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Immagine del redattoreBarbara Herzog

I Ponti di Alma: Jo Shapcott

Shapcott nelle sue opere usa un linguaggio colloquiale, i versi appaiono spesso come estratti da un flusso di coscienza. Dotata di senso dell'umorismo, arriva ad essere tagliente, evidenziando il non necessario o l’assurdo. I temi ricorrenti nelle sue composizioni sono relativi alla sfera personale, dalla malattia alla morte, dalle relazioni di genere agli abusi sessuali, mentre tante altre riguardano l'intimità tra amanti. Of mutability è un libro scritto dopo diversi anni di silenzio e proprio durante il periodo di stesura del libro le viene diagnosticato un cancro, l'esperienza della malattia ha un impatto forte sull’intera scrittura di Shapcott. Mutabilità è una parola non necessariamente dall’accezione negativa, segnala la possibilità che qualcosa possa cambiare. Le direzioni sono diverse ma la speranza appare sempre come variabile in questa mutabilità.


[1] Il divano Rumba è conosciuto per le linee sinuose e morbide

[2]  Letteralmente avrei dovuto tradurre: addormentarti come un tappeto, per rendere lo stesso significato in italiano, l’espressione migliore è pera cotta.


Jo Shapcott, Alma Poesia, Copertina

Jo Shapcott, da Of Mutability (Faber & Faber, London 2010)

trad. Elena Verzì

 

LA SERENISSIMA

 

I was on land, but the land didn’t belong

to earth any more, was allowed to rest

in floating patches here and there.

The pavement rippled under my shoes.

Everything I could see belonged to water:

liquid churches, theatres, monuments, houses,

liquid sun and sky. My hands wandered

into water, cupped water. My face turned

 

toward rainclouds. I could feel the membranes

in my body tremble with the fluid

they contain, and the stately flow of lymph,

the faster pulse of blood. A boat’s engine

vibrated through land, through waves, through my feet

into my torso. Slow – slowly moving, I stepped on.

 

LA SERENISSIMA

 

Ero sulla terra, ma la terra non apparteneva

più al mondo, mi era permesso riposare

in zone galleggianti qui e là.

Il marciapiede si increspava sotto le scarpe.

Tutto quello che vedevo apparteneva all’acqua:

chiese, teatri, monumenti e case, tutti liquidi,

liquidi il sole e il cielo. Le mie mani vagavano

nell’acqua, bevevano acqua. Il viso rivolto

 

alle nuvole cariche di pioggia. Potevo sentire

tutte le fibre del corpo tremare con il liquido

che contengono, il fluire solenne della linfa,

il pulsare veloce del sangue. Poi il motore di una barca

fece vibrare la terra, attraverso le onde, fino ai miei piedi

fin dentro al petto. Così lenta – lentamente, salii a bordo.

 

 

HAIRLESS

 

Can the bald lie? The nature of the skin says not:

it’s newborn-pale, erection-tender stuff,

every thought visible - pure knowledge,

mind in action – shining through the skull.

I saw a woman, hairless absolute, cleaning.

She mopped the green floor, dusted bookshelves,

all cloth and concentration, Queen of the moon.

You can tell, with the bald, that the air

speaks to them differently, touches their heads

with exquisite expression. As she danced

her laundry dance with the motes, everything

she ever knew skittered under her scalp.

It was clear just from the texture of her head,

she was about to raise her arms to the sky;

I covered my ears as she prepared to sing, to roar.

 

SENZA CAPELLI

 

Possono mentire i calvi? La natura della loro pelle dice di no:

è una neonata pallida, l’erezione di sostanza tenera,

ogni pensiero visibile - pura conoscenza,

mente in atto – brilla attraverso il cranio.

Vidi una donna, senza capelli, fare le pulizie.

Aveva lavato il pavimento verde, spolverato gli scaffali;

tutta concentrazione e strofinaccio, la Regina della luna.

Si può dire che ai calvi l’aria parli

diversamente, sfiori le loro teste

con un tocco delicato. Così come lei danzava

il suo ballo del bucato con le parole, ogni cosa

che avesse mai conosciuto le schizzava via sotto il cuoio capelluto.

Era chiaro dalla struttura della sua testa,

era sul punto di alzare le braccia al cielo;

che io coprii le orecchie mentre si preparava a cantare, a urlare.

 

SOMEWHAT UNRAVELLED

 

Auntie stands by the kettle, looking at the kettle

and says, help me, where it the kettle?

I say, little auntie, the curlicues and hopscotch grids

unfurling in your brain have hidden it from you. Let me

make you a cup of tea. She says ah ha! but I do

my crossword, don’t I, OK not the difficult one, the one

with the wasname? Cryptic clues. Not that. I say,

auntie, little auntie, we were never cryptic

so let’s not start now. I appreciate your straight-on talk,

the built-up toilet seats, the way you wish poetry

were just my hobby, our cruises on the stair lift,

your concern about my weight, the special seat in the bath.

We know where we are. She says, nurse told me I

should furniture-walk around the house, holding on to it.

I say, little auntie you are a plump armchair

in flight, a kitchen table on a difficult hike without boots,

you do the sideboard crawl like no one else, you are a sofa

rumba, you go to sleep like a rug. She says,

I don’t like eating. Just as well you’ve got

a good appetite. I say littlest auntie, my very little auntie

(because she is shrinking now, in front of me)

let me cook for you, a meal so wholesome and blimmin’

pungent with garlic you will dance on it and

eat it through your feet. Then she says don’t you

ever want to go market and get lost

in pots, fruit and random fabric? Don’t you

want to experiment with rain, hide out in storms,

cover your body with a layer only one raindrop

thick? Don’t you want to sell your nail-clippings

online? She says, look at you, with all your language,

you never became the flower your mother

wanted but it’s not too late, come with me

and rootle in the earth outside my front window,

set yourself in the special bed, the one only

wasname is allowed to garden and we will practise

opening and closing and we’ll follow the sun

with our faces until the cows come home.

 

ALQUANTO DISFATTA


La zia è accanto al bollitore, lo guarda

e dice: aiutami, dov’è il bollitore?

Dico, zietta, i ghirigori e le griglie della campana

che si dipanano nel tuo cervello te lo hanno nascosto. Lasciami

prepararti una tazza di tè. Lei dice ah ah! ma io faccio

il mio cruciverba, no, certo non quello difficile, quello

come si chiama? Criptico. No, non quello. Io dico,

zia, zietta, non siamo mai stati criptici

quindi non cominciamo adesso. Apprezzo il tuo parlare schietto,

i sedili del water rinforzati, il modo in cui vorresti che la poesia

fosse solo un hobby per me, le nostre crociere sul montascale,

la tua preoccupazione per il mio peso, l’apposito sedile nella vasca da bagno.

Sappiamo la situazione. Lei dice, l'infermiera me lo ha detto io

dovrei camminare per casa aggrappandomi ai mobili.

Dico, zietta, tu sei una poltrona grassa

in volo, un tavolo da cucina durante un’escursione difficile senza stivali,

tu fai il giro della credenza come nessun altro, sei un divano

rumba[1], e ti addormenti come una pera cotta[2]. Lei dice,

non mi piace mangiare. Meglio così tu invece sei

di buona forchetta. Dico piccola zietta, mia piccolissima zietta

(perché ora sta rimpicciolendo, proprio davanti a me)

lasciami cucinare per te, un pasto sano e gustoso

pungente d'aglio e i tuoi piedi balleranno

quando lo mangerai. Allora lei dice non

desideri mai andare al mercato e perderti

in vasi, frutta e stoffa a caso? Non vuoi

sperimentare con la pioggia, nasconderti nelle tempeste,

e coprirti di un sottile strato

di gocce di pioggia? Non vuoi vendere online

le unghie tagliate? Dice: guardati, con tutto il tuo linguaggio,

non sei mai diventata il fiore che avrebbe voluto tua madre

ma non è troppo tardi, vieni con me

e rovista nella terra davanti alla mia finestra,

sistemati in questo letto speciale, quello che

come si chiama si può coltivare e noi faremo pratica

ad aprirci e a chiuderci e con i nostri volti

seguiremo il sole fino alla fine.

 

STARGAZER


If I’m not looking at you,

forgive; if I appear

to be scanning the sky,

head thrown back, curious,

ecstatic, shy, strolling

unevenly across the floor

in front of you, my audience,

forgive, and forget what’s

happening in my cells.

It’s you I’m thinking of

and, voice thrown upwards,

to you I’m speaking, you.

 

I’m trying to keep this simple

in the time left to me:

luckily, it’s a slow

and selective degeneration.

I’m hoping, mainly, to stay present

and straight up despite

the wrong urge that’s taken hold,

to say everything, all

at once, to everyone, which

is what I’d like if only

I could stay beyond this moment.

 

SOGNATRICE

 

Se non ti guardo,

perdonami; se appaio

scrutare il cielo,

con la testa all'indietro, curiosa,

incantata, timida, girovagando

senza equilibrio sulla scena

davanti a te, mio ​​pubblico,

perdonami e dimentica ciò che sta

accadendo alle mie cellule.

È a te che penso

e, con la voce in alto,

è a te che parlo, a te.

 

Cerco di farla semplice

nel tempo che mi resta:

fortunatamente, è una degenerazione

lenta e selettiva.

Spero, innanzitutto, di esser lucida

e rimanere onesta nonostante

l'errato impulso insinuato in me,

di dire tutto, tutto

subito, a tutti, che

è quello che mi piacerebbe, se solo

potessi restare oltre questo momento.




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