Alessia Bronico
27 dic 20211 min
«Mi raccomando, le mie cose» dice Piera Oppezzo all’amico Luciano Martinengo, al quale dobbiamo la pubblicazione delle poesie inedite accolte da Interno Poesia Editore. Nasce a Torino nel 1934 e di lei si conosce ben poco, «credo si possa dire che coltivò un sobrio understatement per tutta la vita; parlando di lei, qualche anno fa, con Guido Davico Bonino, che la pubblicò nella leggendaria Collezione di poesia Einaudi, mi raccontò di ricordarla schiva, ombrosa e di poche parole, catafratta nella sua algida bellezza», scrive Giovanna Rosadini nella prefazione al volume. La poesia di Piera Oppezzo è lente di ingrandimento sulla realtà, priva di sentimentalismi ma non d’amore, tuttavia permane tra i suoi versi un’aura di mistero, come per la sua vita intera.
Stanchezza
Siamo stanchi,
tanto stanchi
da lungo tempo.
Io voglio riposare
e piango,
ma poi vado avanti
e sorrido spesso.
Così è per gli altri.
Potessi almeno
capire perfettamente
il loro dolore,
quello di stasera,
mentre si recano al rosario
per una madre morta.
Addio a te!
È sempre amore
ciò che dobbiamo lasciare.
E poi non resta che il gusto
di vincere il dolore.
Sì, ridevo, l’altra sera,
ma ad un certo punto,
non è forse vero?
si è sazi e stanchi
e ci vuole riposo.
da Esercizi d'addio. Poesie inedite 1952-1965 (Interno Poesia 2021)