Nota di lettura ad "Alveare" di Elisa Ruotolo
In Alveare, la poesia di Elisa Ruotolo (Crocetti Editore 2023) ci porta proprio all’interno di un alveare immaginario, in cui tutte le coscienze protagoniste raccontano la propria storia. Sono vite dai ruoli ben definiti, ognuna è consapevole di sé e degli accadimenti che si succederanno nel loro percorso, nonché quelli succedutisi nella vita dei loro pari prima di loro. L’unico tempo indefinito è quello che precede la nascita, come ci dice la Pupa: «Ma alla fine mi toccherà una vita sola / non un andito secondario per fuggirla / o un abaco puntuale / nella conta dei giorni.»; «Nasco, e questa enormità non pesa niente, / questa solennità modesta / non fa rumore. / Sono qui / tra tanti / e non importa a nessuno». Ma gli insetti non sono rappresentati solo attraverso il loro pensiero razionale: prima e dopo l’accettazione della propria sorte, sognano e sperano la libertà e l’amore, soffrono la delusione («l’imprudenza di sognare l’oro e il miele / proibiti. / Non immaginano il tradimento del crescere / la dura piega che prenderà la schiena / quando sarà educata – nel primo giorno / alla disciplina della fame»; «Ridere, / vorrei ridere di cose leggere / non stare in questo chiasso di voci / che mentono allegria. / Pregare, / vorrei pregare e fidarmi delle parole»). La complessità sociale, quindi, impone dei ruoli da mantenere per il bene collettivo dell’alveare-stato («La Casa vale più di me» dice la Guardiola), per vederla con gli occhi di Hobbs. Ma differentemente dalle teorie contenute nel Leviatano, qui il vertice del potere vive un compito altissimo che implica il sacrificio costante. Nell’isolamento aureo della sua esclusività, sotto la minaccia costante della fine, anche la regina si consuma per adempiere al dovere, senza ottenere in cambio né gratitudine né affetto. È impossibile essere felici e, al contempo, impossibile pensare a una realtà diversa da chiamare “Casa”; questo termine compare ben diciassette volte, a prova del fatto tutta la comunità delle api riconosce questa spasmodica dell’alveare come unica dimensione abitabile.
Implicita protagonista di questa raccolta, dunque, è la solitudine. Ognuna di queste voci parla dalla piccola nicchia della propria esistenza, prossima alle altre ma non per questo vicina, nel senso più intimo del termine. Tutti sperano l’amore e la sorte dell’altro, ma con l’altro non parlano mai, non avviene alcun contatto che non sia rito e obbligo di routine. Inevitabilmente, l’umanizzazione della dimensione sociale dell’alveare comporta una metaforica riflessione sulla condizione degli esseri umani. Ma se qui ogni creatura vive una vita-destino e soggiace per natura a una determinata condizione esistenziale, con questa raccolta viene da chiedersi, passando anche attraverso le lezioni di Locke e di Kant, che cosa – in una società libera, si intende – invece limita e fa sì che le persone si autolimitino. E dove, quando, e – soprattutto – se, è possibile interrompere questo processo che troppo spesso, nella frenesia del quotidiano, ci rende dei chiusi micro mondi di rassegnazione vorticanti solo intorno al proprio asse, costruttori laboriosi di case, palazzi, città di solitudini.
Ma desiderare è scomparire
in una vita troppo grande:
il quotidiano muore
l’inferno sbadiglia
*
Non terrestre, né celeste
esisto nel pulviscolo eccitato dalla luce
ho poche abitudini – nessuna innocente
da quando conosco la piaga dell’azzurro
l’inferno delle opere
le intenzioni del guardiano che serra gli usci
contando le ore
*
Non ho imparato ancora
mi occorre tempo – altro tempo e un’inversione:
essere per sempre
morire per un pugno di vita.
Non ho imparato
Elisa Ruotolo è nata nel 1975 a Santa Maria a Vico (CE). Con nottetempo ha pubblicato nel 2010 il suo libro d’esordio, la raccolta di storie brevi Ho rubato la pioggia (Premio Renato Fucini e finalista al Premio Carlo Cocito; tradotto in Francia e Stati Uniti) e nel 2014 il suo primo romanzo, Ovunque, proteggici (Selezione Premio Strega 2014, finalista al Premio Internazionale Bottari Lattes Grinzane). Ha pubblicato anche Una grazia di cui disfarsi. Antonia Pozzi, il dono della vita alle parole (rueBallu, 2018). Nel 2019, per Interno Poesia ha curato il volume Mia vita cara. Cento poesie d’amore e silenzio di Antonia Pozzi e ha pubblicato con nottetempo la raccolta poetica Corpo di pane.
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