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"I Fumetti di Alma" (X Appuntamento)

Immagine del redattore: Andrea BraminiAndrea Bramini

PARODIARE CON RISPETTO E FANTASIA: L'INFERNO DI TOPOLINO


L’Inferno, prima cantica della Divina Commedia di Dante Alighieri, è oggetto di un ardito adattamento a fumetti Disney per mano di Guido Martina e Angelo Bioletto, che ne preserva la matrice poetica



Alma Poesia, Andrea Bramini, Topolino

Il 1949 fu un anno spartiacque nella produzione a fumetti disneyana del nostro Paese: Topolino, la rivista pubblicata da Arnoldo Mondadori per ospitare prevalentemente materiale con i personaggi Disney, passò dal formato tabloid a quello pocket ricominciando la numerazione da 1; una vera rivoluzione destinata ad avere un grande successo, tanto che nel corso degli anni successivi la periodicità cambiò da mensile a quindicinale (nel 1952), per diventare infine settimanale nel 1960.

Già nell’ultimo periodo del “Topolino giornale” iniziarono a uscire storie realizzate da fumettisti italiani, a fianco delle avventure provenienti dagli USA, e il lancio della nuova versione della testata dovette sembrare il momento più propizio per affermare quanto Topolino e Paperino potessero essere assorbiti nel panorama culturale italiano.

Potrebbe aver ragionato in quest’ottica lo sceneggiatore Guido Martina, nel momento in cui pensò di realizzare la trasposizione disneyana dell’Inferno dantesco, che vide la luce in sei puntate sui numeri dal 7 al 12 del libretto, pubblicati tra l’ottobre 1949 e il maggio 1950.

 

Guido Martina fu il decano degli autori Disney italiani: classe 1916, nei primi anni Trenta si laureò in Lettere e Filosofia all’università di Torino, iniziando poi a collaborare con alcune realtà editoriali per realizzare documentari e riviste satiriche.

Dal 1946 pose le basi per un lungo e continuativo sodalizio con Mondadori, che lo portò tra le altre cose a tradurre i fumetti Disney americani per la loro edizione italiana e poco dopo a firmare direttamente sceneggiature originali.

La sua formazione umanistica gli valse il soprannome di “Professore” ed evidentemente gli venne in aiuto nel momento di affrontare una prova ambiziosa come l’adattamento dell’Inferno.

La chiave per la riuscita del progetto fu il perfetto bilanciamento tra il rispetto verso l’opera originale e la capacità di dare libero sfogo a fantasia e divertimento, inserendo queste istanze all’interno della materia già presente in nuce nella Divina Commedia, che in vari passaggi non mancava di punzecchiare conoscenze e avversari politici di Dante Alighieri così come di fare satira sulla società a lui contemporanea.

 

Partendo da questa osservazione Martina calò il suo Inferno di Topolino nell’Italia del Dopoguerra facendo numerosi riferimenti all’epoca e permettendosi benevoli sberleffi e battute salaci.

Lo spunto di partenza vede Topolino e Pippo recitare in una trasposizione teatrale della Divina Commedia nei panni rispettivamente di Dante e di Virgilio, ma all’improvviso un incantesimo li convince dapprima di essere realmente i due poeti di cui indossano le vesti e poi li precipita all’interno del libro, facendo loro rivivere il celebre viaggio tra i dannati.


Alma Poesia, Andrea Bramini, Topolino

La particolarità dell’operazione risiede nel mantenimento della forma poetica con cui era vergata l’opera originale: come noto, il poema è scritto in terzine incatenate di endecasillabi, in cui i versi rimano a tre a tre con struttura ABA BCB e nelle quali l'accento dell'ultima parola del verso cade sempre sulla decima sillaba.

Ebbene, tutte le vignette del fumetto ripropongono questa scelta formale giacché, oltre ai tradizionali balloon di dialogo, presentano nella parte inferiore gruppi di terzine che descrivono quanto visualizzato dai disegni, seguendo fedelmente la metrica dantesca.

Uno sforzo intellettuale per nulla scontato e che rimane a tutt’oggi un unicum nella produzione fumettistica disneyana, perlomeno con questa cura e con la costanza di mantenere tale approccio per tutta la durata della storia (che si articola in 69 pagine).

 

Il meccanismo parodistico si sostanzia prevalentemente proprio in questa struttura: operando in pratica una specie di controcanto di ciò che appare nelle vignette, riesce a far sorridere in più punti proprio per contrasto.

Un esempio lo possiamo rintracciare già in una delle prime tavole:


Topolino, Andrea Bramini, Alma Poesia

Difficile non ridere nel leggere

 

Tosto che innanzi a me fermarsi volle

con parolette dolci e faccia lieta

Gridommi: “Benvenuto a questo colle”

 

vedendo contemporaneamente un Pippo-Virgilio dallo sguardo truce che apostrofa Topolino-Dante con un rustico “Eccoti, furfante! Sei venuto finalmente!”

 

Altro fattore che rende particolarmente gustosa la verseggiatura di Martina è la propensione al paradosso, che porta a descrivere scene abbastanza inusuali da immaginare nel contesto infernale e scritte con piglio irriverente e divertito.

 

Or mentre mi chiedevo la ragione

Che Pippo fe’ svenire di repente

Innanzi a noi piantossi il fier leone

 

“Oh tu che vai fra la perduta gente

- disse quel desso – senza lo fanale

e senza gemma catarifrangente…

 

… inchioda i freni e fèrmati al segnale!

Dieci fiorini mi dovrai pagare

Per infrazione al codice stradale!

 

Ed io a lui: “Leon, non ci scocciare!

Oggi il ciclista per la strada puote

Far ciò che vuole, e niun lo sa multare!

 

In questo caso, alla surreale scena del vigile che ferma Topolino e Pippo in bicicletta all’Inferno, si unisce la satira sociale a cui si alludeva più sopra - riferendosi allo sprezzo del codice stradale da parte di alcuni ciclisti - e sulla quale torneremo fra poco.

Rimane evidente fin da subito un’attenzione particolare all’uso della lingua italiana: grazie ai suoi studi, Guido Martina padroneggiava certamente un ampio vocabolario e una buona conoscenza del volgare fiorentino con cui è scritta la Divina Commedia, tale da poterlo adattare all’interno del fumetto.

Questo gli ha permesso di giocare con un italiano aulico e arcaico, ottenendo un effetto simile a quello della parlata di Vittorio Gassman nel film L’armata Brancaleone di Mario Monicelli (1966), che simulava un immaginario vernacolo medievale pomposo e affettatamente ricercato.

 

Riprendendo il tema della satira, risulta emblematico il passaggio seguente:


Andrea Bramini, Alma Poesia, Topolino

nel quale si citano i fiammiferi del monopolio di Stato, all’epoca evidentemente noti per non essere particolarmente efficaci nel loro utilizzo, tanto che nella visione di Martina non si accendono nemmeno tra le fiamme infernali.

 

Un altro aspetto importante dell’Inferno di Topolino lo si può rintracciare nella pagina riportata di seguito:


Andrea Bramini, Alma Poesia, Topolino

nella quale vediamo un esempio di pena per contrappasso, elemento cardine nella concezione che Dante diede dell’Inferno e che anche nella storia Disney costituisce l’ossatura del viaggio compiuto dai due protagonisti: in questo caso specifico vediamo che, per Martina, chi in vita ha peccato di vanità viene torturato da diabolici barbieri che si accaniscono sui poveretti con rasoi affilati, pece bollente e altro.

In altre occasioni i golosi sono obbligati a ingollare cibo a non finire, gli avari sono circondati da banconote infuocate che li ustionano e i bambini che fingevano di essere malati per marinare la scuola vengono curati a forza delle patologie che millantavano.

 

C’è poi il richiamo ai versi presenti effettivamente nell’opera dantesca, che in alcuni frangenti vengono ripresi con maggior evidenza pur subendo inevitabili variazioni.


Alma Poesia, Andrea Bramini, Topolino

In quest’ottica il celebre inizio della Divina Commedia non poteva mancare, con l’ovvio riferimento alla selva oscura. Ma la mimesi con il poema dantesco si ravvisa in particolare nella seconda e nella terza vignetta, dove si riprendono a tratti letteralmente la quinta e la sesta terzina del poema dantesco:

 

Ma poi ch’i’ fui al piè d’un colle giunto,

là dove terminava quella valle

che m’avea di paura il cor compunto,

 

guardai in alto, e vidi le sue spalle

vestite già de’ raggi del pianeta

che mena dritto altrui per ogne calle.

 

Scorrendo le pagine troviamo invece la seguente tavola


Alma Poesia, Andrea Bramini, Topolino

Alma Poesia, Andrea Bramini, Topolino

che riprende il celebre episodio del Conte Ugolino.

Nella trasposizione disneyana il nobile ghibellino Ugolino della Gherardesca, che si alleò con i guelfi per tornaconto personale e venne perciò rinchiuso nella Torre della Muda a Pisa dall’Arcivescovo Ruggieri degli Ubaldini, diventa un arbitro di calcio “venduto”.

Ancora una volta riportiamo i versi originali per agevolare il confronto con la versione di Martina:

 

La bocca sollevò dal fiero pasto

quel peccator, forbendola a’capelli

del capo ch’elli avea di retro guasto.

[...]

Tu dei saper ch’i’ fui conte Ugolino,

e questi è l’arcivescovo Ruggieri:

or ti dirò perché i son tal vicino.    

[...]

Quand’ebbe detto ciò, con li occhi torti

riprese ’l teschio misero co’denti,

che furo a l’osso, come d’un can, forti.     

 

Ahi Pisa, vituperio de le genti

del bel paese là dove ’l sì suona,

poi che i vicini a te punir son lenti

 

A disegnare L’Inferno di Topolino venne chiamato Angelo Bioletto: classe 1906, aveva iniziato la propria carriera in uno studio grafico per poi diventare vignettista satirico de La Stampa di Torino. Collaborò alla realizzazione de La rosa di Baghdad, tra i primissimi film d’animazione europei, e approdò successivamente in Mondadori, dove disegnò tre storie Disney prima di dedicarsi all’illustrazione di libri per ragazzi.

Lo stile pionieristico dell’artista, per quanto arcaico visto con gli occhi di oggi, si dimostrò adatto a ritrarre i personaggi disneyani e, considerando l’ampia varietà del cast presente, che comprendeva anche diverse figure provenienti dai film d’animazione, non fu un risultato da poco.

Il suo tratto funzionò inoltre molto bene nel trasmettere le atmosfere gotiche impostate da Guido Martina e coerenti con il contesto infernale: i panorami brulli, desolati e decadenti visualizzati in diversi passaggi colpiscono il lettore e fanno comprendere subito la natura del luogo in cui Topolino e Pippo si muovevano. Allo stesso tempo, però, le scene più “forti” venivano stemperate da un approccio grafico che rimaneva comunque umoristico e che contribuiva a traslare l’incubo su un piano più accettabile.


Alma Poesia, Andrea Bramini, Topolino

Il finale della lunga storia vede un confronto tra i due fumettisti e Dante in persona, che li accusa di vilipendio alla sua opera; intercede per loro Topolino, spiegando al Sommo Poeta come i due autori non lo abbiano “tradito” ma abbiano adattato la sua opera al solo fine di divertire i bambini in maniera innocente.

Una sorta di autoassoluzione che si conclude con un’accorata invocazione all’Italia, colma di speranza perché il Paese possa risollevarsi dalle difficoltà e dagli strascichi lasciati dalla Seconda Guerra Mondiale, terminata in fondo da pochi anni; in quest’ottica il “riveder le stelle” finale si interpreta diversamente rispetto al senso che ne dava Dante, ma non per questo è meno carico di significato.

Una conclusione lirica per un fumetto dall’alto valore storico, culturale e poetico.


Alma Poesia, Andrea Bramini, Topolino

 

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