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Immagine del redattoreAlessandra Corbetta

Nota di lettura a "Gli eroi sono partiti" di Francesca Mazzotta

Equilibrio, precisione, disciplina, forza, ritmo sono tutte caratteristiche che appartengono al mondo della danza e all’ultima raccolta di Francesca Mazzotta che, per dirla con Lorca «cammina sull’acqua e dentro una fiamma». È una poesia che si è nutrita sin dalla prodigiosa raccolta d’esordio Reduci e redenti (CartaCanta Editore, 2016) della grande poesia italiana del ‘900, come quella di Ungaretti, Luzi, Montale, Sereni, Rosselli e che ne Gli eroi sono partiti (Passigli, 2021) compie il definitivo trapasso e si assesta in una lingua incontaminata che divora il contemporaneo più contemporaneo fino ad arrivare a una sperimentazione linguistica che conserva gli echi del plurilinguismo di Rosaria lo Russo.

Prende vita così, innestandosi su una metrica che fa un abbondante uso di versi tradizionali (settenari, novenari, endecasillabi) e di figure retoriche (reiterazione, anafora, paranomasia ecc.) una musicalità nuova, spesso dolorosa di un io deficitario che non si esaurisce in sé stesso, ma cerca nell’altro conferme della propria esperienza presente e passata: «i Lari proteggono le case / dalla furia / e quelle rondini, / ti accorgi del loro dileguarsi?» (Diluvio p.50). Questo tu, spesso si configura come un’assenza e rimanda alla dimensione dell’infanzia, un tempo in cui il lare, che per il bambino può essere un genitore o un eroe della Marvel, fungeva ancora da riparo, protezione che con il passare degli anni viene a mancare. È un abbandono che ritroviamo già nella raccolta d’esordio in cui potevamo leggere di un io-infante consapevole dell’ineluttabile trascorrere del tempo e conscio che avrebbe «presto retto i fili per forza / rottamato gli eroi carnevaleschi.» (p.12)

Il passaggio all’età adulta, con la rottamazione dei vecchi eroi, comporta però una rielaborazione degli stessi che da «alieni di gomma»[1](p.13) si aprono a diverse rappresentazioni possibili che, partendo dagli eroi mitologici come Ettore, Perseo e Enea si estendono ai personaggi della mitologia greca fino ad arrivare a includere, con un richiamo a Ungaretti, i soldati (Trincea p.18): ovvero gli eroi che, si legge, «sono partiti ed era autunno». Ma comprendono anche, in una raccolta capace di addensare memoria antica e biografia, tutte quelle persone (famiglia, amicizie, i tu indefiniti) di cui l’io si è nutrito negli anni e di cui ora percepisce l’allontanamento-perdita: «Nel mio bicchiere nuotano orche bianche / mentre rivedo un volto che mi manca» (Grido p.52).

La capacità di coagulare tutti questi aspetti fa sì che la poesia anfibia di Francesca Mazzotta sappia essere fuoco e acqua, tradizione e innovazione, originalità e straordinaria potenza proprio come un eroe.



Trincea


Lo distingui lo straniero senza torcia?

sibilava al mio orecchio dentro il buco

mentre oltre il sipario disegnato

dai fogliami, a elemosina del vuoto

c’era la notte ferma lapidaria

ci subissava fino a darci il sonno


Distinguo solo l’orma di chi fugge

non che si appressa, ma si è fatto tardi

non torneranno in tempo, forse mai


le lumache si infossano con noi

gli eroi sono partiti ed era autunno

e queste mani opache ora hanno freddo


Tauromachia


L’invidia degli dèi non ti risparmia

mentre severo assisti a quella gara

di bestie nere polvere bufera

tra te il presente e te il passato e te


poi sopra i corpi scende la preghiera

– il toro morto ha ucciso l’altro toro:

le cantilene sposano l’abisso.


Né vinto né vincente ti allontani

lasci la sedia vuota, amaro guardi

il faro dell’arena affievolirsi.


Ma tornerai ancora, come torna

la cenere fedele ai roghi spenti

che coglierai dall’aria diligente

di giorno in giorno, per colmare l’urna.


Falene


Mi vorrai sempre bene è la domanda

che ti rivolgo spesso sottovoce

se Palinuro cadi dentro il sonno

né so chi sono né sono al sicuro

è rito e ritmo, ovvero solamente

misura che cadenza la paura:

andare avantindietro per la stanza

e circumnavigare il tuo respiro

ma i mari sono secchi mentre dormi

– zecca mi abbevero sulla tua pelle

rimane esangue un petalo cosparso

di falene. Adesso sii sincero


mi vorrai sempre bene?

[1] L’autrice spiega in una nota che si tratta degli «exogini, piccoli giocattoli vintage di gomma.» (p.89).


Francesca Mazzotta è nata a Firenze nel 1993. Ha conseguito la laurea magistrale in Italianistica all’Università di Bologna con una tesi sul poemetto novecentesco e è attualmente dottoranda all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Nel 2015 ha vinto il premio di poesia Elena Violani Landi e nel 2016 il premio InediTo – Colline di Torino, grazie al quale ha pubblicato la sua raccolta d’esordio Reduci o Redenti. Nel 2018 ha pubblicato il prosimetro Umbratile e nel 2021 per Passigli Editori Gli eroi sono partiti, opera finalista al prestigioso premio letterario Giuseppe Dessì.

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