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Immagine del redattoreElena Verzì

Nota di lettura a "Inavvertita luce" di Annachiara Atzei

Inavvertita luce (Eretica edizioni, 2021) è l’opera di esordio di Annachiara Atzei. La raccolta si sviluppa come tentativo di riportare alla luce la realtà. La poesia sembra voglia essere tenuta chiusa in una mano per esser protetta, e sentire, al tempo stesso, il peso di un attraversamento duro e delicato che pare fuggire via a non voler più esser contenuta nella presa delle dita. Volendo usare le parole di Orso Tosco nella prefazione, i versi di Atzei «illuminano la notte anche in assenza di luce, sono braci pronte al primo chiarore». C’è una ricerca di senso in ogni gesto, la richiesta di essere salvati. La luce fa da tramite «si allunga su un unico tempo che non è il nostro» e fa percepire con tutti i suoi sensi il rumore dell’abbandono, della perdita e della solitudine. Inavvertita luce è una raccolta che pare scritta a mani giunte, e da occhi che chiedono di essere nutriti di folgore. La poesia di Atzei mostra il suo corpo a una umanità finita, fatta di baci, soffi, con la necessità che le braccia si facciano «cerchio oppure niente». In quasi ogni componimento appare l’esigenza di nominare parti del corpo (bocca, laringe, schiena, clavicole) come strumenti di un’orchestra necessari a sciogliere la voce e darne corporeità. Le emozioni si guardano negli occhi e Atzei non ha bisogno alcuno di ricorrere a immagini diverse da quelle concrete, il linguaggio è pulito, privo di ornamenti non necessari. L’immagine del sasso, si manifesta nella sua totalità significativa di farne avvertire la gravità come in un addio. Non c’è compromesso, «non c’è ritorno» eppure, sembra aspettarlo e darne significato, l’autrice dice: «il senso è dirsi il bene. Il bene». Tra i versi di Atzei compaiono le voci di autori luminosi, come Milo De Angelis chiamato per realizzare «l’unico desiderio» e Jorge Luis Borges che come maestro prova a spiegare l’inspiegabile, suggerendo che «durano nel tempo solo le cose / che furono del tempo», allora non resta che rivolgersi alla notte, servendosi di armi potenti: il silenzio e la memoria. Dalla battaglia una crepa profonda prende forma e non potrà far altro che sprigionare luce.



Stretta nella tua pelle,

nelle tue braccia immaginate –

unica casa.

Irripetibile bene trattenuto sperato –

da te non c’è ritorno.

Mio silenzio mia febbre mia cosa perduta.

Vibrazione lieve.


*


Riposo sulla tua bocca

che non sa dire i sogni –

non avrò altri occhi

se non i tuoi.

Il mattino ti tiene lontano

e le dita sono sole, soli i capelli,

sole le ciglia.

La luce si allunga su un unico tempo

che non è il nostro.


*


Luce e carne: il non detto

germoglia nella laringe

aperta – si fa

voce.

Le solitudini cantano insieme –

sono incredule.

L’iris selvatico è un punto

giallo che chiede attenzione:

rimarrà ancora qualche giorno.

Rumore d’acqua

che passa – non tu.

Snebbia.


*


Pupille disabitate: stare

a guardare l’ombra

mentre cambia –

un calcio a un sasso in discesa.

La schiena è il resto di un naufragio:

seccata in riva.

Odore di un amore

andato a male nella troppa luce.


Annachiara Atzei (Oristano, 1979), vive e lavora a Cagliari. Scrive su Poetarum Silva e su Antas – Bimestrale di ambiente, storie e personaggi della cultura sarda e ha collaborato con La Donna Sarda. È autrice della raccolta di poesie Inavvertita luce (Eretica edizioni, 2021). Le sue poesie sono apparse su Nazione Indiana, Poetarum Silva e Poeti Oggi.

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