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Immagine del redattoreMario Saccomanno

Nota di lettura a "La mar" di Francesco Accattoli

Le composizioni che conformano la raccolta poetica La mar di Francesco Accattoli (Amos Edizioni, 2021) sono sorrette dall’indagine – e dalla conseguente valutazione – di svariati principi, asserzioni, avvenimenti. Del resto, proprio tramite quest’analisi incessante, l’autore stabilisce il grado di autenticità (che porta con sé la credibilità e il valore) che possono presentare, di volta in volta, le molteplici affermazioni prese in esame.

Intanto, per entrare più a fondo nei contenuti, occorre soffermarsi in primo luogo sul titolo della raccolta. In merito, risulta proficuo sottolineare la scelta di utilizzare la lingua spagnola. La motivazione risiede soprattutto nel fatto che si tratta di un idioma in cui il sostantivo mar è comunemente utilizzato in entrambi i generi, sia al maschile, sia al femminile. Così, la scelta di avvalersi del femminile pone già un orizzonte entro cui circoscrivere i versi contenuti nella silloge, che diventano testimonianze, riflessioni, dubbi e approdi di chi ha familiarità col mare. A chiarire questo aspetto è proprio lo stesso Accattoli nella Nota posta a conclusione dei suoi componimenti in cui riferisce, proprio in merito alle differenze sull’uso del maschile e del femminile del sostantivo mar, che «tra la gente di mare (marinai, pescatori, etc.) è frequente il suo uso al femminile».

Infatti, sin dai primi versi si nota con semplicità come il mare sia respirato, vissuto e comunque presupposto in poesie sempre puntellate da questo legame con l’ambiente marittimo pressoché indissolubile. Accattoli mostra come il rapporto col mare vada cercato «con lo sguardo», debba essere vissuto in ogni forma, anche in quel suo farsi brughiera, bonaccia dove il pensiero diventa rugginoso, esposto al rimorso, oppure bassa marea, dove si fanno i conti anche (e, forse, soprattutto) con «qualche triglia di fango / e un vasto groviglio di resti».

Così, nelle tre sezioni in cui si divide il testo (Natanti, La Mar e Marine) i continui conflitti dell’agire trovano soluzione in un muoversi che, susseguente all’immergersi nella dimensione acquorea e, ancor di più, al suo attraversamento, evita un operare impulsivo, dannoso. In altri termini, è come se il mare fungesse da filtro, da zona mediale in cui riconoscere e riconoscersi per vivere in un modo altro.

Va da sé che questa ricerca presuppone di indagare oltre ogni spazio di quiete, che appare fin troppo costruito e, da qui, non veritiero. Da questo punto di vista, risultano emblematici due versi che racchiudono il pungolo esistenziale atto a spingersi oltre una condizione di staticità, al di là di un mero sostare: «Così poco sappiamo delle mareggiate / che quasi ci crediamo al riparo».

Attraversare le mareggiate, essere partecipi delle tragedie fin troppe volte poste ai lembi del proprio cammino («c’è / il mio sangue sugli scogli, nel legno / delle scale, c’è il mio urlo disabitato»), riuscire a guardare l’altro con piglio differente in modo tale da riconoscersi in esso («Il mare è il tuo cortile, il nostro, / è un modo di espiare»): è questa la forza del mare, è questo che rende fondamentale coltivare quel rapporto interdipendente cui si faceva cenno poc’anzi. Si tratta di curare se stessi attraverso una sorta di purificazione che, dai dubbi, indirizza verso nuovi approdi: «Nell’acqua non abbiamo odori, / siamo teste, corpi rigidi, detriti / di civiltà e sciame».

A questi aspetti, in conclusione, si può aggiungere che non ci si trova dinanzi a una mera cura per quell’esistenza spicciola, vincolata a determinati parametri. Certo, questa condizione è presupposta e indagata a più riprese, ma la dimensione verso cui si apre l’alfabeto poetico di Accattoli corrisponde principalmente, per dirla con Heidegger, a quell’essere nel mondo. Il che, al contempo, equivale a vivere seguendo lo stimolo di compiere la ricerca dell’autenticità dell’esserci.

 


La MAR, Copertina, Alma Poesia, Francesco Accattoli

 

Così poco sappiamo delle mareggiate

che quasi ci crediamo al riparo.

Poi ecco, i venti schiacciano le superfici,

incidono le onde. E si fa buio sul fondale.

Quando c'è mare, persino la bellezza

delle scogliere fa paura, tutta

la bellezza che abbiamo accumulato

in anni di bonacce.

Un rombo

alle spalle, il vento è forte

strofina i rami del bosco,

le corde tese.

Arriva la notte e non c'è pace,

guardi il vuoto mangiarsi il bianco,

a memoria conti il passo della corrente,

come tanti anni fa, sull'orlo

della battigia. Eravate in pochi, distanti,

qualcuno cadeva trafitto dalle creste,

altri pensavano ad un approdo.

Il mare. Non ci sono legni alla deriva,

lo guardi farsi muro, poi coperta, poi duro

senso di colpa, arrivare come febbre,

sudare acqua nell'acqua,

infine

delirare.

L'acqua che non si beve

ti chiama oltre il promontorio.

Le navi non hanno un corpo.

 

*


Questo mare oggi è un aggettivo

possessivo, è di nessun altro che mio, c’è

il mio sangue sugli scogli, nel legno

delle scale, c’è il mio urlo disabitato.

 

*

 

Non voglio essere uomo, voglio essere acqua,

oppure alga, curare

il mare, respirare, esalare

ossigeno, scoprire nel fondo le tane

di chi vive occulto o raramente,

per fuggire la rete, il ventre.

Vengo a trovarti, mare,

sono giorni difficili per le tue schiene,

cadono piogge inaspettate.

I vecchi dormono sulle loro ossa,

la corrente li porti in salvo,

Nei larghi spazi della rada.



Francesco Accattoli, Alma Poesia

Francesco Accattoli (Ancona, 1977) è docente di materie letterarie e latino nei licei. In poesia ha pubblicato Come acqua che riposa… (Stamperia dell’Arancio, 2002), Un tramonto sommario (FaraEditore, 2007), La neve nel bicchiere (FaraEditore, 2011), Lunga un anno (Sigismundus Edizioni, 2013) una plaquette accompagnata da sei opere della pittrice Linda Carrara. Nel 2015 viene invitato presso l'Istituto Italiano di Cultura di Cracovia a presentare lo spettacolo Lunga un anno poetry set, una videoperfomance tratta dall’omonimo libro che vede la collaborazione del regista Filippo Pesaresi e del chitarrista Daniele Cecconi.  Traduttore dallo spagnolo, ha curato la versione italiana del libro Las alas de Angela del poeta argentino Alejandro Pidello (Vydia Editore, 2017). Nel 2022 ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in linguistica, letteratura e traduzione presso l’Universidad de Málaga. Dal 2014 organizza il festival di poesia Sirolopoesia.


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