top of page
Facebook Cover Photo.png

Le Rubriche di Alma: Alma & Scataglini (II Appuntamento)

  • Immagine del redattore: Sara Serenelli
    Sara Serenelli
  • 23 giu
  • Tempo di lettura: 7 min

«El mio ordinato inferno»: E per un frutto piace tutto un orto di Franco Scataglini

 

E per un frutto piace tutto un orto


La pazienza de i orti

dietro a le reti lasche.

Arbori e ciafi morti:

cassete, pelli, fiasche.

Però ‘na luce splende

su quei grovigli imoti:

sopra ‘n ramo s’acende,

rotondi, i fruti loti. [1]

 

Seppure Franco Scataglini pubblica la sua prima raccolta nel 1950, Echi, i cui versi sono “dettati” in italiano, il suo vero esordio poetico, quello nel quale si riconosce la sua voce più autentica, quella in vernacolo anconitano, unicissima, coincide con la pubblicazione di E per un frutto piace tutto un orto del 1973. La sua prima raccolta in dialetto anconetano che pubblica sotto consiglio di «Carlo Antognini, editore e critico di spicco ad Ancona e personaggio di notevolissimo rilievo»[2], la pubblica per i tipi dell’Astrogallo, con una prefazione di Plinio Acquabona. Sin dai versi di questo esordio in vernacolo anconitano si capisce, si comprende uno degli elementi fondanti della poetica di Scataglini, o meglio del suo modo di stare dentro e di fronte alla poesia: mentre scrive il poeta si salva, e a lei e proprio a lei, a lei soltanto attribuisce un potere salvifico che non può riconoscere in nient’altro né trovare altrove: la poesia è per Scataglini non mera rappresentazione, né mera raffigurazione, men che meno mera esibizione di sé: della poesia Scataglini «fa una sorta di eterno linguaggio, un modo di parlare, di essere»,[3] di stare nel mondo, nella vita, nelle cose. Nota acutamente Paolo Canettieri nell’Introduzione all’opera omnia uscita per Quodlibet nel 2022:

 

Chi ha compulsato i suoi taccuini alla ricerca di poesie inedite sa quanto sia difficile discernere il poetico dal quotidiano, perché tutto, davvero tutto, può essere versificato. Scataglini parla e scrive in poesia, pensa ragiona, considera, specula e riflette in versi. Sconfiggere la depressione, il buio, il mutismo degli ultimi e di sé, l’assenza della parola che è propria del depresso e del popolano, ma anche l’euforia loquace che ne può derivare.[4]

 

Tutto, dunque, può diventare poesia in Scataglini. E davvero questo si percepisce sin dalla prima raccolta in dialetto anconetano: diventano poetici gli amici, i sodali, la famiglia, che rivive nei versi con una affettività mai taciuta, mai celata, il proprio io lirico, ma anche il sé reale e fallace, perituro, a volte sottratto alla luce della vita, e ancora le città, i luoghi, sui quali spicca Ancona assieme a Milano vissuta nell’infanzia, e ancora i giardini, gli orti, gli eroi e le eroine del mito, e poi il mare, onnipresente «metafora del senso di società e di comunità, che dopo aver diffuso nel tempo e nello spazio i cerchi suscitati dall’immersione di un coco [sasso], che smuove appunto le acque, poi “ritorna da sasso”, nell’indifferenza placida»[5], e poi il cocale, ovvero il gabbiano «al quale il grido resta chiuso in gola e rende perfettamente l’inesprimibile», e tutta la fauna ittica e le piante e i fiori e gli oggetti. Ogni cosa Scataglini sa trasformare in poesia, già dal suo esordio, perché è con gli occhi del poeta che guarda il mondo, con la poesia che lo digerisce: 

 

Sostanzialmente credo che la poesia sia una sorta di riflessione sull’esistere (che non è filosofica perché figurale), una riflessione che passa attraverso quelle vie in parte segrete che ci legano al mondo intramandoci a tutte le diramazioni dell’umano. Io non potrei capire niente di me e della vita se non avessi scritto poesie. Se poi l’altro -attraverso la mia scrittura- fa la stessa esperienza, io ne sono felice.[6]

 

E Scataglini riesce magistralmente con la poesia a “intramarsi” e farci “intramare” a tutte le diramazioni dell’umano, abbracciando tutto, e nel farlo è in grado di accordare l’intellettualità «a una materia vivamente autobiografica», la pienezza del reale alla sottotraccia dei riferimenti colti:

 

Madrigalino

 

In tanta nebia, tanta

tra breci e ipocastani,

un canario che canta

saría ne le tue mani.

 

In esta nebia imota

saría, senza divario,

un pesciulì che nuota

nei tui ochi d’aquario.[7]

 

*

 

Me resta la parola

 

Sopra la mia batana

se tufa giù ’n cocale,

me grida, guturale,

s’inarca e s’alontana.

 

Rispondería repente

ma chiusa ’nte la gola

sicome un balbuziente

me resta la parola.[8]  

 

Scataglini possiede la capacità preziosissima di «alternare riferimenti coltissimi e rari, propri del mondo poetico duecentesco, con motivi e lemmi del contado o della marineria anconetani».[9] Non è un caso che proprio il primo libro E per un frutto piace tutto un orto, tragga il proprio titolo da un verso della canzone Amando lungiamente di Giacomo da Lentini (v. 32) e che proprio in esergo, nella poesia esordiale, Scataglini citi alcuni versi di Giacomo da Lentini, mimetizzando tuttavia un proprio senario al posto dell’ultimo verso, e menzionando il Notaro al terzultimo verso:

 

«Dai ochi m’arosa

un’aqua d’amore

che sape de rosa»

 

            Jacopo da Lentini

 

Tre versi che ben sona

in ’sto libro in brossura:

tre versi che se dona

da ’n’antiga scritura.

 

Dice pianto d’amore,

è però pianto lieve:

tre versi de colore

rosa su un foio de neve.

 

Maestro d’un maestro,

Jacopo da Lentini,

cosa ciavrà ’n canestro

’sto Franco Scataglini?[10]

 

In questo primo libro, composto per la maggior parte di poesie di argomento amoroso («solo el vero amatore / pole provà dileto / a esse ’n poro oggeto / ne le ma’ de l’amore»[11]; «vorìa bagiatte el riso / in gola, a la sorgente: / bagnamme tuto el viso / ’n quel sasso trasparente. // Come un’oliva tonda / in fondo a ’n rivu chiaro, / ’nte l’acqua che m’inonda / io perdería l’amaro»[12]), c’è già tuttavia ad emergere con forza anche la traccia di un poeta che si annovera nella schiera di coloro che sono persi e perdenti, c’è il senso della perdita e anche dello smarrimento, c’è una presunta incapacità di parlare, marchio genetico ereditato dal padre. Un padre, Fernando, “muto” che morendo lascia al figlio in eredità un giardí, orto-giardino che diventa motivo particolarmente creativo e produttivo in tutta la poesia di Scataglini:

 

M’hai lasciato un giardí

 

C’è che lascia un poema

e chi non lascia niente

perché esse muto è ’l tema

de vive, in tanta gente.

 

Però te m’hai inganato,

vechio, e pe’ non morì

muto com’eri stato,

m’hai lasciato un giardì.[13]

 

Scataglini sembra cercare una via di fuga, esemplificata nella figura di quel giardino ricevuto in eredità, fuga da sé stesso e fuga dal reale a cui pure però rimane così attaccato con i suoi versi. Il giardino, l’orto permette questa fuga anche quando si presenta in tutta la sua ambivalenza, ora aulico ora rustico, ora colto nelle sue declinazioni evocative, ora invece nelle sue più materiche implicazioni. E così anche il poeta è scosso e mosso da opposte polarità: Scataglini angelo, Scataglini animale:

 

 

Cosa sai de ’sto cargo

 

Cosa sai te che ciài

aprile ’nte’l cappoto

guarnito de tasso,

el fioletto che ’l passo

cimenta (risi e lai)

sui breci, ’nt’un fagoto

de panni chiari;

te che così sigura

sciòi a la vita ’l core

de cura in cura,

moie e madre, signora,

in mezo al fiato largo

de vento e de foiame;

cosa sai de ’sto cargo

d’assoluto che insabia

la rena d’un fondale,

de ’sta povera rabia

d’angelo e d’animale?[14]

 

Il testo che chiude la raccolta Teatrini d’ombre è particolarmente significativo, posto a clausola di un percorso che ondeggia tra queste opposte polarità, e che si riconferma ancora in chiusura in una dialettica tra ombre e luci:

 

Finestre iluminate

pe’ le viuze sgombre:

pare teatrini d’ombre

in ’ste noti d’estate.

 

Se move senza posa

le snele figurine

in rilievo, turchine

sopra quei schermi rosa.

 

Rècite senza ’n filo

de trama, come ’n sogno.

Però resta ’l bisogno

d’indovinà ’n profilo.[15]

 

 

Resta, quindi, il bisogno di indovinare un profilo, di scorgere e riconoscere qualcuno o qualcosa in mezzo a quell’ «ordinato inferno»:[16] la realtà diviene una figurazione, una rappresentazione ombrata, dove la luce arriva scarsa, e dove riconoscere sé stessi è ancora più difficile e doloroso. Gli altri, sul finale, non restano che uomini e donne conoscibili come «rècite senza ’n filo / de trama, come ’n sogno»[17]. Scrive Scataglini di essere «’n’ ombra che camina: / l’ombra di un omo solo»[18] eppure come la sua Aquila anchilosata «quando che se fa sera / e de violeto è i muri, / sogna i fondali ch’era / i sui stellati oscuri».[19]



[1] F. Scataglini, E per un frutto piace tutto un orto, in Id., E per un frutto piace tutto un orto, prefazione di Plinio Acquabona, Edizioni L’Astrogallo, Ancona 1873, ora in Id., Tutte le poesie, avvertenza di Giorgio Agamben, Prefazione di Pier Vincenzo Mengaldo, a cura e con un saggio introduttivo di Paolo Canettieri, Quodlibet, Ancona 2022, p. 58.

[2] P. Canettieri, Introduzione a F. Scataglini, Tutte le poesie cit., pp. XXV-CV: pp. XXVII.

[3] Ivi, p. LI.

[4] Ibidem.

[5] P. Canettieri, Introduzione a F. Scataglini, Tutte le poesie cit., p. LVII.

[6] D. Rondoni (a cura di), La pianta della poesia (Conversazione con Franco Scataglini), «Clandestino», V, 4, 1992 si cita da P. Canettieri, Introduzione a F. Scataglini, Tutte le poesie cit., p. LIV. 

[7] F. Scataglini, Madrigalino, in Id., E per un frutto piace tutto un orto, ora in Id., Tutte le poesie, cit., p. 25.

[8] F. Scataglini, Me resta la parola, in Id., E per un frutto piace tutto un orto, ora in Id., Tutte le poesie, cit., p. 9.

[9] P. Canettieri, Introduzione a F. Scataglini, Tutte le poesie cit., p. LVII.

[10] F. Scataglini, «Tre versi che ben sona», in Id., E per un frutto piace tutto un orto, ora in Id., Tutte le poesie, cit., p. 7.

[11] F. Scataglini, Solo el vero amatore, in Id., E per un frutto piace tutto un orto, ora in Id., Tutte le poesie, cit., p. 33.

[12] F. Scataglini, Come un’oliva tonda, in Id., E per un frutto piace tutto un orto, ora in Id., Tutte le poesie, cit., p. 24.

[13] F. Scataglini, M’hai lasciato un giardí, in Id., E per un frutto piace tutto un orto, ora in Id., Tutte le poesie, cit., p. 19.

 

[14] F. Scataglini, Cosa sai de ’sto cargo, in Id., E per un frutto piace tutto un orto, ora in Id., Tutte le poesie, cit., p. 43.

[15] F. Scataglini, Teatrini d’ombre, in Id., E per un frutto piace tutto un orto, ora in Id., Tutte le poesie, cit., p. 63.

[16] F. Scataglini, El museo che insognai, in Id., E per un frutto piace tutto un orto, ora in Id., Tutte le poesie, cit., p. 15.

[17] F. Scataglini, Teatrini d’ombre, in Id., E per un frutto piace tutto un orto, ora in Id., Tutte le poesie, cit., p. 63.

[18] F. Scataglini, So’ come un viagiatore, in Id., E per un frutto piace tutto un orto, ora in Id., Tutte le poesie, cit., p. 13.

[19] F. Scataglini, Aquila anchilosata, in Id., E per un frutto piace tutto un orto, ora in Id., Tutte le poesie, cit., p. 59.

Comments


Alma Poesia © 2019

Founder: Alessandra Corbetta

bottom of page