top of page
Facebook Cover Photo.png
Immagine del redattoreSara Serenelli

Nota di lettura a "Le contraddizioni" di Alessio Verdone

È nel segno della contraddizione che si muovono i versi dell’esordio poetico di Alessio Verdone: Le Contraddizioni (Transeuropa, 2020) è difatti il titolo della raccolta, azzeccatissimo, che evidenzia sin da subito uno dei tratti fondativi della poetica dell’autore. Ognuna delle quattro sezioni che compongono la silloge mi sembra in effetti giocarsi su una ambivalenza, su un contrasto a volte insanabile, altre volte conciliabile di diversi elementi che l’autore mette in dialogo: ambiguità del linguaggio, binomio Io-mondo, presenza-indifferenza, individuale-sociale. Quella di Verdone è una visione duale non solo della realtà ma anche dell’Io, poetante e non, che si pone in ascolto del cosmo e dell’uomo cercando di riproporne, anche nel dettato del verso, la profonda scissione. Ma mentre il poeta ne prende atto e ce la rende indietro, questa frantumazione, non si esime dal tentare di trovare un ponte («Esiste un punto di equilibrio?»): è un ponte fatto di parole e di poesia, evidente non solo nella sezione che riflette sulla natura e le potenzialità del linguaggio (II) ma sotteso a tutta l’opera, seppure in filigrana. La scrittura, «singhiozzo ininterrotto, esitazione attiva», è lo strumento privilegiato di analisi del reale e delle sue manifestazioni, il collante delle antinomie e specchio di esse: Verdone spezza il verso così come frantuma il mondo, per osservarlo meglio, e ne restituisce indietro il ritmo, complesso intricato e polifonico, ne riproduce l’andamento, boccheggiante. Il rapporto con la realtà in tutta la sua complessità e con il linguaggio che a questo mondo dà forma è conflittuale, un urto che trasmigra anche nel rapporto con l’Io: è un laceramento, che trova nell’immagine della ferita, mai banalizzata, il suo “correlativo oggettivo” («noi, lembi di ferite suturate / slabbrate, lacerate, ricucite, / e tese lacerate e ricucite»; «ferite che discendono / ermetiche al silenzio»; «ogni traccia si volge in fenditura, / ogni segno diventa cicatrice / da cui non sgorga linfa – logorata / da cui non corre sangue - inaridita»). Questo Io, che dialoga con sé stesso oltre che con il reale, si avverte estraneo al suo corrispettivo cronologico nel passato, e frattanto ipotizza una catena di sdoppiamenti di Io, la cui risultante sarà irriconoscibile per il poeta («ogni giorno e domani mi triplicherò / e quadruplicherò e poi mi trecento / sessanta quintuplicherò – e così / fino a che avrò niente in comune con me»). Con la stessa pregnanza e forza di immagini Verdone è in grado di scandagliare tanto gli aspetti socio-economici (dalla giustizia sociale, all’ecologia, al lavoro fino al disagio giovanile) quanto quelli del tutto personali. A leggere la raccolta nella sua interezza si cade dentro a un imbuto: da una visione globale, corale mi sento di poter dire, che non manca di fornire importanti spunti di riflessione, si precipita verso una poesia che trova il suo perno nell’Io. Tuttavia, anche quando è l’Io parlante a essere messo in evidenza, non viene mai meno una visione universale: mentre sorveglia sé stesso e la sua poesia, Verdone spinge ognuno di noi a sorvegliare sé stesso e ciò che ci circonda.



Punti di squilibrio

La responsabilità collettiva

nega se stessa.


Risponde la società illimitata di ecosistemi

ma il tasso di assorbimento è carbonizzato

dal settore estrattivo

tutto nelle spalle di altri

absolutely catastrophic


La responsabilità individuale

inchioda alle azioni compiute


Era la primavera di abbandono della cosa

per denunciare bastava chiamare

lo struzzo che nasconde la supina

condiscendenza

Non mancano casi di derelizione

Vai a piedi ché si decompongono

emettendo metano


Una è troppo fluida

l’altra troppo rigida, totalitaria

Esiste un punto di equilibrio?


La finzione originaria

Sto leggendo e mi fermo.

Leggo e ripeto

rileggo la frase

ritorno indietro

leggo e ripeto

ripeto la frase

rimango indietro

graffio

il significato

intacco la polpa

il guscio lo svuoto

leggo e ripeto

- continuo testardo -

alzo il tono

punto la vista

spingo lo sguardo

mi sfibro la voce

- sfocamento

assuefazione –

della voce della vista

della mente.

Leggo e ripeto

scarto la lingua

tutto mi è chiaro.


Il parossismo amplifica

la verità

l’insistenza l’evidenzia,

qualcuno la nega.

Osservare la ripetizione

diventa giudicarla

come fatto dovuto

trascinato per dovere.

È la lente

del comportamento

primordiale, vitale

e chiarisce

la finzione originaria.


Anamnesi

Ritengo di non sapermi valutare quando vi giudico

(mi pronuncio su di voi, mi pronuncio su di noi?).

Ma so che con questa mania di spartirci

il mondo in parti separate e contrapposte

mi si sta squarciando il cranio. E dopo

la deriva dei continenti sembra appurata

anche quella delle opinioni derivate dai giudizi

integrali sulle cose totali.


Le teorie sono tante. Le sfilate di aderenti,

pure. Schizoide il movimento nel corteo.

E la processione è così conturbante da incantare

tutti e non piacere a nessuno. Le teorie

sono molte. Nessuna ci soddisfa. I pesi

e i contrappesi schizzano da un polo all’altro.

L’ideologia è una corrente alternata.


La chiave della questione è l’ibridismo

da applicare al mondo

(da accettare nel mondo).


Non più evidenza clinica nelle sue polarità,

tutto è opinione, niente è legge.

La legge è un’opinione

e l’opinione è l’unica legge.



Asimmetria (per l’avvenire)

Le righe davanti al tuo sguardo

sono il ricordo di quello che non sei

già ingiuriato dall’urto del vento

non leggi non ascolti che l’eco dei colpi

nel tempo lontani anni luce

non ti si accendono gli occhi né il petto rigonfi

del vecchio entusiasmo lontano

e la scintilla di un’idea si estingue nel silenzio


non sei più quello a cui parlo

ed io non sono che te che non sei

ma scagliato in avanti spostato

da te ci sommiamo io e te - e mi sdoppio


ogni giorno e domani mi triplicherò

e quadruplicherò e poi mi trecento

sessanta quintuplicherò - e così

fino a che avrò niente in comune con me


Alessio Verdone (Caltanissetta, 1995) ha conseguito la Laurea Magistrale in Italianistica presso l’Università di Bologna nel 2020, con una tesi in Poesia Italiana del Novecento, intitolata «Sotto falso corpo»: Metamorfosi del soggetto nella poesia di Edoardo Sanguineti. Nello stesso anno è entrato tra i primi trentasei poeti nella selezione per il XV Quaderno di Poesia Italiana Contemporanea di Marcos y Marcos. Il suo primo libro edito, Le contraddizioni (Transeuropa 2020), è stato segnalato al XV Premio Internazionale Mario Luzi. I suoi testi cercano spesso di indagare, con l’ausilio del linguaggio e delle sue forme, il conflitto che intercorre tra la dimensione individuale e la dimensione collettiva nella nostra società.


Comments


bottom of page