizione o dalle scelte lessicali spesso inconsuete o particolarmente ricercate, è la volontà a una poesia di resistenza: mentre «diluvia ovunque» e tocca «fingersi ai vivi morta, purché / fra i morti viva», «le parole, il pensarsi / sono un balsamo», e la poesia un atto di resistenza paziente, misurata e mite al «cigolio / d’umanità rissosa» («Non soccombere è tenacia / irragionevole, tuttavia solleva / l’alto filamento»; «è terra temeraria / la pazienza»; «contemplare ostinate / parole tiene unite le crepe»), una dichiarazione di salvezza che dalla poeta è sussurrata, è un urlo strozzato che ci accompagna in sottofondo mentre meditiamo e resistiamo a voler «scrivere ardere perderci». Un’intenzione resa ancor più forte quando «un verso è precisa / menzogna» e «indossa vessilli / che non salvano». La dimora insonne sviscera e indaga la casa poetica e il suo linguaggio in un modo del tutto unico che ha il sapore di una “epica della quotidianità”, alla quale la poeta partecipa combattendo strenuamente dalla parte della poesia, quella autentica.


Daniela Pericone è nata a Reggio Calabria. Ha pubblicato i libri di poesia Passo di giaguaro (Ed. Il Gabbiano, 2000), Aria di ventura (Book Editore, 2005), Il caso e la ragione (Book Editore, 2010), L’inciampo (L’arcolaio, 2015), Distratte le mani (Coup d’idée, 2017), La dimora insonne (Moretti&Vitali, 2020). È presente con poesie, prose e interventi critici in vari volumi antologici, riviste (tra cui L’immaginazione, Poesia, Capoverso, Agon, Levania, Leuké), siti e lit-blog. È inclusa nella rassegna Viaggio Meridiano, a cura di Gianfranco Lauretano, in «Almanacco dei poeti e della poesia contemporanea», 7 (Raffaelli Editore, 2019). Sue poesie sono tradotte in diverse lingue. Cura eventi e reading con enti e circoli culturali. Scrive testi di critica letteraria e collabora a riviste e siti dedicati alla letteratura (L’EstroVerso, Laboratori Poesia, Poesia del Nostro Tempo).

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