Valentina Demuro

7 nov 20203 min

Gli inediti di Marco Levi

I testi di Marco Levi ci conducono in un altrove poetico in cui le parole e le forme (urbane o naturali) realizzano una particolare mimesis. Persone, paesaggi e sentimenti fluiscono l’uno nell’altro, creando una dimensione di immagini vivide e suggestive.

Molto forte è l’elemento femminile che viene declinato in diverse accezioni (spesso attraverso metafore zoomorfe): ora è madre premurosa («e le madri / neppure per un istante /– per volare / a accogliere vermi – / lasciavano i gusci», «le madri / sempre restavano calde ai battiti / e dolce era nel becco / la benedizione»), ora è perdita, distacco, dolore («e non sapremo mai di chi fu quell’utero / che ci mise a terra un giorno / per un selfie di becchime industriale / che ci strappò al sangue di lei»), ora è ciò di cui aver cura («io la tua vita la voglio guardare», «quando ti posi i tuoi piedi rossi / li voglio sul cuore, esserti unguento»).

Leggendo più volte i testi, si scopre sempre una prospettiva nuova nel panorama interiore dell’autore; quasi si snoda tra echi dannunziani e pascoliani, rivelandosi, però, con un lacerante e autentico sentire, tra colori in contrasto (l’oro del miele e le vergini nere, ad esempio), improvvise delicatezze («disponi di prati ancora vivi / chiara è l’aura che di te riluce») e versi che, con pochissime parole, riescono a raccontarci tutti i sentimenti di una storia senza esaurirla mai («ed ora sono loro a farsi la spesa / a dirsi di non piangere»).

Dai del miele all’anglicano ed egli
 
lenirà lo scisma, si calmierà
 
contemplandole le vergini nere
 
il messaggio di ogni religione.

Tu produci un miele raro e si vede
 
che disponi di prati ancora vivi
 
chiara è l’aura che di te riluce
 
quando scoperchi il regno di api
 
operaie come te che lavori
 
muta serena sotto la regina
 
distilli il canto della fioritura
 
e lo sai vendere, e lo sai donare.

*

Nei giorni di pioggia
 
le fragole
 
cadevano manna nei nidi
 
e le madri
 
neppure per un istante
 
-per volare
 
a raccogliere vermi-
 
lasciavano nudi i gusci
 
a gridare.

Nei giorni di pioggia
 
le madri
 
sempre restavano calde ai battiti
 
e dolce era nel becco
 
la benedizione.

*

Io la tua vita la voglio guardare
 
voglio che cadano i pollini addosso
 
nel chiaro riserbo delle tue chiatte
 
gli uccelli di fiume bevono incenso
 
e beccano duro dentro le acque.

Io la tua danza la voglio guardare
 
allunghi i tendini come gli aironi
 
per la cupidigia degli impresari
 
volteggi da esperta sopra il canneto
 
e quando ti posi i tuoi piedi rossi
 
li voglio sul cuore, esserti unguento.
 

 

*

Invecchio come un uccello di palude,
 
rovinati dalle microplastiche
 
il nostro respiro va agli estuari lombardi
 
e ritorna malato.

La nostra famiglia fa pena
 
si separa ed alberga altrove
 
e non sapremo mai chi fu quell'utero
 
che ci mise a terra un giorno
 
per un selfie di becchime industriale
 
che ci strappò dal sangue da lei;

e le ali ora, le dure ali,
 
non potrebbero mai
 
fare nidi adesso
 
non abbiamo forza, invecchio:
 
non c'è famiglia animale salva
 
non c'è famiglia
 
ali che proteggano dal vento

*

Inquinata nel canto d'Aprile
 
l'anima si mostra negli occhi
 
e nei gesti incomprensibili degli amici.

Negli uffici ci sono i bambini
 
che attraversavano i tubi di scappamento
 
per mano alla mamma,
 
ed ora sono loro a farsi la spesa
 
a dirsi di non piangere.

Milanese, laureato in Lettere sull'esoterismo di Antonin Artaud, lavora come autore.

Scrive di "teologia pop” su «Auralcrave», di costume e musica su Vogue, di miti ed ecologia sul blog di Wim Hof «The Iceman» ; cantautore e performer satirico per diversi programmi radio, Tv e web; studioso di Taoismo e Kung fu tradizionale.

Nel 2019 ha pubblicato il suo primo saggio: Mitiche canzoni. Nuove vie esoteriche per la critica musicale per Arcana edizioni.

Ha pubblicato una silloge di poesia su «Rivista Letteraria» nel 2017 e nel 2020 una poesia su «Poeti Oggi».

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