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Immagine del redattoreAlessandra Corbetta

«L’angelo di marmo»: recensione a "L'ospite indelicato" di Lorena Carboni

Se la poesia è un’arte e come tale non conosce (o non dovrebbe conoscere) barriere rispetto alle altre arti, verrebbe da dire che Lorena Carboni questo lo sa bene, poiché la prima caratteristica descrittiva della sua raccolta L’ospite indelicato (Nem, 2020) è una compresenza di saperi capace di ricordarci la struttura eterogena della scrittura in versi, fatta di suoni, di voce, di parole, di immagini, di trasposizioni. E, con questo titolo, Carboni ci designa anche la sua prospettiva di osservazione, collocata in chi guarda le cose dall’esterno dicendo però la sua, non attenendosi cioè alle buone maniere dell’ospite, che dovrebbe godere dei servigi offerti, ringraziare e non aggiungere altro. Viene così da ricordare il bellissimo testo di Fernanda Romagnoli Il tredicesimo invitato, dove la poeta afferma di sentirsi come colui che risulta aggiunto e che resta fuori da qualcosa di già compiuto: «E all’improvviso capisce / che siede un’ombra al suo posto: / che – entrando – lui è rimasto fuori.».

Alquanto indicativo in questo senso è il verso con il quale si apre la raccolta di Carboni, «Mi sono costruito una biografia e non è vera.», scritto come se a parlare fosse Hedi Slimane, famoso direttore creativo e fotografo; Carboni crea fin da subito una riuscita mise en abyme autorale, mettendo in gioco dall’incipit i due temi cardine di questo lavoro: l’identità, soggetta al relativismo dello sguardo, e la verità, continuamente inserita nelle dinamiche dei ruoli e dei compromessi. Ciò che siamo è, innanzitutto, una fortuita combinazione di elementi in un certo lasso spazio-temporale ma tutto, noi compresi, potevamo e potremmo ancora cambiare tutto, se uno di essi si trasformasse o mutasse posizione; il possibile altrimenti ci sta sempre di fronte, non smette di sollecitare le nostre scelte: «e immagina / esista una bellezza da misurare / da provare su un corpo / che non è il proprio.» e ci ricorda il nostro potere d’azione: «E tu, non mi ricordi nessuno / nei tratti di un viso che non esisterebbe / se non lo avessi inventato / così come è:».

Nel gruppo di poesie facenti parti della sezione APPUNTI SULLA SERIE BAADER MEINHOF OCTOBER 18, 1977 il discorso viene portato avanti e ampliato da Carboni con un diretto riferimento e confronto con le immagini, dal momento che il punto di partenza è qui rappresentato dalle quindici opere realizzate da Gerard Richter tra il marzo e il novembre del 1988; le tele, come premette l’autrice, «impostate cromaticamente su gradazioni di grigio, ricreano la tecnica dello sfocato fotografico, attingendo al repertorio delle immagini scattate dalla polizia dopo la morte dei componenti della banda Baader Meinhof, nel carcere di Stuttgart-Stammheim.»; questa scelta evidenzia la comunanza tra la riproduzione consentita dalla parola e quella favorita dalla contemplazione dell’immagine: in entrambi i casi il tempo si estende oltre le possibilità umane e ogni cosa resta sospesa, come fotogrammata un attimo prima che accada e cioè prima che si sottragga alle infinite opzioni di eventuale realizzazione: «non cerco una essenza, una effusione / ma qualcosa di vero e parziale: la grammatura bassa / della presenza, la distinzione / tra motivo e motivazione –».

Con questo fil rouge ben tirato, Carboni attraversa anche le altre parti dell’opera, in cui i dualismi vero/falso, prima/dopo e sfondo/primo piano vengono abilmente riprodotti pure nelle scelte lessicali, ricche di figure retoriche di suono come assonanze, consonanze e alliterazioni; Carboni dà prova di una poesia colta e consapevole, sebbene priva di qualsiasi esibizione ed esibizionismo: ogni testo è ragionato, ridotto all’osso, privato di ogni orpello; ogni poesia è un ponte tra arte e arte e tra arte e vita, ma anche botola tramite cui accedere a un punto più profondo di ragionamento e riflessione.

Un lavoro notevole, questo di Carboni, capace di dire molto, capace di farci avvicinare al vero o, quanto meno, di porci di fronte a domande più oneste per provare almeno a intravederlo, perché «il non averlo e volerlo, / è già incantevole privilegio.».


Lorena Carboni, Copertina, Alma Poesia

Slimane

I


Mi sono costruito una biografia e non è vera.

Mi davano per schivo e invece

sono invidioso di ogni breccia, buco

e fessura.

Io sono il “piccolo”, in una giacca

H. Slimane blu tornado, resto il minore.

Ombroso e tenero, con l’orecchio al muro

perché qualcuno parla, dall’altra parte parla.


VII


Tutte le persone che sono in me

arrivano con qualcosa di inabitato.

Lavorano ad un’opera

che vede solo sé stessa, racconta

solo sé stessa e ama ciò che disfa –


(Richter)

I


– Un autunno tedesco durato a lungo

e quel me stesso che ero

con qualcosa di disabitato dentro.

Non sono mai stato fedele

alle cronologie, alle ideologie,

alle cromie. Solo alle immagini.

L’imperdonabilità delle immagini

ecco cosa ho dipinto –


VI


– Certo, filtra,

protegge dall’interno questo sfocato

sempre uguale, prima che ci faccia secchi

la mancanza di sfumature.

Almeno qui, morire, è un fatto estetico

come il pensiero di morire che è ancora vita.

O una forma di commiato.

Arriverà di nuovo un inverno da cappotto

e nella nebbia

qualche gesto di arrendevolezza

che scambieremo per diniego –


un’altra specie


Nel riflesso del vetro della finestra

il cane aveva un altro muso, un altro profilo

e nascosto il suo dal mio appariva

più appuntito, volpino. Una nuova creatura.

Vera e viva se rimanevamo, io e il cane,

immobili, sovrapponibili.

Un’altra specie

alla ricerca di un’altura dove

non fa caldo come qui.

Era come avesse un nome

quella vita breve di animale

che pensa : dall’alto cadono tutte le cose buone.


Lorena Carboni, Alma Poesia

Lorena Carboni, vive e lavora a Milano. Autrice di testi e traduttrice per la radiofonia privata (Radio Montecarlo, Virgin Radio, 101). Ha curato per la provincia di Cagliari il Festival “Traghetti di Poesia” e “Generazioni Glocal” con catalogo Soter editrice e altre iniziative di carattere artistico letterario. Ha pubblicato le raccolte di poesia: Vivaio (AM&D Editore) La mia sola casa (AM&D Editore) L’ospite indelicato (NEM Editrice) e in miscellanea e in antologia. Finalista al premio Europa in Versi 2016. Recentemente ha partecipato al progetto Sogni Meridiani di Salvatore Ligios con catalogo Soter editrice. Cura la rassegna Pintai Bisus per il festival Mare e Miniere e il comune di Quartu S.E.

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