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Immagine del redattoreMario Saccomanno

Nota di lettura a "Mutazioni" di Gianni Ruscio

La raccolta poetica Mutazioni (Terra d’ulivi edizioni, 2022) di Gianni Ruscio mette in evidenza le zone intermedie da valicare affinché possa concretarsi un’idea. Dalla lettura delle composizioni che conformano il testo ne fuoriesce che, per rendere possibile l’approdo, è necessaria una presa di posizione netta dinanzi all’esistenza, una risolutezza che deve essere continuamente espressa nella quotidianità. Da qui, la voce «particolare e ricercata» dell’autore, così come chiarisce Giulio Maffii nella Postfazione al testo intitolata Mutazioni e passaggi, sente il bisogno di dettagliarsi a partire da svariati elementi autobiografici collocati in una Roma, «metropoli spersonalizzante ed estraniata». Così facendo, diventa possibile decifrare i tratti di un «inconscio collettivo».

Agendo in questa maniera, Ruscio mostra in primo luogo la brutalità data dalla ricezione passiva del presente. La percezione immediata e attuale dei fenomeni, che possono darsi anche e soprattutto in modo chiaro, vivo, non fanno altro che sovrapporre, deformare e uccidere le rappresentazioni mentali. Il mero osservare rende partecipe il singolo della «danza del crudo / e del dissanguato», per dirla coi versi dell’autore. Così, soprattutto nella Prima mutazione, si assiste alla particolarizzazione degli spazi quotidiani, che divengono vere e proprie macellerie in cui alberga violenza e brutalità. Non è un caso che la dettagliata riflessione sui corpi giunga a definirli, volendo riportare soltanto alcuni dei numerosi esempi presenti nel testo, «incisi strappati disossati», «ritagliati ad arte», «sacrificati» o «vivisezionati».

Eppure, i mutamenti quotidiani si muovono verso una rinascita, che può avvenire soltanto dopo essere arrivati allo scheletro, dopo aver fatto i conti col sangue in cui «c’è scritto tutto». Dunque, occorre passare dall’oblio alla memoria, transitare dall’incubo dell’esterno al fitto mistero della vita interiore avendo ben in mente un resoconto riassumibile attraverso questi versi emblematici che si incontrano nella raccolta: «Crudeltà è la parte / più affascinante per noi che / seppelliamo brandelli di carne / dentro la bocca, e defechiamo stragi».

Tuttavia, Ruscio chiarisce come anche lo stesso suono “io” non sia una verità incontrovertibile. Infatti, è sempre «la menzogna degli attaccamenti» il tassello su cui viene definita l’intera esistenza. Di conseguenza: «Nulla esiste / di questo ego che celebriamo / di questa persona che crediamo / di essere». Eppure, quel complesso di modi innati, quell’inconscio collettivo, che determina i comportamenti usuali, può essere scalfito ed è proprio la consapevolezza di incontrare diverse menzogne sul proprio cammino la pietra di volta, la mutazione che può condurre il singolo a forgiare un altro stare al mondo.

Difatti, l’autore si sofferma su quell’assoluto che staziona dietro ai nostri mezzi di conoscenza per comprendere le cause che spingono l’uomo a privarsi del meglio.

Da qui, dal riscontro effettivo si passa alle ipotesi percepite come necessarie, sebbene tinte sempre dalla consapevolezza: «Credere così fortemente / da far reincarnare dio / e nello stesso tempo sapere / che è tutta un’illusione». L’unico modo è far leva sulla grazia, «mortale indigesta e sottovalutata». Così facendo, si può giungere al punto da rendere completa – quantitativamente e qualitativamente – un’entità.



Da vivisezionati – quasi già morti –

Prendiamo parte alla danza del crudo

e del dissanguato. Prendiamo un pezzo

dal corpo morto dell’altro

mangiamone. Prendiamo

il sangue dopo il sanguinamento

e beviamone tutti

condividendolo moltiplicandoci

nella morte che cura che protegge

che segna. Che dura.


*


Tra le mani tra le rose e

senza saperlo facevi la magia

più elegante esistere senza spine

esistere

senza peso.

Ti risollevavi sottovento

schiena perfetto e lineare

dove erano incastonate

le ali della tua grazia.


*


Morte ci mostrava le immagini

irriconoscibili della nostra ombra

morte ci volava nel petto

e sapeva di sale di vino di cioccolato

morte decantava durante

il corso e il ricorso delle rinascite

standoci ad un passo

stordendoci di vita.


Gianni Ruscio

Gianni Ruscio (1984) è nato e vive a Roma. È musicoterapista presso una comunità diurna e residenziale per adulti e minori autistici con disagio psicosociale. Ha pubblicato le raccolte di poesie Amore è l’errore (2008), Nostra Opera è mescolare intimità (Tempo al Libro 2011), Hai bussato? (Aler Ego 2015), Respira (Ensemble 2016), Interioranna (Algra 2017), Proliferazioni (Eretica 2017), L’ottavo giorno (Oèdipus 2021).


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