Nota di lettura a "Come i fuochi di settembre" di Guido De Simone
Nel simbolo del fuoco si raccoglie e consuma l’essenza della prima prova poetica di Guido De Simone, Come i fuochi di settembre (Marco Saya, 2018). Il fuoco come metafora e come rituale, in cui concentrare la fiamma che arde (quella dell’età più bella o dell’amore) o quella che monda, purifica (come i fuochi nei campi tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno). Si tratta in ogni caso di manifestazioni vive, la cui resa è però lieve, crepuscolare, settembrina, come il mese che compie la similitudine ispirata a September Fires di Herbert Read. De Simone ha un pregio sicuramente: quello di una tonalità espressiva che non conosce sbavature. È attento, ponderato e anche consapevole l’autore, misura il verso e non disperde le energie in questa plaquette che ha però il difetto di essere fin troppo strutturata, di ricorrere esplicitamente a certi modelli novecenteschi (Montale in primis), quando invece avrebbe avuto bisogno di correre maggiori rischi. Ci sono bravure in questo libro, che fanno della tradizione poetica un motore per accensioni davvero riuscite. Penso a una delle migliori scritture della lontana metafora delle foglie per indicare la fragilità della vita, che qui diventa, nel rossore che avvia al distacco e alla morte, un abbraccio languido, decadente ma di ambientazione urbana: «È autunno - e anch'io mi farò rosso / per caderti in braccio tra gli alberi / di piazza Matteotti». È questo tono, questa evidenza, che fanno il libro. Come i fuochi di settembre si legge allora così: sporgendosi appena su una superficie specchiante, a fior d’acqua (l’elemento equoreo è ricorrente dal punto di vista tematico e ci riporta nel Sud dell’autore, nella sua Puglia, in una stagione calda, estiva, infinita). Proprio i contrasti sono decisivi in De Simone, è qui che si coglie ancora il ruvido dell’esperienza che il poeta ha limato sapientemente. Questi versi trasparenti che raccontano momenti, riportano sensazioni che sono “come i fuochi” di una stagione di passaggio, recuperati nell’ora che cede al buio — ma ben più brucianti nel momento in cui sono stati vissuti — mi fanno venire in mente l’epigrafe sulla tomba romana di John Keats, «qui giace uno il cui nome è scritto sull’acqua», ossia la distensione finale di un’energia potente. Io credo che Keats sia un poeta decisivo, una di quelle figure che non sono importanti tanto perché sono state lette, ma perché si può avvertire un’affinità. Sull’acqua, infatti, De Simone fa giacere il nome di cose conosciute, di una presenza grande, ora comprese ora incomprese che siano entrambe, vivendo la loro fine, mescolando fuoco e acqua in una tiepida elegia.
Verrà il giorno che non parleremo
e avrai la pelle fredda come latte;
i tuoi occhi poseranno su se stessi
come un tempo posavano in me
ed io berrò il giorno e la notte
per ricordare il calore che fa la vita:
il tuo volto fiorirà umida la terra,
il tuo cuore creperà come terrecotte.
Non entri: dallo stipite parli
a un armadio di nudi indumenti.
Forse vedi qualcosa, ma io,
io non vedo niente: intorno
il mattino è silenzio e luce,
la casa una catena di cornici,
ma da lì la nonna non ti sente.
Esci, esci, esci un poco:
il colore sbiadisce lentamente
e il letto è sempre vuoto.
Non considerare come vivo, ma per cosa,
ragazza col cappello di paglia, e ascoltami:
l’Estate è lunga e calda; riposa, riposa.
La foglia rinsecchita ora muove per terra
come un ragno, ma tende al solito posto,
al luogo esatto e già deciso della sua fine
polverosa. Tu non badare a chi mi siede
accanto: guardo solo te, guardo te soltanto.
È autunno - e anch'io mi farò rosso
per caderti in braccio tra gli alberi
di piazza Matteotti.
Guido De Simone insegna nelle scuole secondarie di Firenze e ha dato vita al seminario fiorentino È ancora possibile la poesia?, giunto alla sua quarta edizione e volto alla sensibilizzazione dei giovani delle scuole superiori nei confronti della poesia secondo-novecentesca e contemporanea.
L’opera prima Come i fuochi di Settembre (Saya 2018) è stata selezionata tra le finaliste dei premi “Guido Gozzano” 2017, “InediTO” 2018, “Elena Violani Landi” 2019, ha vinto il premio “Bologna in Lettere – Dislivelli” 2018.
Comments