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  • Immagine del redattoreAlessandra Corbetta

Nota di lettura a "Ricami dalle frane" di Antonio Spagnuolo

È possibile tenere insieme qualcosa che si è frantumato? Dopo l’intero, si può tornare all’intero passando per il frammento? Sono queste le domande da cui diparte l’ultima pubblicazione in versi di Antonio Spagnuolo, Ricami dalle frane (Oèdipus, 2021), dove già il titolo rimanda chiaramente a un’idea di lavorio aggraziato e meticoloso necessario, dopo la rottura, all’opera di ricostruzione, da Spagnuolo affidata evidentemente alla parola. Una parola che, in questa raccolta, affonda le proprie radici in un tempo antico, distante dalla nostra attualità eppure foriero di visioni contemporanee, capaci di mostrarci i chiaroscuri che alternano luci e ombre sulle nostre esistenze; non a caso il primo componimento è un omaggio al Vivamus mea Lesbia catulliano, perché se l’obiettivo è quello di uscire dalla dimensione di particola e ricongiungersi al tutto, allora tocca farlo ripartendo dalle relazioni, rivalutando il sentimento amoroso e proiettandosi in un tempo altro per tornare a osservare con lucidità il presente in cui si è immersi:


Catullo

E ancora baci!

Ancora più di mille,

se l’apostrofo rosa ha le vertigini

tra le parole t’amo.

Il tuo labbro ha il tremore della sparizione

fuori d’autunno, chi sa per quale errore

del tempo, denudato al pudore delle guance.

Altre incertezze d’attesa il mio sussurro

nelle ore che esplodono distratte,

immerso ancora nella solitudine di mura

che ripetono il preludio del sogno.

E ancora baci, delicatamente a sfiorare

il freddo della tua magia

che modella di nuovo le dita all’illusione.



Con un’attenzione particolare al ritmo e alla ricerca fonica, Spagnuolo crea un dialogo privo di interruzioni con il lettore, evitando la suddivisione in sezioni e determinando un fluire continuo di temi, luoghi e personaggi: siamo qui, ma potremmo essere altrove, sembra dirci l’autore e ciò che ci spetta di attraversare – paura, dolore, gioia, stupore – accade come naturale fenomeno del nostro appartenere alla specie umana; non conta se Telemaco o noi, il compagno di classe o Mario Luzi, se a Parma o in un altro altrove: ciò che ha valore è il legame, il filo che tutti ci tiene insieme e ci fa sentire simili, pur nelle differenze, nella spartizione di un’unica sorte.


Dintorni di Parma


Anche la Duchessa sorvegliava melodie,

le monete di principi e mercanti,

il passo incerto della borghesia,

tra il verde dei prati e le colline che adornano il borgo.

Il tocco magico del ritmo ora a tentare la musica

in vertigini varianti ed il destino

disgiunto per il martellante rumore

degli inganni.

Qui sembra aver raggiunto il colore

ed il rimando di quelle strane memorie

che il trucco quotidiano del mio sogno

ripete con monotona follia.

Preso nei tuoi segreti ricompongo

il canto della mia solitudine

dopo che il tuo profilo ha abbandonato le forme,

stregando l’eterno sussurro nel cristallo

dei sogni.

Forse rincorro ancora le parole inquiete dell’amore

per sfiorare le antiche mura ormai ingiallite.


E così, prima di congedarsi da chi legge attraverso una sequenza di prose poetiche che va sotto il nome di Nuovo registro, Antonio Spagnuolo si sofferma a riflettere sul senso di realtà, sullo spazio limbico esteso tra ciò che crediamo sia è ciò che davvero è; ma già Pedro Calderón de la Barca si interrogava scrivendo «Cos'è la vita? Delirio. Cos'è la vita? Illusione, appena chimera ed ombra, e il massimo bene è un nulla, ché tutta la vita è sogno, e i sogni, sogni sono.». E, forse, proprio da un meccanismo illusorio occorre ripartire per dare forma a qualcosa di integro e concreto.


Illusione


Anche gli umori più terreni hanno

un primitivo mitigare furie.

Non saprò mai chi sono adesso

lacerando il tessuto che mi imbriglia

tra inconsueti angoli di mura.

Preferisco i golfi, le serpentine, il tocco fragile,

quando le labbra squarciano le ombre

nell’infinito adagio delle notti.

Il vello d’oro offriva le vertigini

accendendo il fantasma dell’inconscio

ove l’ombra tratteggia figure lontane

e svanisce l’illusione quotidiana.


Antonio Spagnuolo (Napoli 1931), è poeta, critico letterario, scrittore e autore di testi teatrali. Fra le sue numerose pubblicazioni, le più recenti sono: Canzoniere dell’assenza, Kairós 2018, Istanti o frenesie, Puntoacapo 2018, Polveri nell’ombra, Oedipus 2019, Ricami dalle frane, Oedipus 2021. È citato da A. Asor Rosa nei volumi Dizionario della letteratura italiana del Novecento e Letteratura italiana (Einaudi). Ha dato vita negli anni 70 alla rivista “Prospettive culturali”. Ha fondato e diretto la collana “L’assedio della poesia”, dal 1991 al 2006. Tra gli ultimi riconoscimenti nel 2014, al “Camaiore”. Nel 2017 riceve il “Lauro d’oro” alla carriera. Nel 2019 è insignito a Roma del “Premio per l’eccellenza”, -premio “Silarus 2020”, premio “Emily Dickinson 2022”. Presente in numerose mostre di poesia visiva nazionali e internazionali, inserito in molte antologie, collabora a periodici e riviste di varia cultura e attualmente dirige in rete la rassegna “Poetrydream”. Presiede la Giuria del premio “L’assedio della poesia 2020”. Tradotto in arabo, rumeno, inglese, francese, spagnolo, turco, serbo, macedone, greco.

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