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Nota di lettura a "Ufficio del sole" di Giusi Busceti

Immagine del redattore: Alessandra CorbettaAlessandra Corbetta

Tra tanta poesia che tutta si somiglia fino a rendere indistinguibile la voce dell’autore, Giusi Busceti, come evidenzia anche Maurizio Cucchi nella prefazione a questa raccolta, resta riconoscibilissima nel suo modo di stare nella poesia e di scriverla. Ne è dimostrazione anche Ufficio del sole (Stampa 2009, 2022), suo ultimo lavoro poetico, dove a spiccare è anzitutto un’ottima padronanza del verso e una capacità immaginifica non usuale, poiché Busceti, senza rinunciare mai alla musicalità delle parole, riesce a creare nel lettore un costante effetto di straniamento, accostando situazioni domestiche a scene astratte e associando a ricordi familiari condivisibili e universali moti del cuore personalissimi e profondi, quasi insondabili, resi dicibili solo dalla poesia stessa.

La compattezza dell’opera, suddivisa in sei sezioni (Fisica; Spazio di croce arcana; Orlo a giorno; Ufficio del sole; I ciliegi; Noi risorti) è data anche dal rimando continuo al colore giallo, nominato direttamente o attraverso gli oggetti che ne sono caratterizzati, simbolo di energia, di calore, di luce e, qui, anche di forza; una forza spirituale e, al contempo, materica, esattamente come è lo scrivere di Busceti, che si muove di moto ondivago toccando gli alti e i bassi dell’esistenza umana nei suoi aspetti più apollinei e anche in quelli dionisiaci, dentro un discorso volutamente frammentato, in omaggio alla migliore poesia del Novecento, che pure non impedisce una lettura continuativa e ripetuta.

Se sul titolo ha già detto tutto e bene Paolo Giovannetti, voglio insistere sulla consapevolezza di scrittura di Busceti, dato oggi sempre meno riscontrabile in chi fa poesia, data dalle letture, dai confronti con i maestri (in primis il compianto Giancarlo Majorino), dai dialoghi, dallo studio costante, che in Ufficio del sole, ma già nella sua opera di esordio Sestile (1991), diventano cifra distintiva di un’autrice a cui dobbiamo guardare con ammirazione, anche per l’impegno profuso nella diffusione e nella divulgazione di quest’arte povera e ricchissima allo stesso tempo.

Ed è bene sottolineare che anche in questo lavoro Busceti non si esime dal suo impegno civile, che si fa evidente soprattutto in alcuni testi come Corsia dei Servi o Lamento del Mediterraneo, a testimonianza, ancora una volta, che la poesia degna di questo nome è sempre poesia che sta nel mondo, in uno spazio fisico rintracciabile sulla cartina o in altrove non ben definito, ma comunque in azione centrifuga, e non solo centripeta, rispetto all’io.

La bellezza di quest’opera di Busceti ci ricorda tutto questo, e noi non possiamo che essergliene grati.


Ufficio del sole, Copertina, Alma Poesia, Giusi Busceti

Se l’estate non ci viene incontro

fra breve

ci ritroveranno decimati

su questa punta di mezzanotte

dove animali dalle pelli ignote passano

badando a non toccarci. Passano

anche gli elicotteri e si allontanano

di poco, per riflettere. Chi

crederebbe ai nostri occhi?

Per cinquanta minuti una galleria del vento,

disse anche l’ultimo dei sopravvissuti;

ed io, scampata

perché scivolo meglio sui crepacci

sul cuscino immateriale che si gonfia

e si sgonfia nel cuore

e mi solleva, ho in nodo

una spalla slogata: afferrare

per sempre treni e navi fuori tempo, allargare

lo spazio per le vertebre spezzate.

E il cielo?

che da tempo ci copre con dolcezza, questo,

radar sull’arcipelago che trema, è lo stesso

che toglieva il respiro, in altalena.

 

ATLETICA

 

1.

 

Gli asciugamani

non sono danneggiati, giallo i colori

così mia madre con la voce alle porte

con la radio agli albori: io sono dedicata

al millenovecentocinquantanove,

col rapido pulviscolo nel sole

e se un mondo parla allora scrivo,

se lei crede che possiamo irrigare.

 

2.

 

Solo questo dolore che mi tengo

uno qualsiasi per tutti

ha il ritmo di poesia

quella bellissima parola

inutile, la panchina

verde degli sguardi

che strinsero e distinsero, io sola

ora dei mari aboliti.

Scegliendo ovest sulla mappa

seguo il cielo, non posso

navigare controsole.

 

3.

 

Giovedì mattina con le cose

viene semplicemente, è il momento

di esserci.

Alle cinque in punto

si apriranno, non resta

che cullare il timore con sé,

portarlo in campo.

 

NUBIFRAGIO

 

L’ultimo giorno d’innamoramento

ricordo, i bar deserti sul battello

feriale, il primo

della stagione di navigazione.

Niente di qui d’estate si discosta

dai freschi interni, i cassettoni a specchio

dei corridoi, a sud. Ore come

intervallo, solamente, solstizio.

Melograni hanno acceso le giornate

più fredde, ed arance. Ora è

ora, in niente può ingannarmi

il volto che ha

scolpito sulla schiuma della riva

orientale, i capelli

ricadono sul collo, nascondono

la fronte, proiezioni

sulle elezioni, primi raffronti col 2008.

Più crudele dei mesi è questo senza

tempo d’acqua e di pietra.

Infuria un nubifragio il parabrezza.

 

                                                           a Mara C.

 

sta per sparire questo file, tu avessi

una segreteria, magari tu l’avessi oggi, tu fossi

in un qualunque luogo simile a te, il tuo

mio amore di far crescere cercando

te ho trovato, materia

tra le svolte di questa finecittà d’agosto

che liquefa che liquida da una vetrina all’altra

fra le gonne di nuovo guardaroba smantellare

e valigia da fare, come un

orto ti vedo tra le pieghe

come ringrazio adesso questo pianto in cui

ti trovo piccola isola nell’ora

guarda cuore questa roba

che noi siamo tra le case

solo base per altezza fin da piccole

io credo che tu sappia

cosa ti voglio ti direi se tu

una segreteria telefonica avessi

mentre torna dal vuoto senza di te la tessera,

di tela come mia sorella biondavergine

ora senza preavviso

la sera viene incontro tredicenne, meno male,

la luce riconosco, quei progetti

tra le foglie che presente avvenire

giocondi solo mani come le tue vere

sorreggere alle malesvolte possono,

agli inciampi

che la puntina di zaffiro tenta

su un consunto comunque testo leggere,

non sono più la stessa

e solo per l’estate

che tredicenne mi ha sorpresa

in bella solitudine a cercare, come se ancora

mille futuri fossero a svelare

come in case andaluse cuore di giardino

ti trovo e in questo file

che da qui col mio nome ora scompare

ti salvo, è una memoria

di come sai che mai più sarà stato

tu sai che può cambiare anche il passato

 

CORSIA DEI SERVI

 

nel giorno della Liberazione

 

I.

 

Al più invisibile dei complici il gaudio

che folla del secondo pomeriggio

riversa al largo della Corsia dei Servi

transita aprile esultante a sollevare

tramontanella giù dal cielo gotico

che staglia sole ] e su! sole alle guglie

e giù strisce di corpi scoperti

dalle maglie che dicono: s'impazza

questa primavera, è nostra, qui, si

scorre dall'aperto lucente per virtù

della pioggia trascorsa tra fontane e

piazza duecentomila per sessanta

volte dal Venticinque di Milano,

gelati sgocciolanti e rose

tessute nell'arcobaleno, era il trionfo

del vento, pianto il pianto, di pace

in vespro sul corteo delle nuvole.

 

II.

 

Alle spalle il Portale, qui nell'ombra

staffette scambiano messaggi

col più non visto dei complici, è

un balenìo d'intesa a fondo campo,

raddoppio, è questione di vita, qui

e ora per allora, ma trattiene

e alza a campanile, ora perché?

Gioco fermo, sospendo e la consegna

affido al ponentino: incredule due mani

superstiti e semplici persino

e già sera si fa come ogni sera

sotto il glicine, fiorito sia o sfiorito.

III.

 

Alle spalle il Portale

tra una persona e l'altra solo luce.

Ma l'azione sospesa che non so

inciampa nei cartoni sui gradini

smessi, o città della notte!

mescola cuori ai portici occidente

maleodori edicole rabarbaro:

dolenti in questo tempo

opulento degli adorni migranti

o caduti invisibili dai nidi

o mirabile ola d'ogni tinta,

stupore a prima luce su ogni ramo

aroma ora di ogni ieri deserto

offro al mio complice angelico che

 

guizza a sorpresa, è il via, aggancia, stoppa

e in rovesciata il contropiede scaglia

in profondità, filtrata la difesa, acrobazia:

il lontano è prossimo adesso, assist, è qui,

gettano insieme figli rampicanti

l'unica lingua dei colori balza

di testa, occhi, amore è mischia in area,

volteggia nello specchio della porta

 

è la rosa improvvisa il sempre nostro

primo tempo di clima spazza giorni.


Giusi Busceti, Alma Poesia

Giusi Busceti è nata e vive a Milano. Si è laureata in Scienze Sociali all’Università Cattolica di Milano e specializzata in psicoterapia. Ha pubblicato le raccolte poetiche Sestile (1991), A nucleo perso (2007), Buio selvatico (2017). Suoi testi sono apparsi su varie riviste e antologie, tra cui Italian Poetry 1950-1990 (Dante Univ. Press, Boston 1996) Vertigine e Misura (2008), Chi ha paura della Bellezza, a cura di T. Kemeny (2010), Perturbamento (2017), OmbraLuce (2019). Ha collaborato con le Edizioni Corpo 10 di M. Coviello, alla collana di poesia Niebo diretta da M. de Angelis e alla rivista «Manocomete» di G. Majorino. È ideatrice e curatrice di numerose rassegne e manifestazioni realizzate dalla Casa della Poesia al parco Trotter di Milano, di cui è presidente.

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