Nota di lettura a "Toto corde" di Maria Grazia Palazzo
- Elena Verzì
- 11 nov 2022
- Tempo di lettura: 3 min
Maria Grazia Palazzo sceglie una locuzione latina per definire la dimensione universale di cui dispone il poeta nell’approccio alla vita: Toto Corde.
Così prende forma una raccolta poetica che si svela progressivamente attraverso quattro sezioni. Toto Corde (La Vita Felice, 2020) è la modalità con cui si affronta un viaggio che non teme operazioni dicotomiche a cuore aperto: vita e morte, realtà e immaginario, approdo e abbandono.
Si viene investiti totalmente dalla consapevole relazione che Palazzo intreccia con la parola, un processo di denominazione ricercato che giunge e si manifesta come una formula metapoetica. La presenza di immagini diametralmente opposte apre le porte a un dettato ricco e potente, una lotta che obbedisce alle leggi del cuore. Palazzo è una poeta scienziata che spagina attraverso la biologia e il latino lo studio fenomenologico della vita. Non a caso Palazzo sceglie degli eserghi di autori giapponesi e un haiku di Zanzotto a introdurre temi tradizionali come la natura, la precarietà, le cose. La parola sembra vivere le fasi delle stagioni e la caducità della vita. Tra i conflitti e le connessioni profonde sinaptiche emerge la figura della madre come generatrice di vita, l’inevitabile morte responsabile del lutto e della perdita, il mare come annunciatore di novità e di rinascita, nonché il legame con il territorio, la Magna Grecia sede del ritorno e della memoria. E poiché secondo l’autrice sembreremmo «tutti destinati a scomparire», per dirla con le parole di Palazzo nella sua nota all’opera «questa silloge si porta dietro, inevitabilmente, il sapore di un’apocalisse fredda o la risonanza di una profezia di decomposizione o se si vuole di transizione.»

Scoppia il cuore, lucelampo amplificato
in una rincorsa luccicante di serpente,
quel coacervo di tempogroviglio,
occhio cavato di falco di mare.
Nella riserva di flutti marini
ribollono destini cinerei
in fucina di sole denso,
a cogliere frutti maturi.
Contadini del vento flutti di grecale.
C’è un bosco sacro di ulivi
per ogni perdita del corpo
finito a terra stremato.
*
In un imprevisto barocco di storia monumentale,
nel gioco di argilla rossa di pianura a uliveto,
corpo di Magna Grecia, folgorato cimitero,
rito interdetto violaporporanero.
Una festa rimossa nella natura, nel turibolo
dell’effimero una condanna di corruzione.
Le ombre ci guardano, con punta d’ala bluastra
toccano la pinna dura dei desiderata.
Nel sequestro della speranza, nello scuotimento
di ali, di camera iperbarica, di prassi politica.
Tutto è volato, straripato oltre ogni previsione,
disincagliato da boschi di fragno e carrubo.
E i mari perduranti dell’attesa si salvano nel sogno
in cui perdere i corpi, sospesi ammassati nel tempo.
Irriducibile azione di contemplazione, penultima sfida
Mettiamo nell’azzurro una Guernica incompresa.
*
Madre, eterna violazione, stordita
incombenza di luce oscena.
Madre, immersa nei pozzi di silenzio
d’ingiustizia e di oblio. Canto in gola,
preghiera per voce sola. Voce di terra
strozzata vitamorte memoria.
Madre, questa partita è un lutto già vissuto.
Non voglio rincorrere il rito vuoto
di chi non ti ha mai conosciuta.
Il mare sa, nella nave chiglia dove canti
ancora, nel fondo più profondo, da uno
spiraglio di sogno, remando.
Vengo nel pianto senza suono.
Vengo a recarti un saluto. Solo
il tempo incompiuto può reclamare
salvezza. Solo nella tua dolcezza
naufragata, in fluttuante penombra
dentro il tuo stesso dolore.
Sono la tua polena, resto
nella spaccatura del legno,
un pezzo di universo
confitto di preistoria amorosa
di uno stesso corpo in cammino.

Maria Grazia Palazzo è nata a Martina Franca (Ta) nel 1968 e vive da 15 anni a Monopoli (Ba). Ha esercitato per circa vent’anni la professione di avvocata. Ha viaggiato tra il 2005 e il 2015, in Europa, sud Africa, Australia. Con la maternità adottiva e l’arrivo di Amit dall’India nel 2004 ha messo in campo un nuovo percorso di studi tra questioni di genere e teologia. Attualmente, dopo la laurea in Scienze Religiose dal 2015, è insegnante precaria nella scuola pubblica. Studia, lavora, partecipa a varie iniziative, anche in poesia. Pubblicazioni in poesia: Azimuth (2012) con LietoColle, In punta di Piedi (2017) con Terra d’Ulivi, Andromeda (2018) con i Quaderni del Bardo, Toto Corde (2020) con la Vita Felice. Altre poesie sono state pubblicate in collettanea e sul web. Sogna di riprendere a viaggiare e a mettere in salvo nuovi progetti tra saperi e arti.
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