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  • Immagine del redattoreAlessandra Corbetta

Nota di lettura a "Dizionario delle notti" di Iuri Lombardi

Se siamo stati abituati a figurare la notte, affidandoci all’immaginario comune, come luogo del buio e del caos e come tempo del nascosto, ecco che la raccolta Dizionario delle notti (Arcipelago Itaca 2020) di Iuri Lombardi ci propone un’altra prospettiva di analisi; e non perché tali caratteristiche del notturno vengano eluse, bensì perché ne viene tentata una sovversione, già a partire dal titolo, con il quale l’autore designa chiaramente la sua volontà di fornire una categorizzazione di quello che abita la fine del giorno, attraverso una mappa che assume le sembianze di un processo di nominazione; non a caso Stelvio Di Spigno, nella prefazione che apre l’opera, scrive: «Un “dizionario”, una sorta di inventario matematico e commerciale delle occasioni di vita più aride e in-quietanti che si possano immaginare. L’autore le registra senza pietà per sé stesso, per fornire un quadro veritativo al lettore. Non su sé stesso, ma sull’esistenza e su come può ridurre gli es-seri umani, anche i migliori, anche i più accesi verso una forma, quale che sia, di salvezza.».

Ed è proprio la volontà di scardinare il vissuto sia dalla biografia personale che dalla grande storia, per ritrovare e restituire la verità del mondo al mondo, il moto e il fine che guida le pagine di questa raccolta, radicata nella filosofia epicurea e oraziana nella loro concentrazione sulla vita attuale e cioè sul presente: Lombardi, infatti, è convinto che esista solo un hic et nunc perpetuo, che fagocita passato e futuro e che fa sì che incontri, occasioni ed eventi finiscano col dissolversi nell’attimo stesso in cui accadono. Tuttavia, in Dizionario delle notti, tale negazione del dopo, sostenuta dall’assunto che nulla resta, non si accompagna mai a un senso di rammarico o di disperazione, poiché è nella presa di coscienza di un “troppo tardi”, che assume le sembianze di una notte senza fine, l’unico gesto attivo concesso all’uomo, dal momento che nemmeno la poesia sembra potere fare altro se non constatare. La luce che sta dietro di noi, come ci insegna Platone con il mito della caverna, rende la notte ombra del giorno ma anche spazio privilegiato e aperto di osservazione: se nel giorno tutto sottostà a diktat imperanti e omologanti, nella notte le regole dello Stato si spengono e ognuno può essere libero di esprimersi, pur nella sua finitudine umana. E allora provare a nominare – e nominarsi –, immersi dentro la notte, significa ammettere che non esiste definizione sufficientemente valida e che, allora, il fiato vitale soffi da dentro un cerchio mai chiuso e che la vita consista in una ricerca continua, in una creazione che non conosce sosta.

Così, anche se per l’autore «Noi a nulla apparteniamo e dell’età / industriale siamo comunque il dopo.», a ogni modo si ravvisa la necessità di provare a lasciare un segno, fosse anche solo quello di una dedica per un giovane poeta andato via troppo presto e che Lombardi, dentro la notte delle notti, avverte il desiderio e la necessità di nominare. Ed ecco che in un nome, Gabriele, torna a farsi luce chiara: forse, una nuova alba.



Si era solo abbacinato alla luce

della via lattea scesa in terra;

un chiarore lattiginoso lascia

l’insidia della strada addormentata;

lo stipite regge il cielo in alto,

in seno alla nave inabissata e piena

di quell’aria del poco fuori: il canto

dei primi grilli al Pincio o ai Fori.


*


La parte più tenera di te va via,

per assurdo si eclissa nel turbine

della stagione dalle foglie verdi;

senza fatica sul tuo corpo geme

quel riflesso d’acqua che tanto svela

una primavera pallida di gemme

che accende il plenilunio addormentato.

Solo tu puoi conoscere il sonno

di un letargo felice, della vita

che si fa in questo settembre di luce;

del lascito lauto al cane in catena.

Di un amico il segreto dell’altro lo sa

solo l’amico che non teme la pena.


A Antonio Merola


L’uomo ha inventato Dio e a lui somiglia

nel giorno del giudizio universale

costretti a riprendersi il proprio corpo,

la smania di disegnargli il volto appena

impresso sulla lettiga sudata.

A noi quale Veronica c’è dato

conoscere? La portantina non più

viene a soccorrere il nostro sonno

contato, la nostra fratellanza;

la vita ci può sorprendere solo

quali siamo: così pieni di vita.


Cartolina per Gionny


A maggio il sole asciuga i muri a secco,

scaccia l’ombra dalla piazza;

certi suonatori d’ottoni ammaccati

infuocano la sera chiara a colpi di note

li riconosci?

Dall’attico di via Cavour si sentivano melodiare

ti perdevi

tra gli oleandri odorosi sul terrazzo

mi sei mancato.

Non volevo passare neppure un giorno dai miei,

tuo fratello chiamava spesso da Perugia

temeva che facessimo l’amore:

eravamo noi (in parte lo siamo anche adesso)

gli apostolici cantori del disordine civile,

gli angeli caduti dal cielo perché scacciati.

Ora tra gli allori che più non vedo c‘è di nuovo

maggio a riscaldare le gioie di allora.

Le lucciole nei campi hanno una coscienza,

attentano al parlamento della tua bellezza muta;

ad intermittenza fan luce tra le stoppie gialle e desolate;

la notte alla fine è la dissolvenza del tuo film

sei tu il ciliegio che butta i frutti.


Iuri Lombardi, Firenze 1979, poeta, scrittore, saggista, drammaturgo. Tra le sue pubblicazioni si ricordano: i romanzi Briganti e Saltimbanchi (Siris, 1997), Contando i nostri passi (Romano, 2009), La sensualità dell’erba (Biondi, 2012); le raccolte di racconti Il grande bluff (Lettere Animate, 2013), La camicia di Sardanapalo (Talos, 2013), I racconti (Poeti Kanten, 2016). Per la saggistica: l’apostolo dell’eresia; per la saggistica: L’apostolo dell’eresia (Faligi, 2015). Per il teatro: La spogliazione, Soqquadro (Poeti Kanten, 2016). Vive a Firenze. Dopo essere stato editore, approda con altri compagni nella fondazione di Yawp, per cui dirige la sezione di critica letteraria. Nel 2018 pubblica la raccolta di poesie Il Sarto di San Valentino (Ensemble, 2018) e l’ultimo romanzo I Banditori della nebbia (LFA 2019). Da poco ha deciso di sciogliere di nuovo il silenzio, con una serie di poesie uscita sul n. 93 della rivista Atelier. Collabora in oltre con Carmilla e Poetarum Silva, Euterpe.


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