Nota di lettura a "Mem" di Davide Lucantoni
Chi, come me, ha iniziato a studiare e ad amare i processi di formazione identitaria a partire dalla lettura dell’opera di Pirandello, non può che trovarsi ad abitare con familiarità questa raccolta di Davide Lucantoni, uscita nel 2021 per Arcipelago Itaca e intitolata Mem, lettera M nell’alfabeto ebraico e, nei tarocchi, appellativo della Morte.
Lucantoni affronta il tema esistenziale connotandolo di straordinaria leggerezza, qui da intendersi nell’accezione teorizzata da calvino, attraverso un uso sapiente dell’ironia e una capacità di costruzione strutturale notevole; se protagonista di Mem è, a tutti gli effetti, lo spazio e ciò che accade nella percorrenza dello stesso, l’abilità di Lucantoni sta nel sostituire il movimento delle gambe – e cioè l’erranza, che è anche conoscenza del luogo – con il moto del pensiero. Ogni testo, infatti, è riflessione mobile attivata da una stasi, da una sosta di fronte a qualcuno o qualcosa, fosse pure la scritta su una lapide dentro un cimitero. Ogni testo è anche parte di un copione che i personaggi/persona sono chiamati a interpretare; talvolta essi prendono le sembianze di figure specifiche (l’appeso, il mago ad esempio), altre volte sono presentati come personificazione di situazioni o entità astratte (Camerino, Comparse, L’uomo personificato, Portavoce, Segreteria sviluppati a più riprese dentro l’opera).
Lucantoni dà voce a un confronto tra sé e sé e tra l’io e gli Altri, all’interno di mondo che, per quando fuggevole, tende di fatto a presentarsi sempre uguale a sé stesso; per questo la vera sfida è non cessare la generazione del quesito e tenere in sospeso la risposta rispetto all’eterno chi siamo, dove andiamo. Siamo liberi di interrogare le carte, ovvero ripartire dagli archetipi che costruiscono e guidano le nostre storie, oppure, con attivo raziocinio, scandagliare la società in cerca delle sue falle e dei suoi ponti solidi: ciò che conta, e Lucantoni ne è consapevole, è tenere i confini aperti, dal momento che nessuna identità può essere inscatolata dentro qualche etichetta semplificatrice.
«Chi vive, quando vive non si vede… Veder come si vive sarebbe uno spettacolo ben buffo.» scriveva Pirandello e Lucantoni, con Mem, ci restituisce questo colpo di coda dell’occhio, con cui, davvero, conviene di guardarci e di guardare.
(…)
Il contapassi appeso alla cintura infatti
non tiene mai conto della direzione ma
fornisce una misura abbastanza accurata
della distanza, del tempo che passa
e quanto di sé brucia in un passo,
spesso però conta come passi
anche altri movimenti – tipo
allacciarsi le scarpe, accasciarsi
e morire;
o anche i movimenti degli altri.
XXI. Il Mondo
È anche il suono che la parola mondo
fa nel mondo. Ma non significa nulla,
te ne accorgi mentre lo dici
e lo dici così, senza voler dire nulla.
Tutto qui, pensi solo che in fondo
siamo venuti al mondo
senz’altro posto dove andare;
e lo senti, che non significa nulla, che
quindi non c’è altro da aggiungere
al modo in cui perfino il mondo
si propaga nel mondo svuotandoti
d’un fiato, come per fare spazio.
Comparse VI
È rimasto fermo per così tanto tempo
che il suo corpo è finito nel rimosso,
crede che sia stato spostato altrove
che ora sia dentro di lui.
Certe volte è come se fossero le parole
a muovermi la lingua, dice, e oggi
i luoghi che dovevo visitare
non si sono fatti vedere.
Come degli illusi
*
Alla fine restiamo soli distesi sul prato
in piccoli mucchietti di cenere, ognuno
al vertice del suo raccoglimento;
lo stesso prato dove corrono dei bambini
crescendoci incontro.
Davide Lucantoni è nato a Sant’Omero (TE) il 28 maggio del 1992. Si è laureato in Economia e management all’Università Politecnica delle Marche. Al momento lavora come ricercatore presso l’IRCCS INRCA di Ancona. Nel 2018 ha pubblicato Eccesso di Forma (Arcipelago itaca Edizioni, prefazione di Alessio Alessandrini). Mem è il suo secondo libro.
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