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Nota di lettura a "Scisma" di Ilaria Palomba

Immagine del redattore: Elena VerzìElena Verzì

«A nessuno è concesso di restare senza aver sacrificato qualcosa.»

Scisma (Les Flâneurs Edizioni, 2024) è l’ultima opera di Ilaria Palomba; poemetto che nasce dal diario poetico che l’autrice inizia a redigere in ospedale durante la lunga degenza nell’unità spinale del CTO di Garbatella nel 2022, dopo un mese di rianimazione.

Nella prefazione, Luigia Sorrentino definisce l’opera come “l’autobiografia poetica di una frattura. […] Racconto in versi di una sopravvissuta che guarda sé stessa dal di fuori, dal “dopo”.”

La lettura del poemetto getta il lettore nella realtà cruda e senza filtri dell’autrice, dove il dolore e la sofferenza sono dotati di tutti e cinque i sensi: «le ossa / salmodiavano in multipli»; «il suono di una lacrima»; «guarda l’infinitezza fatta a pezzi»; «mani mai toccate»; «Odore di piscio, amaro tra le labbra».

108 i giorni di convalescenza, un campo di battaglia fatto di riluttanza e resistenza, durante i quali ascoltiamo Palomba chiedersi: «Vuoi vivere o morire?», «Cos’è la dignità?», «Cos’è un corpo?»; e rispondersi come nei versi: «Io voglio salvarmi», «Resto».

Il poema si divide in otto sezioni (Ingresso, Abbandono, Coscienza, Assenza, Pietà, Frantumi, Ricomposizioni, Scisma); ognuna delle quali presenta in esergo autori cari a Palomba: Glück, Rosselli, Pessoa, Metz, Scarabicchi, Pizarnik, Celan, Michelstaedter.  

I temi affrontati in Scisma sono aspri, trafittivi, pungenti, come il suicidio e la disabilità, centrali soprattutto nelle prime sezioni, così come l’ospedalizzazione attraverso la terapia fisica e riabilitativa nonché l’aspetto psichiatrico; nelle ultime sezioni avanza invece uno sguardo fedele, prima come «rifiuto del dono della vita e poi ritorno alla fede nella vita e in Dio».

Palomba dice: «mi hanno riunita», da frattura a ricomposizione, e da scisma a guarigione: «è rimasto l’amore».

La voce poetica guida l’autrice a salire una scala che permette non solo di ispezionarsi dal di dentro e dall’esterno, ma che parola dopo parola con l’urgenza di chi ha sacrificato tanto, la conduce alla salvezza.

«Ho paura del confine interno, del perdersi, del darsi un tempo per guarire. Ho paura degli occhi alle pareti, dell’immagine, di questi corpi fantasma. / Tutti hanno un occhio sulla schiena, per guari­re devi tenerlo chiuso.»

A chiudere Scisma la postfazione di Mattia Tarantino con un decalogo di appunti e gesti dedicato al Risveglio: “I Risvegliati, il popolo dell’oltremondo, chi-ha-avuto-accesso. I Risvegliati, ma come uno scher­zo, gli innocenti. La voce, all’improvviso.”


Ilaria Palomba, Scisma, Alma Poesia

 

Giorno 6

Eri nella crepa, nell’abbandono. L’amore ci assediava, sgretolava i tessuti. Siamo macerie. Resta la frattura. Aprire le ossa, infilarci il titanio. Non posso più muovermi. Un ammasso di frantumi, tu il mio fantasma.

Il mio fantasma, mentre pativo l’addio, la torre rovesciata della coppia, l’amore stingeva in memoria. Siamo mai stati uno prima dello scisma? Venivi in ospedale, volevi guardarmi, parlavi con mia madre, le dicevi è bellissima perfino così. Ero intubata.


Giorno 21

Io sono piena di mostri

che devo ogni volta trafiggere.

Nessun fantasma può morire di nuovo.

Io sono il desiderio senza nome

non è del corpo ma è spirito. Spirito.

Non desidero più la fine e non

sono pronta per tornare.

A nessuno è concesso di restare

senza aver sacrificato qualcosa.

 

Giorno 59

 

Tu hai la morte dentro,

dicevi, e ti sentivo smarrire il limite –

io voglio salvarmi, dicevi. Nel limite

salvarsi e cedere alla conversione

della luce, al graffio in fosfeni.

Non toccarmi, non toccarmi.

Ti guardavo fuggire dal coma

nelle lividure della nostra casa

senza più muri o giardini.

Non toccarmi, non toccarmi.

Eri nei corridoi, fuggivi.

Le foglie della rianimazione,

platani suppongo,

gridavano vita.

 

Giorno 86

 

Fuori dall’ospedale, la carne piena di squarci.

Torna nella casa del salto, torna all’uomo.

Il dolore verrà, lo senti nei muri.

Perdona l’impeto, perdona il corpo.

Scissa, guarda l’altra, guardami.


Alma Poesia, Ilaria Palomba

Ilaria Palomba è una scrittrice italiana. Ha pubblicato il romanzo “Fatti male” (Gaffi), tradotto in Germania per la Aufbau-Verlag nella collana Blumenbar, con titolo “Tu dir weh”; la raccolta poetica “I buchi neri divorano le stelle” (Arduino Sacco); la raccolta di racconti “Violentati” (ErosCultura), di cui un racconto pubblicato in Inghilterra e negli Stati Uniti per il Mammoth Book, l’antologia di racconti curata da Maxim Jakubowski. Grazie a una Borsa di Studio Internazionale, ha elaborato il saggio “Io sono un’opera d’arte. Viaggio nel mondo della performance art” (Dal Sud), durante un anno di studi al CeaQ, diretto dal Prof. Maffesoli; il romanzo “Homo homini virus” (Meridiano Zero), d’ispirazione per molte performance teatrali e di body-art e vincitore del ControPremio Carver 2015 e terzo al Premio Nabokov 2015; il racconto “Il potere della negazione” e il racconto “Tu, mia compagna di viaggio”, tradotti in francese e pubblicati in duplice lingua nei numeri “le BAROQUE” (2015) e “LA RUE” (2016) della rivista internazionale “Les Cahiers européens de l’imaginaire”, fondata da Michel Maffesoli e Gilbert Durand. Ha curato per AlterEgo Edizioni l’antologia di racconti e disegni “Streghe Postmoderne”, di cui fa parte anche come autrice. Ha esperito sul proprio corpo, non solo come ricercatrice, l’ebrezza della performance art, grazie al workshop “Chi sei tu” con Franko B e a un workshop di Performazione con Antonio Bilo Canella e Hossein Taheri. Scrive per le riviste “Succedeoggi”, “Mag O” il magazine di Omero, “Night Italia”, “Pastiche”, “Nova”, “Flussi Potenziali”. Alcuni suoi scritti sono entrati a far parte di antologie letterarie. Lavora con un progetto biennale di arte e scrittura in un centro diurno, collabora con Scuola Omero. “Una volta l’estate” è il suo terzo romanzo, scritto a quattro mani con Luigi Annibaldi.

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