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Le Rubriche di Alma: Alma & Anedda (III Appuntamento)

  • Immagine del redattore: Sara Vergari
    Sara Vergari
  • 31 lug
  • Tempo di lettura: 3 min

Le Geografie di Antonella Anedda


Geografie (Garzanti, 2021) arriva nel percorso di scrittura di Anedda dopo raccolte importanti quali Residenze invernali, Notti di pace occidentale, Historiae, ovvero dopo ormai un’indiscussa consacrazione all’interno del panorama poetico contemporaneo. Sebbene la poetica dell’autrice sia netta, questo testo si presenta come un unicum, un esperimento che la porta a osare ancora di più. Geografie si presenta infatti come un‘operazione di scardinamento dei generi letterari e di quella dicotomia che vuole la poesia opposta alla prosa. Anedda, che di solito scrive in poesia, qui usa la prosa, ma non per farne narrativa né tantomeno un romanzo; allo stesso modo però non si può parlare di poesia in prosa. La critica che ha tentato di definire questo testo si è inevitabilmente scontrata con la difficoltà di incasellarlo in un genere, con il risultato di una pluralità di appellativi che vanno dal trattato poetico-filosofico al midrash, e ancora dall’ antologia di racconti-saggio alla raccolta di aforismi. Più di ogni altra cosa, però, il libro costituisce una sfida alla linearità e alla “purezza”. D’altronde, gli stessi due temi centrali del testo, il tempo e lo spazio, sono definiti in modo complesso e inafferrabile. Riccardo Donati, nella monografia dedicata all’autrice Apri gli occhi e resisti (Carocci, 2020), definisce il tempo in Anedda come “transtemporale”, ossia “complanare, per cui la dimensione cronologia si dà come somma di presenti, ciascuno dei quali immanente e in nessun modo dissolvibile nel magma di un’essenza immutabile”.  Di fatti, anche gli eventi legati agli anni ’90 o alla vicenda personale dell’autrice non sono necessariamente disposti in ordine cronologico o temporalmente ordinato. Al contrario, i tasselli del tempo individuale sono spesso stratificati e mischiati, e le poche date presenti sono volutamente omesse. Il tempo di Geografie può coincidere con l‘attualità (ci sono alcuni testi che riflettono sull‘epidemia da Covid-19), ma più spesso questo si verticalizza e si dilata, superando anche di molto il singolo arco della vita di un individuo, dei suoi ricordi e delle sue esperienze, per risalire indietro non soltanto ai traumi storici del Novecento (la strage di Sant‘Anna di Stazzema, il crollo della diga del Vajont ecc.), ma raggiungendo tempi giurassici, geologici come quelli dei fossili o dell‘evoluzione della specie

L‘attenzione di Anedda sul circostante e con l‘aiuto di una scrittura descrittiva è determinata dall’interesse anche per il concetto di luogo e di spazio. I testi di Geografie, oltre a parlare di luoghi, creano dei veri e propri spazi nella misura in cui costituiscono delle pause, all‘interno delle quali - prima con lo sguardo e con gli altri sensi, successivamente con la memoria e infine con la scrittura- si può sostare, provando ad orientarsi, a impostare relazioni e a costruire significati. Si pensi ad esempio a questo frammento della prosa intitolata, significativamente, “Perlustrare”:

 

Piuttosto che esplorare meglio il verbo perlustrare: non medico ma militaresco e in quanto tale confortante come sempre è la disciplina. Perlustrare ha una luce incorporata nell‘etimo, si esamina rischiarando, si avanza nel territorio grazie alla luce. Perlustrare come i minatori, la loro luce incollata al cappello, la discesa nel buio delle rocce. Adesso pioveva. Le gocce cadevano dal cielo alle vasche e noi bagnanti ci riparavamo sotto i cornicioni pazientemente, le une vicine alle altre con qualche sorriso. Ascoltavamo la pioggia cadere sul tetto di lamiera e sentivamo l‘odore della pioggia sullo spiazzo di terra e cemento, era una sospensione autorizzata anche se per pochissimo. Con un minimo spostamento la parola luce si contagia con locus, luogo. Il luogo è sempre laggiù nell‘estremo est del mondo, nel Giappone che cura, chissà perché, qualcosa a cui altre bellezze non danno sollievo. Quanto tempo trascorse nell‘onsen? Non troppo poco se avevo avuto il tempo di studiare il corpo di una donna non giovane, con i lunghi capelli raccolti e i seni nudi che un leggero impercettibile avvizzimento rendevano più belli. La pelle luccicava con lentezza ai lampi del temporale che aveva trasformato la pioggia in grandine


Antonella Anedda Alma Poesia
Antonella Anedda

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