MATTEO PERSICO è nato a Roma il 26 febbraio 1994.
Laureato in filosofia presso l’Università di Pavia, vive e lavora tra Roma, Modena e Reggio Emilia dilettandosi in esperimenti di Organizzazione aziendale.
È autore della raccolta poetica Warbling (Puntoacapo Editrice, 2022). È presente nel Quaderno Poetare del concorso Poetare (2021), indetto dalla Scuola di Editoria e dalla Samuele Editore. È stato tra i finalisti del premio “Vita alla Vita 2021”, dedicato ai poeti under 30, e ha ottenuto una menzione d’onore nel corso della X edizione del “Concorso Internazionale di Poesia Parasio – Città di Imperia.
Alcuni testi sono apparsi su diverse rubriche cartacee e webzine letterarie, tra cui La Repubblica – Roma (Bottega di Poesia di Gilda Policastro), Interno Poesia, Poeti Oggi, Inverso – Giornale di poesia, Poesia del Nostro Tempo, Laboratori Poesia, Atelier, Versante Ripido, Poesia Ultracontemporanea, LaRosainPiu, AlmaPoesia e su La Morte per acqua.
Dice della poesia: «La poesia è quella Cosa carpenteriana, informe ma anche deforme, che se oggi ne parli a qualcuno lui ti risponde ah sì certo, facendoti intendere di aver capito quando in realtà non ha capito, perché nell'immaginario collettivo scrivere poesia significa oscillare tra due personalità, quella di un cadavere ambulante che pensa e parla come Foscolo oppure quella di un surrogato di Francesco Sole che ci prova con le tipe postando su TikTok citazioni romanticozze in reel con in sottofondo Daylight di David Kushner e che nel week-end si spacca di tisane al pino mugo. Il tuo interlocutore ti sta attribuendo proprio ora una di queste due personalità, glielo puoi leggere in faccia cosicché ti pare cosa giusta correre ai ripari e farlo subito, quindi ti inventi qualcosa, la prima cosa che ti viene in mente e allora gli dici che ha frainteso, che non scrivi poesia nel senso che pensa lui ma scrivi (ocio!) poesia """contemporanea""", e lo dici con una tale enfasi che pensi di poterlo convincere e pensi che questa precisazione possa davvero aiutarlo ad orientarsi e a comprendere il tuo vero potenziale inespresso di autore versatile. Ma in realtà hai solo fatto peggio e lui continua a non capire e a reputarti uno che come hobby lecca le ali delle farfalle nei prati al sabato mattina in cerca di ispirazione lisergica. Agli occhi degli altri fare poesia significa fare-senza-esistere, un po' come le comparse nei film muti dei Lumière. Invece, agli occhi degli addetti ai lavori fare poesia significa posizionarsi, nella catena alimentare delle arti umane, una spanna sopra ai premi Pulizer per il giornalismo, ai fumettisti, agli stand-up comedian, ai moderatori di Youtube e ai terzini sinistri che abbinano sapientemente piedi buoni e ottima sensibilità difensiva (soggetti rarissimi da scovare nel calcio moderno e, per questo, molto ambiti dai club). La poesia è la prova inequivocabile che dimostra la schizofrenia della percezione opposta all'autopercezione.»