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Immagine del redattoreAlessandra Corbetta

Gli inediti di Barbara Rabita

L’adesione ai canoni estetici, sempre più distanti da una naturale realizzazione e infatti affidati all’artificio e alla manipolazione, diventa un diktat al quale sembra impossibile sottrarsi, a causa di una comunicazione mainstream pervasiva e unilaterale e una dilagante inconsapevolezza dei significati veicolati dalle immagini.

In questi inediti, dove a prevalere è un senso nemmeno troppo velato di ironia, Barbara Rabita mette alla berlina comportamenti vuoti e stereotipi pericolosi, trasformando il verso in lama chiamata a squarciare il velo di Maya che ancora tiene lontani da una visione cosciente e coscienziosa dell’esistenza, nella quale la trasformazione cieca del corpo o un suo strenuo abbellimento non concede, di fatto, nessuna salvezza.



I VESTITI PARLANO DI NOI



SOCKS DISREGARDED (CALZINI A PARTE)


Lo specchio sussulta

nella visione smerigliata

dei calzini corti,

eccolo un difetto

di cui ridere e parlare.


Rifaccio il verso alla vita

che mi vorrebbe bionda

senza smagliature nelle vene,

un cuore forte di vecchia

e, finalmente, rughe a profusione.



CERBERA


La vecchia cerbera osseggia

sui fianchi sottili, batte

ritmicamente il cemento

con tacchetti in pelle.


Filiformi le gambe

accarezzate dal pizzo nero

si alternano malferme

e nervose su equilibri

di un tempo.


Canticchia,

i solchi sulle labbra convergono

attorno al filtro di marlboro consumata.


Felice della taglia

prova allo specchio

una gonna zingaresca

le rose di ciniglia si schiudono

nella vanesia rotazione.


Calpesta la vecchia

le spine cadute, un rumore

di vetri infranti

un sentore di sogni infanti.


IL GIACCONE


Appeso a una spalla

pende da un lato

come un ubriaco

preso sotto le ascelle

e trascinato dalla polizia.


Oggi conservo il giorno

in piuma d'oca, lo riparo

dagli spifferi della rabbia

lascio nelle tasche

utili silenzi.


Ricavo mangime di scarto

dal bolo delle relazioni

meglio restarsene a gambe incrociate

a fissare il soffitto

che nel suo bianco

sa di ragni e coccinelle.


ASPETTATIVE


L'elastico lento della tuta

poggiava scomposto

lungo i fianchi


Mi sorridevi con il bicchiere

di zenzero in mano

la gola piccante

e un'alba fredda solida

sulle ali dei piccioni.


Ci aspettava un viaggio

dalle lunghe ombre

spezzate dal guard rail


E il celestino del cielo

così in tinta

con il furgone che tentava

un sorpasso.


DIVANI E CONSUMO


Osservo un divano bianco

stropicciato, che di culi ne ha visti

tanti e con una smorfia di disgusto

fa segno che può bastare.


Vedo nei negozi

un'infinità di borse e scarpe

di plastica, che faranno male

a spalle e piedi, la fatica

che va di moda.


Ci vendiamo per pochi euro

siamo rifiuti indifferenziati

e umidi al tatto, il percolato

dei pensieri cola

dal bordo dei cervelli.


Mi vendono stracci sintetici

a caro prezzo, spacciano

scampoli di merda

come seta o cotone,

lavorati in laboratori

senza sbocchi d'aria.


Sono presa, presa

dalla paccottiglia del vivere

pochi centesimi di resto

e qualche buono sconto

fino al prossimo acquisto.



Barbara Rabita (Milano, 1967) è insegnante d'inglese in una scuola secondaria di primo grado; è

laureata in Lingue e Letterature Straniere Moderne e ha frequentato il biennio universitario post laurea per conseguire l'abilitazione all'insegnamento (2002). Ha pubblicato la raccolta di poesie scritta con Antonio Laneve Convergenze (Libeccio edizioni) e la raccolta Poliedri (Libeccio edizioni - CTL ).Alcune sue poesie sono state pubblicate su diverse riviste e antologie. È nel Direttivo del Piccolo Museo della Poesia di Piacenza e del Centro Puecher di Milano. Fa parte di BIPA (Biennale di Poesia fra le Arti).




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