Novità editoriale: "Testimoni" di Emanuele Franceschetti
Proponiamo alcune poesie tratte dalla nuova opera di Emanuele Franceschetti Testimoni (Nino Aragno Editore, 2022), con postfazione di Massimo Gezzi.
Ti ricordi che i vivi se ne vanno:
i muri fatti a pezzi, le cose, i sedimenti,
la polvere inchiodata al suo silenzio.
Eppure un segno insiste, risale a filo d’acqua,
indovina uno spazio che non c’era:
la pagina riaperta, una postilla
vecchia di quasi un secolo,
un pensiero che ancora sopravvive
come in un negativo, come un fossile.
*
Guardalo, ha cinque anni al massimo.
Suo padre lo trascina, lo offre a monito.
Qualcuno offre un’arancia, una moneta
qualcuno apre le braccia sconsolato.
Non sa che gli altri stanno nella calca
per il cristo velato. Forse non lo vedrà mai,
non leggerà i capolavori del pensiero europeo,
forse odierà suo padre e sarà un astio
semplice, primitivo. Non potrà interpretare
i crismi del linguaggio, usare Hegel
per comprendere il male della storia,
cercherà un altro nel suo sangue,
vedrà sua madre andarsene, saprà
di un altro come lui morto ammazzato
*
Ci sono cose che non posso dirti.
Potrei darti un nome,
indicarti cose in uno spazio che è di tutti,
destinarti parole non diverse da altre che già conosci.
Eppure il nome in cui ti tengo è un segno
che affonda e brucia.
Un culmine, un segreto.
Non posso dirti mia unica figura intatta
mia croce, mia lingua nascosta.
Non posso dirti il corpo
che mi resiste ancora,
corpo che non è spirito
ma terra scossa, carne spalancata.
IV
Ismail non è più con noi,
l’hanno portato in clinica, voi dormivate ancora,
ma è ancora vivo. Passeggia un altro corridoio,
cerca un accendino che ha già in mano,
si lava senza spogliarsi, guarda senza vedere nulla.
Stasera metterà il parmigiano sulla mousse di pesca,
dormirà il sonno degli orfani impazziti.
*
Il luogo dove tutto risolve deve essere una metafora,
un ponte – questo pensi,
schiacciato nell’ordigno autostradale,
tentando un’evasione metafisica –
ma il mondo non conosce la tua lingua,
le cose stanno e basta.
Segni nell’incunabolo,
forme della mancanza.
Emanuele Franceschetti (1990) è marchigiano e vive a Roma. Si dedica ad attività di ricerca, didattica e divulgazione in ambito musicologico e letterario. Dottore di ricerca in Musicologia, le sue ricerche e i suoi interessi sono rivolti soprattutto al teatro musicale nel Novecento italiano, al rapporto poesia – musica, alle teorie e pratiche dell’ascolto musicale. In ambito letterario, ha pubblicato il libro di poesia Terre aperte (Italic Pequod, 2015, prefazione di Filippo Davoli). Con la raccolta Testimoni (2020) ha vinto il premio Subiaco per la poesia inedita ed è stato incluso nel XV quaderno di poesia contemporanea (Marcos y Marcos, 2021, con prefazione di Massimo Gezzi).
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