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  • Immagine del redattoreFederica Ziarelli

Nota di lettura a "Dialoghi con Amin" di Giovanni Ibello

Aggiornamento: 24 feb 2023

La poesia di Giovanni Ibello, in Dialoghi con Amin (Crocetti, 2022), si manifesta nell'immediato con un verso: «troveremo un altro modo per fare alta la vita»; e questa è una rete dove si condensa il pescato pregiato, guizzante, che è il suo istinto poetico, l'anima delle sue parole, la loro natura, il loro intento.

Ibello tramite un radicale, rivoluzionario linguaggio, si discosta da quelli che sembrano essere gli odierni propositi della poesia contemporanea, che soprattutto imperversano tra i giovani e che si modellano intorno ad una dialettica sperimentale, cibernetica, antilirica, oserei, transumana. Giovanni Ibello in assoluta, coraggiosa controtendenza, si affida a un versificare denso di parole archetipiche, nelle quali è possibile rintracciare le radici originali umane, quelle che contengono una coscienza ontologica, una ricerca a ritroso intorno a ciò che ha reso umano l'umano, intorno a quel passato glorioso, edenico, in cui l'esistenza si collocava in una realtà naturale divinizzata, apocalittica, attraversata da afflati di amore agapico, ed erotico, straripante di fiori, piante, aranceti, antilopi; una natura che porta gli echi di un tempo biblico, ricco di simboli, di metafore; una natura spietata ma al contempo innamorata e che in certi speciali passaggi, ricorda quella del Cantico dei Cantici: «Un debole fiammato / l'umore dell'alba sulle gru // Belve cadenti / questo è il solo arsenale: / il daimon dello spreco / stelle allucinate / frammenti di temporale // Amin, è quasi giorno, / ecco la rovina // Oltre la vetrata flagelli di margherite: / l'amore è la mia tirannia //».

A disporsi sulla pagina il silenzio, un solenne protratto silenzio, forse quello che anticipa l'inizio della creazione o quello immediatamente successivo alla fine del mondo. O anche il silenzio del poeta, che compone in solitudine, e ha nell'essere solo la sua esaltazione e insieme la sua dannazione: «Sei smarrito nel cimitero della sete // Amin, sei solo come la sfinge // Devi scornarti con l'assoluto, / con il rinoceronte nero //»

Il silenzio dispone l'anima alla veglia, è nel silenzio che si attende che faccia giorno ma è quello di Ibello un attendere enigmatico, segreto, in cui non è possibile sapere cosa accadrà, se una disfatta o una rinascita.

Al cospetto di una poesia che non teme di cercare le altezze, che è aulica, potente, autenticamente lirica, che si affaccia senza alcuna prudenza sul panorama tiepido della poesia contemporanea, non si può non abbandonarsi a una tensione dell'essere, che racchiude un dimenticato protrarsi verso l'altro: la gratitudine.



I fiori di tarassaco sulle rotaie

annunciano il disfacimento.

Questo e il cifrario di dio:

una giostra di tagliola e vento.


Parla Amin


Io sono Amin,

colui che restò nel noncanto.

La pietraluna che stringe

intime alleanze con il

temporale.

Sono la vita sognata,

la spada rivolta alle piogge.

Baratri e gemme,

rovesci, sterpi,

acqua di sperma creatore.

Io sono Amin

e non ho mai conosciuto

l'amore.

Rivelo la sintassi del crollo:

un urlo angelicato, non si

muore.

Vita sempre sognata, mai vita.


*


Dichiaro guerra

alla piena dei giardini

agli alberi insonni

al canile di luce,

alla pioggia

che porta il grande freddo.

Dichiaro guerra al cielo:

dove sei, dove sei...

dio del fiore nero.


Giovanni Ibello vive e lavora a Napoli. Nel 2017 pubblica il suo primo libro, Turbative siderali (premio Città di Como Opera Prima e premio dell'Osservatorio Letterario fondazione Lermontov). I suoi versi sono stati tradotti in sei lingue tra riviste, lit-blog e antologie di poeti italiani all'estero. Nel 2018 si aggiudica il premio Città di Fiumicino per la sezione "Opera inedita" con una prima versione del poemetto Dialoghi con Amin. Nel 2020 una sua antologia poetica viene selezionata e pubblicata in Russia dall'editore Igor Ulangin per la collana "Contemporary Italian Poetry" diretta dal critico e slavista Paolo Galvagni. Nel gennaio del 2021 inaugura la rubrica "I poeti di trent'anni" curata da Milo De Angelis per la rivista "Poesia" di Crocetti. Dirige l'online di Atelier.

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