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Immagine del redattoreAlessandra Corbetta

Nota di lettura a "Le estreme conseguenze" di Andrea Donaera

Le estreme conseguenze (Le Lettere), ultima raccolta di Andrea Donaera, è un libro «seduttivo e inquietante», come lo definisce Omar Di Monopoli nella sua prefazione al testo. Una lettura stratificata del e all’interno del tempo, che sembra ricostruire molti spazi della sua precedente produzione.

Da una parte c’è il movimento, labirintico, dell’esperienza e delle scelte, ma soprattutto dei pensieri e del non detto, «[nel timore di un arrivare altrove / hai messo in piedi un vorticare a sbando – / ma perché? per chi? da quanto? da quando?]». Dall’altra, c’è l’interpellazione del tu, le sue continue eiezioni di coscienza, la sua dittatura che fissa il ricordo e narrativizza.

Narrazioni diverse per scelte metriche interessanti, l’uso delle parentesi quadre come filo da seguire e che porta spesso alla rilettura dei testi precedenti. Tutto ha una densità che va sciogliendosi, come delinea l’epigrafe di Savinio: La giornata è caldissima. Il grasso del poeta cominciava a decomporsi. E’ un io iterativo, che sedimenta, mastica bocconi di senso, per scavare o a volte riemergere, decostruire: «Prima di dormire-non riesci, a dormire, e allora: prima di dormire, per riuscire a dormire, chiudi gli occhi e supponi sia rilassante e non alienante scacciare le bolle incastrate nella rete, interrompere le scorribande tra i profili delle peggiori menti della tua generazione, scartare i loro commenti, switchare, abbandonarli sul comodino, metterli sotto carica, e, Youtube aperto su uno shredding tristissimo e intenso, ripensarti, dopo un segno della croce, capitombolarti, riportarti, stringendo le federe in un pugno tremante, nel salvo del 2007 […]».

Non c’è virtuosismo, ma è tutto funzionale alla creazione di uno stato: le stanze in cui ci conduce l’io sono l’uscita obbligata verso il rizoma. Per citare solo alcuni nomi che suggeriscono l’idea-percorso: Solus Ad Victimam, Memory 1, Mattina, I am thy Labyrinth, L’assioma, Rizoma, Forevermore, Memory, 2, Vestibolo, Scatologia, Memory 3, Sera, Lete, Memory 4, Notte

Le poesie Memory (da uno a sette) sono le uniche ad essere rette da un voi-branco, animale e vorace nell’urgenza espressiva e, contemporaneamente, sono spaccati di tedio quotidiano: « Eravate in qualche modo uniti, nell’attesa sulla terrazza del Capodanno, le vostre madri le più stanche del mondo, mettevate a turno gli occhiali dello zio ricco che si ricorda come si chiama, dicevate[…]».

Come scrive Omar Di Monopoli: «Sta tutto nel perfetto controllo verbale, il carico poetico di Donaera. Nell’arbitrio dei suoi accapo, nell’esuberanza dei suoi rientri, nella sperimentazione della struttura, in quell’andamento frammentato ma sempre musicale dei suoi componimenti».

Andrea Donaera scrive una raccolta che è un perenne esitare, un rimando o ancora un circoscriversi, che tramite la poesia ne scardina le possibilità espressive, figurative, di senso e di deriva. E lo fa rappresentando in cartoline di deiezioni il nostro abbandono continuo, e le loro conseguenze.



Solus Ad Victimam


Qualcosa, non sai cosa, si è staccato, spaccato-

tematizzi: non riesci; simbolizzi: non riesci; fai

qualcosa: non sai cosa, non riesci - e la casa è

di carta, ti pare, tutta una scoperta; e sollevi la

coperta: ci sei, come ieri, come eri - come eri

sempre stato, ti pare: ma poi ti appari come un

te prima di essere nato e hai coscienza, ora, di

te, e hai paura: hai freddo, hai caldo, e non sai

quanto dura - tematizzi: non riesci; simbolizzi:

non riesci; fai qualcosa: non sai cosa, non riesci:

esci.

Ti resta lo stacco, lo spacco -il grido

lasciato silenziato nelle cuffie

la bottiglia piena lasciata andare,

il poco pavimento impraticabile,

apri, esci, stacchi, spacchi,

sei come un tempo: solo: non hai paura:

nell'affanno sospetto fai alla svelta

anche se i treni passano

tutti uguali, passano, ogni mezz’ora:

"Cosa dirti?", ti dici: "A te la scelta"


Memory, I


Eravate in qualche modo uniti, nell' attesa sulla terrazza del Capodanno, le vostre madri le più stanche del mondo, mettevate a turno gli occhiali dello zio ricco che chi si ricorda come si chiama, dicevate, senza chiamarvi mai per nome, vi riconoscevate dal tono, se era pacato era il più grande, se era squillante era il più piccolo, eravate in qualche modo uniti, al freddo, la terrazza e la lampadina fulminata, si rientrava dopo poco, due minuti prima della mezzanotte, eravate stanchi ma non lo si poteva dire, le madri invece, le madri lo dovevano dire, dal mattino, le vostre madri più stanche, le dita sporche di battuto sedano e carote, i vostri padri fumavano, alcuni, altri guardavano il Televideo, nell' attesa sulla terrazza del Capodanno, lo zio ricco lo si chiamava forse Zio, i Persol marroni grandi, a chi stavano più grandi, uno di voi, eravate in qualche modo uniti, ma uno di voi, forse il più grande, accese un bengala contro-vento, controtempo, lo sentiste urlare, voi di dentro, le vostre madri stanche, lo guardavate ustionato di un bengala controvento, mano nera, cosa, cos'era successo, era scoppiato il bengala, qualcosa, era successo qualcosa.



IAm Thy Labyrinth


La casa in cui ti vivi è tutta un esitare

[nel timore di un arrivare altrove

hai messo in piedi un vorticare a sbando

ma perché?; per chi?; da quanto?; da quando?)]:

tra il bagno e il tinello: i passaggi: due bivi:

la finestra aperta: e il coltello:

ed eccoti: a te la scelta, ti dici-

gli occhi fissi atterriti sulla porta:

esci: ritorni, per ora, tra i vivi:

tra i panettieri in canottiera, tra

i bar che aprono e la rumena storta

che chiede, chiede, e tu non le rispondi

[non sai nemmeno cosa chiede: tu non rispondi

(perché torni già dentro: perché esondi)]



Andrea Donaera è nato nel 1989 a Maglie ed è cresciuto a Gallipoli. Nel 2019 ha pubblicato per NNE il suo romanzo d’esordio, Io sono la bestia, che è stato salutato da pubblico e critica come un vero caso editoriale ed è stato tradotto in Francia. Nel 2021 ha pubblicato il suo secondo romanzo, Lei che non tocca mai terra. Collabora con il quotidiano Domani e scrive per Metalitalia.

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