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Immagine del redattoreAlessia Bronico

Commento a «Preghiera degli annegati senza nome» di Giuseppe Conte

Giuseppe Conte è un poeta dal respiro anarchico e globale. La sua poesia è fedeltà al mare che fagocita l’io. Non ha mai smesso di cantare queste acque imprevedibili e a questi moti chiede preghiera per gli annegati che il mondo spesso dimentica, un mondo ammalato di amnesia. Conte ha uno sguardo lucido sulla vita, sulla terra che abitiamo e come il mare viene, va e ogni volta sa ricominciare, stavolta con un poema ampio come il mare.


La poesia è tratta dalla raccolta Non finirò di scrivere sul mare (Mondadori 2019).




PREGHIERA DEGLI ANNEGATI SENZA NOME

Chiamali per nome, mare

chiamali tu tutti gli annegati

disfatti sui tuoi fondali,

questi non erano marinai,

questi non erano soldati

– erano poveri, erano uomini –

venivano da oltre il Sahara

fuggivano da terre bruciate

da guerre, da fame, sete

domandagli: quanti siete?

e chiamali a uno a uno,

che non manchi nessuno.

Ridaglieli tu, mare

i loro volti, le loro fronti

i loro occhi che i pesci han spolpati

questi non erano marinai,

questi non erano soldati

– erano esuli, erano uomini–

cercavano la Terra Promessa

senza una spada, senza un timone

per bussola avevano la disperazione

ora giacciono come relitti

nel buio corrosi, disfatti

tra alghe, meduse, coralli.

Piangili tu con un mare di lacrime

perché nessuno sa dove piangerli

i naufragati, i mai più ritrovati,

questi non erano marinai,

questi non erano soldati

– erano profughi, erano uomini –

Chiamali tu mare per nome

chiamali tutti ad uno ad uno

che siano le tue dolci correnti

preghiere per gli innocenti

e le tue nere, aspre tempeste

atti d’accusa per chi li ha uccisi

nel tuo Paradiso, nei tuoi Campi Elisi

tu mare incolpevole accoglili

i senza nome, i dimenticati

morti come navigando i marinai

morti come combattendo i soldati

loro che stavano solo cercando

di fuggire da guerre, fame e sete,

domandagli: quanti siete?

e chiamali a uno a uno

ridagli gli occhi e i capelli,

erano come noi, ricordacelo,

– erano uomini, erano fratelli –

31 dicembre 2016-1° gennaio 2017

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1 comentário


ppezzaglia
ppezzaglia
11 de mai. de 2020

vicino a Yusuf propongo una mia poesia che mi viene da una diretta esperienza africana

GUINEA (1997)

Non vedi?

E’ molto che ti stiamo intorno .

Palme a ventaglio

ed eucalipti

rossi fiori verdi foglie.

Non vedi?

Noi uccelli di Guinea

cantiamo da ore

per te, e tu solo

ora ci ascolti.

Respiro l’aria

viva e pesante

del mio sole africano.

Al di là del cemento, dei muretti,

dei viali dell’hotel

l’Africa vera

le strade rosse

di terra e fango

e la gente di Bissau…

Troverete la via della pace

amici miei…?

(Dolore e rimpianto

per quel che avvenne poi

e fu guerra… come maldetto

è dire “civile di quelle guerre!)

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