Valentina Demuro
Nota di lettura a "Fuoco bianco" di Irene Ester Leo
Come dei piccoli quadri cesellati, le poesie di Irene Ester Leo in Fuoco bianco (Capire Edizioni, 2019) rendono visibili al lettore le geografie del sentimento con la delicatezza delle sospensioni, di numerosi elementi che si sfumano (albe, odori, nebbie) e di colori caratterizzanti, ora netti e accesi, ora morbidi e gentili, senza però perdere la forza e la concretezza del significato con calibrata scelta di riferimenti e punti fermi. Le identità delle persone, delle cose e della poetessa stessa si sciolgono spesso in quella dei paesaggi, della natura e degli spazi attraverso metafore e immagini ampie. Si crea, così, una commistione che allarga la vista del lettore e stupisce sempre «si potessero in estensione abbracciare gli spazi del sistema solare in te, / a me a te non esiste fine ma orizzonte» ma non disperde, poiché vengono talvolta fornite precise coordinate «Dio nelle tre direzioni. / Vicinanza lontananza / profondità obnubilata».
Come già il titolo suggerisce, l’elemento principe di tutta la raccolta è il fuoco; in quasi tutti i testi ci sono le fiamme, il fuoco oppure verbi e aggettivi semanticamente vicini, che esprimono tutta la forza di una poesia che non ha bisogno di versi aspri o durezze per mostrare la propria intensità. È un fuoco che, per l’appunto, arde bianco, limpido e nitido, come una dichiarazione «Ti proclamo carezza di fiamma / mio, hai occhi di fiamma, Amore».
Si accendono anche i suoni, i colori, le immagini e ogni cosa si esprime con potenza, osservando, comunque, una certa misura, un’armonia. Si viene colpiti direttamente al cuore e gli affetti cantati diventano gli affetti del lettore che conosce la terra della Leo, quel Salento che funge talvolta da sfondo e che altre diviene coprotagonista, si innamora in un abbraccio, tiene in grembo una figlia e annovera nella lettura tutti i propri cari. La limpidezza della scrittura viene anche dalla precisione dei numeri «sei farfalle gialle, sei il giorno delle sei, il sogno delle tre ha uno strappo»: queste sono intuizioni solide, numeri come base per lo slancio del corpo-poesia che si sviluppa e compone continuamente coinvolgendo sensi e razionalità.
L’equilibrio quasi matematico, le geometrie degli spazi, i tempi, i suoni e le onomatopee danno ai testi un ritmo, una musicalità intrinseca e consapevole (si rivela persino nella scelta dell’ Epilogo in tre tempi a chiusura della raccolta) che completa la ricchezza di contenuti che incuriosisce, meraviglia e infligge una luminosa “ferita” in chi legge.
E leviamoci le scarpe salutando la base prima che le altezze. il dolore che lascia il punto sul dito si mescola il rosso alle tue labbra riparatrici. Non ho il manuale delle buone intenzioni ma la ritmica veloce del battito, le speranze arruffate. A mia discolpa mi innesto senza guardare per gemmare nella mente, dove ancora ti cerco * Se esistono occhi sereni restino tra due fughe buie oltre lo sguardo. Trema il merlo all’alba tra le gore. Sconfinato come il fuoco, di chi è il fiato che accarezzi? Tutto è febbrile ma nulla accade due volte se esistono i tuoi occhi
* Il sogno delle tre ha uno strappo il risveglio è sidereo il giorno è nei quattro minuti in assenza, ramo verde sulle costole, Dio nelle tre direzioni. Vicinanza lontananza profondità obnubilata. Animo sagittabondo la forma lasciata alla terra suona di Grecale
* Girondolavi potente papavero della gloria chimica, Dio, sei intero nella vita che ho visto. L’azzurro e il violetto hanno compiuto il gioco ma agli occhi il bianco è solo bianco. Questo il modo di affilarci. È il carattere della primavera illesa in campi di graminacee . Siamo indelebili
Irene Ester Leo (1980) salentina, laureata in storia dell’arte, critico d’arte e letterario. Ha pubblicato: Canto Blues alla deriva (Besa 2007); Sudapest (Besa 2009); Io innalzo fiammiferi (Lieto Colle 2010) con prefazione di Antonella Anedda (Premio Letterario Nazionale di Calabria e Basilicata I^ Edizione 2010 primo classificato); Una terra che nessuno ha mai detto (Edizioni della Sera 2010) con prefazione di Andrea Leone; Cielo (La Vita Felice 2012) con prefazione di Davide Rondoni (Premio Laurentum 2012 libro edito di Poesia secondo classificato). Nel 2007 ha ricevuto dal Teatro di Musica e Poesia “L’Arciliuto”di Roma un riconoscimento di merito e nel 2019 presso il concorso letterario ”Inedito” di Torino un menzione d’onore. I suoi versi sono stati tradotti in lingua spagnola, per l’America Latina, e in inglese su riviste internazionali. Videomaker, ha ideato la rubrica visiva "CortoPoesia", ispirazioni video sui versi della poesia contemporanea.
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