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Immagine del redattoreValentina Demuro

Nota di lettura a "L'amore misurato" di Elena Verzì

Con L’amore misurato di Elena Verzì (Capire Edizioni, 2021) ci addentriamo in una poetica capace di cogliere la nuda natura del sentimento attraverso incantevoli suggestioni. Gli oggetti e i verbi dei racconti, degli incubi, delle visioni, del linguaggio e del tempo delle fiabe, rivelano un sapere vario e fatto proprio, qui rielaborato e restituito in poesia. Gli elementi naturali compongono un fitto bosco di simboli e chiaroveggenze, offrendo una lettura caleidoscopica che tra intuizioni e rivelazioni si declina in modo brillante e fantasioso. Anche le atmosfere più scure o ardite nella loro composizione, però, non si esauriscono mai nel mero artificio, al contrario, esaltano l’autenticità del vero. A volte con giochi di ripetizioni, proprio come negli incantesimi («Sotto le fronde le fronde le fronde / nascondo i miei figli, i baci, i vestiti.»), altre in maniera netta, ma sempre con un preciso sentire, le parole disegnano nella mente immagini intense che sorprendono, si rovesciano all’improvviso e si riempiono di senso.

L’amore, protagonista della raccolta, è ugualmente espresso nella sua intensità e indagato con attenzione, nell’oscurità del tormento, nel suo gioire, e anche nella più alta delle sue forme: «Amore ha posto l’amore sopra ogni cosa / per insegnare bene a farlo meglio / a donare il cerchio della vita di luce generosa». Definire i confini delle cose permette il riconoscimento ontologico, ma genera anche il paradosso dell’identificare, proprio nel margine, l’intuizione del suo superamento. Per questo motivo, “l’amore misurato”, visto in ogni sua precipua sfumatura, si rivela insufficiente; l’amore ha necessità d’amore («Non perdoniamo / il genio trascurato, / la vita non celebrata / e il disamore»), della sua corrispondenza sensoriale e dei suoi luoghi: «È il cuore di chi amo / che voglio abitare». Ed è così che i versi della Verzì ci mostrano un’ulteriore bellezza: nei limiti precisi dell’umano, è la vita stessa a emergere, a chiedere vita, per esplodere attraverso ogni sua voce, senza fracasso, ma con piena energia e volontà accesa («e mi vien sete / sete di incontrare l’onda maggiore»).




Sono nata senza denti succhio e impasto con la stessa saliva, faccio a gara con il tempo per non bruciare il pane ma sempre duro lo offro. Non riesco a spezzarlo. Freddo è il forno da quando raccolta la cenere occupa la mia metà del letto.


*


Non hai cognome. Alle radici rispondi con una lingua di spine tagli il silenzio con la colonna, una scala di vertebre conduce ai tuoi occhi. Li vedo scrutare l’interno del mio vaso allora mangio la terra per conquistarmi il paradiso ma tu bevi dal mio pezzo di cielo. Non mi resta che raccogliere gli ultimi fiori e aspettare che nuove radici mi crescano dall’ombelico.


*


Ho paura del mare quando non vedo le gambe. Ho paura della corrente e delle piogge estive. Bagnata, sono legata con una spilla da balia al centro della terra. Questa è la poesia: ascoltare con la pelle immersa la paura della propria identità.


*


Quando la sera inumidisce la terra Ti avvolgo nel cotone mentre i fiori chiusi nei loro boccioli non vogliono vedere il rumore del buio. Quando piovi neghi il palco agli spettatori come tenda dei teatri dividi la scena con chi avevi preferito stare distesa. Quando scegli i rami del tuo nido prendi i secchi e ti nascondi

ma non puoi fermare il destino ti riconosce dal sorriso.


Elena Verzì è nata a Catanzaro. Logopedista, vive e lavora in Calabria. Nel 2016 ha pubblicato la prima raccolta di poesie Fiori e Fango con Eretica Edizioni. Nel 2020 alcune poesie appaiono sulla rivista italiana «ClanDestino»; è stata vincitrice dell’ottava edizione del Premio letterario “Le stanze del tempo”, edizione 2020, promossa dalla Fondazione Claudi. Nel 2021 pubblica la seconda raccolta poetica L’amore misurato per CartaCanta – Capire Edizioni. Alcuni suoi componimenti sono presenti in diverse antologie, altri sono stati tradotti e pubblicati in spagnolo per riviste internazionali.

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