Gli inediti di Davide Cortese
Con la sua poesia Davide Cortese, come questi inediti testimoniano, riesce a creare un terzo spazio, collocabile tra il reale e l'onirico; un luogo con le caratteristiche dell'urbe metropolitana ma assimilabile anche a un non-luogo, secondo la definizione di Marc Augé; ed è proprio questo paesaggio a essere protagonista della scrittura, più che le azioni che in esso si svolgano o gli io che qui si muovono.
Con un lessico che si discosta da qualsiasi lirismo, Cortese ricrea anche nella terminologia uno stato di inevitabile alienazione, perché l'altrove descritto fatica a farsi casa e a ospitare chi lì prova a entrare, procedendo con passi più vicini all'andamento della macchina che a quelli dell'essere umano.
Un habitat inadatto, insomma, che sembra dare forma alle paure e alle storture che popolano la mente e che, come in loop perpetuo, non vogliono abbandonarci.
Vado in giro. Non so che forma
avrà la serata, riavvolta dal quartiere
oppure traslata nell’onirico:
di strada in strada, campiture di edifici
simulano l’assillo del sogno,
come volute nervose.
La vegetazione insiste: una patina oculare
fosfeni attorno al semaforo riflesso
nel passaggio sotteso –
*
Sono come i miei cani
i sociologi
non amano la pioggia. Febbrili si scrollano
domande viziate
sulla percezione di un luogo –
certo, preso dall’umido ma non serve:
tutto si ossida attorno ai binari,
specie i muri di contenzione, trasportano ruggine.
La vista si perde nei multipli
di traversine, scortate lontano
dal marciapiede –
per due per quattro per sei per otto –
l’assillo dei conti, quando
riprende il circo della stagione
di pollini
e quelle vie sbarrate al respiro. Dovrei
riavvolgermi nel freddo, ovviare
rimandi e legacci, comunque
avvinto a questioni limitrofe.
Ma il tracciato annienta gli oggetti
se non quelli riconducibili
a biografia psichica.
Anche la tua bocca circola a vuoto
espulsa per argomenti campione.
*
Pare che il cibo sia legame
o forma di contatto con la «realtà» –
il proverbiale piatto di lenticchie, per me
sono mozzarelle panini canestrelli
glassati al cacao, tonno e salate torte all’uso;
ciò che è certo: non ho problemi, prendo peso.
D’altronde i surfisti
sembrano foche spiaggiate
e non mancano di far mostra di sé: una cresta e poi un’altra
un cavo lento, a strappi
un tubo, incerti rinunciano traballando
all’ennesima onda.
Dal pennello qualcuno brandisce una frusta
e la rivolge al mare (pesca a mosca)
che pensi forse di essere Serse o forse
in Danimarca?
*
Una voce sovrapposta, può darsi
sdoppiata a stilare la stazione-magazzino.
O ancora: un mondo
ferroviario insinuato nella testa e di riflesso
si è spinti in un loop;
in un repertorio
che porta sempre al suo interno. Tipo:
stracci come organi senza corpo, vestigiali per il loro
disporsi fra i binari. Quindi il luogo raduna vite,
suoni in ebollizione
uno scalpicciare insistente prepara
la suggestione che qualcuno t’insegua.
Serrato a vagoni spenti
nel pugno (nel buio) la chiava – una trentasei
– «gli farò saltare il sorriso».

Davide Cortese (Genova, 1994) è incluso nell’antologia Planetaria. 27 poeti del mondo nati dopo il 1985, a cura di M. Dagnino-A. Pellegatta, Taut, Milano 2020. Sue poesie apparse su: «La Repubblica – Bottega di poesia» a cura di Maurizio Cucchi; «Inverso – Giornale di poesia». Altre sono state accolte nell’antologia Mitologia del rio (Vol.II) su «LiberoAmerica» a cura di Emilio Martinez Panana. È stato finalista al Premio Cetonaverde Poesia 2023 – sez. Certame. Ha pubblicato la monografia Fuori dalla libertà. Bas Jan Ader e i rituali dell’abbandono, Edb, Milano 2017 (prefazione di Paolo De Lucia; disegni di Massimo Dagnino); e un catalogo di disegni Natura intermittente, Edb, Milano 2018 (Prefazione di Massimo Dagnino). È autore di recensioni a libri di poesia su riviste cartacee e online («Nuovi argomenti», «L’immaginazione», «Rainews Poesia», «Golden Blog», «Trasversale», «Anthos») e di interventi in volume sul disegno.
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