Alessandra Corbetta
Nota di lettura a "Favēte linguis" di Mario Famularo
Il perché del titolo dell’ultima pubblicazione di Mario Famularo, Favēte linguis (Giuliano Ladolfi Editore 2019), lo spiga chiaramente Giulio Greco nella prefazione all’opera: Famularo riprende i primi quattro versi della prima composizione del terzo libro dei Carmina di Orazio nell’ottica di creare un collegamento diretto con il passato; non uno qualsiasi, bensì con il passato classico. L’idea è quella di recuperare quella predisposizione dello spirito all’armonia, alla perfezione delle cose, all’esattezza. Questa ripresa non deve essere intesa come riappropriazione sterile delle forme ma, al contrario, come ritorno a valori fondanti che accolgono l’essere nella sua pienezza e che pongono il loro sigillo, prima di tutto, sulla sostanza. Il rimando a Orazio allude poi, ed è ancora Greco a sottolinearlo, a una concezione di sacralità intesa come ciò che rende qualcosa riconoscibile socialmente; l’intento di Famularo è quello di sottrarre la scrittura in versi a qualsiasi tentativo di banalizzazione di cui, secondo l’autore, la società contemporanea sembrerebbe essere colpevole. Da qui, la necessità di ristabilire un patto autentico con il lettore, il quale deve essere consapevole della fuoriuscita dalla quotidianità e dell’accesso a una dimensione superiore, dove è la parola, nella sua completezza, a fare da padrona; Famularo, infatti, ribadisce la necessità di una comunione tra langue e parole, per riprendere la suddivisione proposta da Ferdinand de Saussure, in cui l’unione tra significante e significato non generi l’attrito dell’incomprensibilità ma sfoci, al contrario, in un nuovo processo di significazione del mondo. Il passato, quindi, è ben altro che un’utopia spostata all’indietro; in Favēte linguis esso diventa piuttosto la fonte da cui attingere modelli con i quali provare a reinterpretare il presente in maniera autentica. Anche il verso scarno e crudo, che Famularo adotta in questa sua raccolta, va nella direzione di un ritorno all’essenzialità delle cose e alla loro purezza. La parola, allora, lontana dall’essere un passivo oggetto di studio diventa, qui, strumento attivo di cui avvalersi per tentare un cambiamento dello status quo; proprio per questo la raccolta di Famularo dovrebbe essere letta in tutta la sua tensione verso un futuro che si auspica migliore, dove la possibilità del cambiamento viene interamente ricollocata nell’uomo e nella sua facoltà di possedere e usare coscienziosamente il linguaggio.
osserva la bellezza della contaminazione
lo sguardo ha consistenza
rimodula gli oggetti
per quanto questa terra sopravviva senza
l’uomo
si lascia modellare da quest’indole
infestante
dovremmo ricalcare la pazienza
delle cose
la calma remissiva del pianeta
che si arrende
le arterie quasi occluse da
metastasi d’acciaio
il derma soffocato
il cuore, le risorse
devastate dalla fame
di cosa poi
agiatezza, benessere, piacere
istinto o forse
noia
quest’uomo senza pace
è il cancro della terra
*
un tempo era l’infanzia
profumi senza nome
confusa intonazione
di un addio
quell’espressione tenera
dal volto di bambina
la mente che ripara in una
sciocca fantasia
ma l’isola era verde
la brezza al tempo
amabile
perviene nel presente
col sapore di
tossine
fragore penetrante
che in un primo istante
soffoca
il dono del silenzio
chiamerai
dimenticanza
*
quante chiacchiere e alla fine
il vuoto è sempre lì
disteso spazio bianco circoscritto
a ogni dettaglio
un volo di libellula lo graffia
e poi svanisce
il rosa fior di loto brilla un attimo
e dirada
tutto si compone nel tessuto e
incenerisce
gli occhi chiusi e sono
nel frusciare dei canneti
quasi infastidito dal mio
stesso respirare
Mario Famularo (Napoli, 1983) esercita la professione di avvocato a Trieste. Suoi testi sono apparsi su antologie e riviste letterarie, tra cui “Poetarum Silva”, “Carteggi Letterari”, “Argo”, “Inverso”, “ClanDestino”, “Menti Sommerse”, “Digressioni”, “Atelier” e tradotti in lingua spagnola dal Centro Cultural Tina Modotti. È redattore della rivista trimestrale Atelier e delle webzine Laboratori Poesia e Niedern Gasse. Ha curato la prefazione critica di diverse pubblicazioni di poesia e collabora con il ciclo di incontri di poesia e letteratura Una scontrosa grazia. Ha pubblicato le raccolte di poesia L’incoscienza del letargo (Oèdipus, 2018, terzo posto al premio Conza 2019) e Favete linguis (Ladolfi, 2019).
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