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Immagine del redattoreAlessia Bronico

Intervista a Valeria Di Felice (Di Felice Edizioni)

Per il quarto appuntamento con "Le Case di Alma" c'è Valeria Di Felice, ovvero Di Felice Edizioni, intervistata da Alessia Bronico.


Di Felice Edizioni nasce nel 2010 in Abruzzo e sul sito della casa editrice dichiara che «segue una forte vocazione della poesia», quali altre motivazioni l’hanno portata ad avventurarsi nel mondo della poesia e chi è un editore?

La poesia è stata la forza che ha aperto il cancello del mio mondo editoriale, lasciandomi in mano le chiavi di tante porte: la porta della scoperta, della scelta, della possibilità di attraversare più ponti. Sì perché le parole, soprattutto quelle poetiche, in molti casi sono state ponti tra rive lontane ma bagnate dallo stesso fiume, quello della creatività, della conoscenza, dell’intuitività.

Sono stata sempre affascinata dal ruolo dell’editore (forse quasi perduto?) nella misura in cui egli riesce a dare alla luce libri che sanno camminare nel tempo e parlare alle generazioni future.

A ventisei anni, quando decisi di fondare la Di Felice Edizioni, avevo l’entusiasmo e la leggerezza di chi sogna ad occhi aperti, ma anche il bisogno di abitare il mondo senza subirlo. Come? Leggendo, scegliendo, conoscendo, incontrando l’altro.

La Di Felice Edizioni è attenta al mondo della traduzione e soprattutto nutre interesse per la letteratura araba. Ce ne parla?


Innanzitutto ritengo che l’attività di traduzione dovrebbe essere più valorizzata perché ogni atto di traduzione è un confronto tra culture diverse. Anche se non sempre la traduzione è un atto di fedeltà perché passare da un linguaggio a un altro non è mai una resa automatica di parole, è l’unico modo per addentrarsi nel mondo di un poeta lontano dal nostro. La bellezza di un lavoro editoriale che punta alla traduzione è proprio quella di rendersi conto che c’è un filo sottile che unisce l’umanità a prescindere dal suo linguaggio. È come se nei poeti ci fosse un occhio più attento all’orizzonte più vasto, universale, proprio come il marinaio-gabbiere che sull’albero maestro della nave riesce a intravedere una linea di confine più ampia rispetto agli altri marinai sulla prua. In particolare, la casa editrice è molto interessata alle letterature di lingua araba e a tematiche legate al mondo mediterraneo. Tra gli autori pubblicati che vivono nel Mashrek e Maghreb, ce ne sono alcuni che per me sono un esempio di coraggio. Solo per citare due esempi: il poeta di origini palestinesi Ashraf Fayadh che nel 2014 è stato prima condannato a morte e poi incarcerato in Arabia Saudita con la condanna a 8 anni di reclusione e 800 frustate per aver pubblicato un libro di poesie e aver difeso con l’arte la libertà di espressione, oppure il poeta ebreo-olandese Jacob Israel De Haan che attraverso i libri denunciava la condizione dei prigionieri russi o parlava della condizione degli omosessuali in una società poco sensibile a queste tematiche, e che fu assassinato a Gerusalemme per essersi dimostrato aperto alla collaborazione con i palestinesi. Come si fa a rimanere indifferenti di fronte alla forza di queste voci?

Dove sta andando la poesia, secondo lei, e dove si orienta la sua casa editrice?


Sono molto critica di fronte a questa proliferazione di titoli pubblicati ogni anno. Non tanto stupita, quanto amareggiata dalla “piega” che sta prendendo l’editoria italiana, soprattutto di titoli di poesia. Dov’è la selezione dell’editore? Dov’è la qualità del libro? E soprattutto dove sono i lettori? Un’editoria poco selettiva e indifferenziata che fa finta di amare la poesia promuovendo un sottobosco sterminato di poeti e soffocando le eccellenze. La Di Felice Edizioni cerca di stare alla larga da questo tipo di concezione di editoria. Assumendosi la responsabilità delle proprie scelte (condivise o meno non importa) cerca di essere riconoscibile al lettore, di essere coerente con la propria visione, di scegliere.

Di Felice Edizioni e la comunicazione, la sua gestione: quanto e in che modo la promozione ricade sull’autore oggi mentre in passato, in assenza di supporti digitali, era demandata interamente alla casa editrice?


La promozione è un aspetto fondamentale e in generale credo che oggi un editore, quando seleziona un libro da pubblicare, sia orientato non tanto sulla credibilità del libro quanto sulla visibilità dell’autore, perché purtroppo il valore del libro poche volte corrisponde a un successo di vendite. La Di Felice Edizioni è una casa editrice forse di nicchia che punta a un pubblico di lettori molto selettivo. Quando scegliamo un libro lo facciamo cercando di non tradire la fiducia di chi ci segue e di restare fedeli alla nostra visione editoriale. Ecco perché consideriamo come priorità non gli autori che hanno già investito nel proprio percorso di promozione (lungi da noi la logica degli influencer, delle celebrità televisive, dei personaggi di spettacolo, ecc.), ma la credibilità della proposta. Una volta accolta la proposta e pubblicato il libro, ci affidiamo a tutti i canali di promozione e cerchiamo di costruire un percorso per ogni libro fatto soprattutto di incontri.

Di Felice Edizioni e la rete, con tutti gli aspetti ad essa connessi: blog, social media, riviste digitali, per citarne alcuni: sarebbe interessante conoscere l’impatto sui testi, ma anche sulle vendite e sulla diffusione del libro. Quali i vantaggi e quali gli svantaggi?


Piacciano o no, ormai i nuovi mezzi di comunicazione sono inevitabili. Forse il timore più grande è che la rete possa cambiare la percezione della realtà. Quando parlo di rete, parlo del modo di gestire i blog, i social… in modo improvvisato o poco professionale. Mi si potrebbe accusare di non essere aperta alle opinioni di tutti in merito, ma c’è una differenza tra censura e filtro. La casa editrice si impegna tanto per la promozione sul web, ma cerca di non cadere nel tranello della “visibilità a tutti i costi”.

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