Le Contaminazioni di Alma: "Non è la fine del mondo" di Maddalena Lotter
- Giuseppe Cavaleri

- 11 nov
- Tempo di lettura: 4 min
Nel saggio L’oltre - Poesia, Terzo paesaggio, Terza natura?, da poco uscito per il Saggiatore, Laura Pugno a un certo punto si chiede «cosa significa scrivere nel momento in cui l’orizzonte del tempo a venire […] potrebbe interrompersi, addirittura cancellarsi?».
La nuova raccolta di Maddalena Lotter Non è la fine del mondo (Mar dei Sargassi, 2025) sembra partire proprio da qui, dalla sparizione della vita così come noi la conosciamo. Fin dal prologo viene descritta infatti l’immagine di un’Europa ridotta a «taglienti picchi di nera roccia / e fuoco». Nelle successive si parla di naufragi, leggiamo di forme di vita plurioculari, si viene sbalzati verso potenziali pianeti abitabili (ma da chi poi, la domanda di fondo).
La Storia, evocata sottoforma di relitti navali e aerei nella prima sezione, in quelle successive continua «distante e greve» da qualche parte, in costellazioni e ammassi globulari per ora remoti. Una vicenda post-umana dove è il tubetto di plastica di una crema solare a testimoniare le tracce di una vita che fu.
Terremoti e senso di straniamento dove poter abbattere qualsiasi posa antropocentrica, esplorando un oltre fisico e temporale non ancora “colonizzato”. Archiviato il tempo (e il peso) dell’Antropocene, lo spazio interstellare obbliga dunque a postulare la scomparsa dell’umano al centro di una narrazione. In un pianeta Terra ormai retrocesso a rudere archeologico (e subacqueo), tocca ripensarsi trilobiti o intelligenze artificiali per captare le forme della vita e del modo in cui la si esprime.
Oltre l’incontro già di per sé affascinante tra fantascienza e poesia, vediamo nei testi di Lotter l’ibridazione di immaginari e topoi (distopie, sci-fi ma anche rettili e rimandi al metal e ai Looney Tunes) e una lingua piana, ma allo stesso tempo consapevole, capace di nominare le cose del mondo, come sottolinea Marco Malvestio nella post-fazione.
Qualche tempo fa avevo scritto del libro di Gianluca Furnari, Quaternarium (Interno edizioni, 2024); nel libro si parlava di spazi interstellari, transumanesimo e apocalissi. Come nel lavoro di Lotter, le coordinate spazio temporali erano siderali e la presenza umana occupava solo una parte, peraltro pericolante. Nel 1967, quasi un era geologica fa verrebbe da dire, Zanzotto in uno dei suoi scritti parla di “giusto” antropocentrismo”[1] in riferimento al rapporto che l’essere umano instaura con il territorio, creando così un paesaggio. I testi di Lotter e di Furnari mettono in atto invece il fallimento di questa visione, l’acredine di una generazione schiacciata dall’eco ansia e dalle storture produttive ed economiche che sogna «di vivere un giorno /nuovamente senza rimorso». Alla fine del Quaternario di Furnari si liquefanno infatti le strutture storiche, linguistiche e biologiche mentre il libro di Lotter si chiude con un rifiuto non umano. Una sonda inviata in esplorazione si rifiuta di comunicare, un atto di disubbidienza robotica che suona quasi come un monito anti-coloniale, un invito a non « agire sui mondi», ma a «contemplarli, non per interromperli».
Escluse nobili eccezioni, per tanto tempo la (fanta)scienza non è stato affare per i poeti. Narrazioni del post-umano, del trans-umano sembrava che non potessero avere a che fare con i versi, che dovevano invece guardare la realtà, restituircela con sguardi nuovi, più o meno soggettivi. Ma è invece proprio il terreno dell’ipotetico dove far deflagrare il rapporto conflittuale che si vive con la realtà, liberandosi dal «pensiero ossessivo della fine». Nella teorizzazione di terzo paesaggio[2] del biologo Pierre Clement, dal cui nucleo si è originato il saggio di Pugno, ci si sofferma sullo scarto, sulle rimanenze, su ciò che è escluso. I testi di Non è la fine del mondo sembrano andare nella stessa direzione. Nell’idea che l’azione non coincida unicamente con il movimento, la furia, ma anche con la contemplazione, con un differente modo umano di porsi e di pensarsi all’interno della storia e del mondo.
[2] Gilles Clément, Manifesto del Terzo paesaggio, Quodlibet, 2005

Nel futuro trovarono un modo
per accorciare le tratte interstellari
e raggiungere mondi lontani:
il grande Ananke,
un nero passaggio.
A quel punto era quasi indispensabile
essere felici
di vivere un giorno
nuovamente senza rimorso,
fondare colonie
green
e segnare una linea sulla Storia
buttare tutto alle spalle
di un altro corpo celeste,
come a dire che è un nostro diritto
e che noi non c’entriamo niente
con quel relitto
ricominciare su un’altra Terra da un anno zero
così, facilmente.
*
Ogni inizio sembrerà una fine a qualcuno.
Ovunque potesse la frana
franava
e le rocce cadevano sulla terra
lasciando solchi colossali,
donne e uomini correvano in mare
pensando di proteggere i figli.
Gli uomini che tutt’a un tratto
confidavano nel mondo,
si aspettavano di essersi salvati
nobilmente invece, leoni e lupi
e le testuggini solenni
guardavano la terra sgretolarsi.
PRIVATE
Mi hanno scritto, mi hanno chiamato
io non ho ancora risposto.
[…]
Sono tentata di rimanere qui ad ammirare,
di non gestirle più le sonde,
di smetterla di indagare.
Forse a questo punto della missione
io sono l’unica
che può decidere cosa fare o non fare.
Tutto di Kepler sembra dirmi
che sono venuta qui per questo,
per godermi la vista.

Maddalena Lotter (Venezia, 1990) esordisce nel 2015 con il libro di poesie Verticale (Lietocolle&pordenonelegge, collana gialla). Nel 2019 pubblica una silloge dal titolo Questioni naturali all’interno del XIV Quaderno italiano di poesia contemporanea (Marcos y Marcos, a cura di Franco Buffoni) e, nello stesso anno, Mala, un progetto di poesia e illustrazioni (Collana Isola, diretta da Mariagiorgia Ulbar). Nel 2022 pubblica il suo secondo libro di poesie, dal titolo Atlante di chi non parla (Nino Aragno editore, collana “i domani” diretta da Laura Pugno, Andrea Cortellessa, Maria Grazia Calandrone). Nel 2025 pubblica il suo terzo libro di poesia, dal titolo "Non è la fine del mondo", per l'editore Mar dei Sargassi (collana Apnea, diretta da Giuseppe Nibali) con il quale intraprende un dialogo tra lirica e narrazione fantascientifica. È stata co-curatrice della collana di poesia A27 di Amos Edizioni.




Commenti