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  • Immagine del redattoreGiuseppe Cavaleri

«In mezzo a questo vento forestiero»: recensione a "Ossa di crita" di Massimo Barilla

L’argilla, la “creta” nei dialetti meridionali, è uno tra i materiali più affascinanti e ricchi presenti in natura. Se questo sedimento si mischia all’acqua diventa una miscela liquida e fangosa che impasta le mani. Se, invece, si lascia ad asciugare diventa rigido, refrattario a qualsiasi trasformazione. Nella silloge del drammaturgo e registra reggino Massimo Barilla dal titolo Ossa di crita (Mesogea, 2020), l’argilla richiamata nel titolo è la memoria stessa che, impastandosi ai ricordi, trova la giusta miscela e si solidifica in testi che l’autore, non si può non notarlo, sente (e scrive) con urgenza e con sincera fiducia nelle stesse parole.

La raccolta di Massimo Barilla corre lungo i tre assi temporali, specchio di tre assi generazionali che si confrontano e si specchiano tra loro:


1) il passato, che ricorre con la forza di immagini dure e dolcissime: il giallo degli acetelli (sucamele in dialetto) «dentro gli occhi graffiati dal pianto»;


2) un presente fragile, perenne tempo di mezzo, dove il figlio adesso padre si guarda intorno, cercando «in mezzo a questo vento forestiero» nuove risposte, «germogli di vita nuova».;


3) il futuro, che non può arrivare se non in forma di domanda, di interrogazione a chi, le generazioni future, ne detengono, apparentemente, il segreto.


Le parti più riuscite della raccolta sono quelle dove i versi dimenticano sé stessi e provano a legarsi alle immagini senza ulteriore giudizio. Poesia di parole semplici, essenziali che acquisiscono verso dopo verso consistenza, lasciando che si esprima tutta la forza ancestrale che ogni dialetto, in questo caso quello reggino dell’autore così simile a quello siciliano di chi scrive, ancora serba. Un ruolo di primo piano spetta anche al paesaggio e ai luoghi richiamati tramite versi brevi e musicali, dove però non mancano le dissonanze, gli inciampi e le durezze che solo un rapporto forte con le proprie origini riesce a svelare.

La vicinanza ad altri autori dialettali meridionali, Buttitta su tutti, a cui è anche dedicato un componimento, si sente nella sfrontatezza con cui nel dialetto, e di riflesso per questa raccolta in italiano, si tirano fuori i grandi temi, i grandi topos senza alcun timore. Dalla morte verso la quale l’autore si domanda «Con quale coraggio / scende con falce a tagliare / la vena del cuore», al vento «che viene / neppure lui sa da dove», fino all’amore «che non conosce strade / […] e spunta dietro agli angoli» e al Sud «la grande madre» che «ha la faccia / segnata dal sole» e «un mondo / di figli / divisi dispersi».

L’inquietudine che tra scorci di storia personale e lampi di storia collettiva viene evocata trova così nei versi un suo suggello, una sua maniera di calcificarsi, pur rimanendo per sua natura irrequieta e aperta a ogni fruscio di vento, a ogni abbaglio di bellezza che di tanto in tanto appare e che diventa rivelativo di un modo di essere, di stare al mondo.

In fondo, a pensarci bene, la poesia è un po’ come l’argilla.


Massimo Barilla (Reggio Calabria, 1972), drammaturgo, poeta, sceneggiatore e regista, già direttore del Teatro Siracusa di Reggio Calabria, è responsabile dell’area culturale della Fondazione Horcynus Orca di Messina e dirige Mana Chuma Teatro (Premio della critica 2019), per la quale ha scritto e diretto, tra l’altro, Spine (2003); Di terra e di sangue (2005);’70voltesud (2007); Come un granello di sabbia /Giuseppe Gulotta, storia di un innocente (2016); F-Aìda (2019). Per il cinema ha scritto e diretto il film 26 settembre 1970 / il cielo limpido, ed è autore di soggetto e sceneggiatura del lungometraggio Primula Rossa (2019). Ha pubblicato: Ossa di crita (Mesogea2020), raccolta di poesie in dialetto reggino, riprese anche nella guida letteraria Stretto di carta di Dario Tomasello (Il Palindromo -2021); il racconto Tre ombre piccole davanti al mare in AAVV Dentro più dentro dove il mare è mare (Historica – 2021); ampi estratti di due sue drammaturgie in 1990-2020. Le théatre italien en résistance (edition theatrales – Francia 2020). Ha tradotto dal maltese con l’autrice e con Virginia Monteforte il volume di poesie di Elizabeth Grech, Terre sospese (Capire edizioni – 2019). Ha rappresentato l’Italia al Malta Mediterranean Literature Festival 2018.

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